Claim e prove scientifiche

Questa qui sotto non è una sbufalata, ma libere considerazioni che un’amica lettrice mi ha mandato per mail ieri dopo aver letto il mio piccolo sfogo sullo sbufalare! Non vuole comparire e rispetto il suo desiderio, anche se dovrebbe andare fiera di quanto ha scritto!
CLAIM

Non sono una debunker.

Sono un’amante della corretta informazione. Non sono una giornalista e nemmeno una scrittrice. Sono una semplice tecnica. Ho una mentalità che definirei scientifica ma non sono una scienziata. Sono curiosa e scettica, se non vedo non credo e a volte dubito persino di ciò che vedo. Premesso ciò, mentre leggevo la discussione sull’ISIS è saltata ai miei occhi una parola: CLAIM. Ora nel settore in cui lavoro, se decidiamo di fare un claim, dobbiamo avere a disposizione delle autorità competenti, il materiale a supporto di tale claim. brunsell-claim-evidence-reasoningChe sia una ricerca nostra, del fornitore, di un’università, che si trovi in letteratura da secoli, o sia stata sviluppata da un competitor poco importa alle autorità.  L’importante è che il claim sia provato e che l’ingrediente contenuto nel prodotto e che supporta il claim sia presente ina percentuale adatta al claim.
Le autorità competenti sono il MIPAAF, il PIF, i NAS, le ASL.
Non solo. Se un’affermazione non è mai stata provata non possiamo riportarla in etichetta né in alcun materiale divulgativo. Tutto ciò stressa parecchio noi della qualità e le mie colleghe della comunicazone. Se il prodotto non ha alcumo scopo curativo, ovvero non è un medicinale,  tutti i riferimenti al miglioramento dello stato di salute o alla cura/prevenzione di una o più patologie sono off limits.
Tutto questo con lo scopo di non trarre in inganno il consumatore finale, o meglio, i proprietari dei consumatori finali.
Mi sorge spontanea una domanda. Perché tutti questi giornalisti, complottisti, razzisti, allarmisti, integralisti, spacciatori di fuffa, abusatori della credulità popolare, cavalcatori della notizia che fa più audience/condivisioni non sono tenuti a riportare le prove provate delle loro dichiarazioni? Citare due articoli o due siti non attendibili non è fornire una prova. Modificare od omettere le dichiarazioni di un sito o di un’intervista non è fornire una prova. Photoshoppare una fotografia o utilizzarne una vecchia di due anni non è fornire una prova. Tutto ciò a mio avviso, e la mia opinione conta davvero poco, è trarre in inganno e manipolare il consumatore finale. Solo  che se lo faccio io, nel mio settore, l’azienda rischia una denuncia per frode e sto “ingannando” degli ignari proprietari di animali da compagnia.
Se lo fanno questi spacciatori di notizie stanno ingannando centinaia di migliaia di persone.
A prescindere dall’argomento trattato, a me non sembra giusto.

Che dire, ricevere messaggi così, ben argomentati, razionali, intelligenti… è una delle gioie del fare questo “sporco lavoro”.
maicolengel