La Parmalat e il latte dalla Cina

PARMALAT-BOICOTTA

Ci risiamo, al grido di Boicotta la Parmalat i leoni del web si rifanno vivi, le storie variano di volta in volta, ma inneggiare al boicottaggio di questa o l’altra azienda è uno sport che va molto di moda sul web. Specie quando quelli da boicottare sono multinazionali grandi e grosse.

Sono due o tre giorni che su alcuni siti non si parla d’altro:

BOICOTTA PARMALAT: IL LATTE ARRIVA DALLA CINA! HANNO SCARICATO E MESSO SUL LASTRICO I PRODUTTORI ITALIANI

Questo il titolo su Il Grande Cocomero, ma anche TeleNord ci mette del suo:

Alice Salvatore: Parmalat e Latte Oro dicono non al latte Ligure? Fermiamoli

Anche con la svista tipografica, quel NON invece che NO. Ma tanto non è mica giornalismo questo, solo fuffa, fuffa pubblicata per danneggiare un’azienda, che ha perlopiù dipendenti italiani.

Sia chiaro, è ovvio che anche gli allevatori rischiano di venire danneggiati, ma a differenza dei dipendenti della Parmalat loro sono imprenditori, rischiano di più, ma hanno anche la possibilità di guadagnare di più rispetto al dipendente che ha solo due scelte: accettare un lavoro o rifiutarlo, lo stipendio è quello.

La storia sembra chiara se letta sui siti di cui sopra:

…latte genovese buttato sui prati, mentre Parmalat va a comprarlo in Cina, Francia e Romania.Si allarga a macchia d’olio la protesta degli allevatori cittadini contro la società del gruppo Lactalis, proprietaria del marchio Latte Oro, che ha scelto di non rinnovare il contratto con i produttori delle Valli Genovesi. E ora c’è chi fa appello al boicottaggio.

Ma è una storia vera? Sì e no. Le proteste degli allevatori sono tutte reali, ma stiamo parlando degli stessi di cui facevamo cenno qui, averlo bene a mente è importante, gli stessi probabilmente che si lamentavano per il formaggio senza latte.

Io non sono un allevatore, come non lavoro per la Parmalat, anzi la Lactalis, visto che sono loro i proprietari dall’azienda di Parma. Sono solo un blogger che cerca di verificare le informazioni che gli vengono passate.

Per farlo cerco sempre di andare alla fonte, e la fonte in questo caso dovrebbe essere la Parmalat, che con un comunicato pubblicato su Facebook ci spiega:

Latte Oro ribadisce con forza lo storico legame con la città di Genova e l’impegno assoluto a garantire la massima qualità e la provenienza 100% di latte fresco Italiano da allevamenti selezionati.
Da molto tempo l’azienda ha avviato una serie di iniziative in favore dei consumatori, dei cittadini e del territorio di Genova, di cui da sempre Latte Oro è una espressione riconosciuta.
Le polemiche mediatiche ed i continui attacchi infondati non hanno fatto altro che penalizzare ulteriormente i consumi di latte fresco in un mercato già in forte difficoltà.

Latte Oro, nonostante il calo dei consumi ha continuato negli ultimi anni a ritirare anche il latte locale – ad esempio – dalla Cooperativa Valpolcevera pagandolo al prezzo di mercato.
Vista la situazione attuale di crisi dei consumi, e la scadenza degli accordi contrattuali con alcuni conferenti di latte, l’azienda è in questi giorni impegnata in una discussione con i produttori locali riguardante la quantità di latte necessaria alla produzione.
L’azienda conferma il massimo impegno a sostegno dei consumi e degli investimenti locali anche attraverso il lavoro quotidiano degli oltre cento genovesi che operano sul territorio.

Quindi vediamo di tradurre: Latte Oro, che compra il latte dagli allevatori per conto della Parmalat sul territorio genovese, ha sempre acquistato il latte della zona pagandolo quello che viene definito prezzo di mercato. I contratti di fornitura sono in scadenza e quindi latte Oro è intento a cercare di rinegoziarli. La Cooperativa Valpocevera è tra i fornitori il cui contratto è in scadenza.
Perchè c’è il rischio che il latte genovese non venga più acquistato? Ce lo spiega il Secolo XIX con  le parole di un dirigente Parmalat:

«Ci costerebbe di più il trasporto per mandare al sud il latte del nord». Quello del Piemonte e soprattutto della Lombardia, è capace di garantire da sola il 40% della produzione nazionale. Ai lombardi tocca però ancora meno, il pigliatutto marchio Galbani non va oltre i 33,7 centesimi al litro. «Il problema è il crollo del consumo di latte, meno 3 per cento in pochi mesi. Se ci fossero segnali diversi potremmo rivedere le nostre decisioni, se no sarà ben difficile»

La Latte Oro non fa beneficenza, ma è un’estensione della Parmalat, sta a loro scegliere quale sia il latte più conveniente a parità di qualità da usare nei prodotti. Lo fanno bene? Non sta a me dirlo, ma fino a prova contraria è così che funziona l’economia: un’azienda privata non ha alcun obbligo di acquistare un prodotto da un determinato fornitore, sta allo stesso restare competitivo in termini di prezzo e qualità rispetto ai suoi concorrenti, sta allo stesso ammodernarsi negli anni per venire incontro alle esigenze dei suoi clienti. A volte va bene, a volte va male, ma sono i rischi del mestiere.

Attenzione, la Parmalat non è il “buono” della storia, ma non è nemmeno il “cattivo”. Stiamo parlando di come funziona il mercato libero. Se si vende un 3 per cento in meno è ovvio che si compra un 3% in meno, e si cercherà di farlo al prezzo migliore possibile, non trovate? Ovvio che se volete un prodotto locale ad alta qualità rivolgersi alla Parmalat non è forse la scelta più sensata.

Ma allora è vero che la Parmalat comprerà latte cinese?

No, e anzi la stessa azienda lo spiega più e più volte ai tanti commenti rabbiosi che sono piovuti sulla sua pagina Facebook:

Parmalat non ha mai importato del latte dalla Cina, né ha intenzione di farlo. La nostra missione è infatti quella di offrire ai nostri consumatori un prodotto di alta qualità.
Per corretta informazione, ti diciamo anche che la Cina produce una bassissima quantità di latte, neanche sufficiente al proprio fabbisogno per cui è assolutamente impensabile credere alle false notizie messe in circolazione in questi giorni.

Non solo hanno spiegato che non l’hanno mai fatto e che non hanno intenzione di cominciare a farlo ora, ma spiegano anche il perché: la Cina NON esporta latte, al massimo ne importa. Ne compreranno dalla Francia? Può essere, non lo negano, ma non c’è niente di sbagliato se lo faranno. Certo che un fornitore può ritrovarsi rovinato se tutto il suo mercato era basato su di un’unica azienda acquirente. Ma quel fornitore era ben conscio degli accordi di fornitura in scadenza, avrebbe dovuto pensarci e magari muoversi prima cercando di diversificare il suo mercato o trovare sistemi per abbassare i prezzi.

Quindi inneggiare al boicottaggio in nome di un fantomatico latte cinese è voler vendere fuffa ai propri lettori, ma forse sarebbe meglio chiamarli elettori.
È davvero triste vedere quanti stanno condividendo la storia senza rendersi conto che qualsiasi boicottaggio si faccia contro la Parmalat rischia di ritorcersi solo ed unicamente contro italiani, che dipendono da essa sia come fornitori che come dipendenti.
Sulla questione è intervenuto anche l’amico David Puente, con  il suo bell’articolo che trovate qui.
Credo sia tutto.
maicolengel at butac.it
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