Impatto ecologico tra onnivori e vegetariani

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Ieri ho trattato dell’impatto della dieta vegana secondo le stime della LAV. In tanti avete criticato il mio pezzo, accusandolo di essere “semplicistico” ed “errato quanto il pezzo da smontare”.

Mi è dispiaciuto: per certi versi avevate ragione, sono andato di fretta senza linkarvi fonti; l’avevo scritto da tablet tra una pausa e l’altra. Ho pensato che gli ormai tanti lettori di BUTAC fossero sufficientemente autonomi da rendersi conto quanto il pezzo di Repubblica fosse basato sul nulla. Tantissimi avete concordato su questo, e GIUSTAMENTE avete criticato il mio pezzo per la mancanza di fonti. Gli altri si sono lanciati nell’accusa che il pezzo fosse un mero attacco ad hominem.

Nella mia testa c’era un bel pezzo del Washington Post di qualche mese fa, che avevo verificato a suo tempo e che mi era sembrato molto corretto. L’unica maniera per renderlo fruibile a chi legge BUTAC è di tradurne le parti salienti. Ieri mi ero impegnato già a tradurre Paul Krugman e le sue ammissioni di colpa; oggi dovrei farcela ma non tradurrò tutto. Se volete, troverete il pezzo originale qui: io mi limiterò a riportare i punti più importanti.

La discussione che vede la dieta vegetariana più attenta al pianeta rispetto a quella  carnivora è inequivocabile: se nutriamo  gli animali con le piante e poi mangiamo gli animali, utilizziamo più risorse e produciamo più gas serra rispetto al consumo diretto delle piante. Come la maggior parte delle argomentazioni a proposito delle nostre scorte alimentari, però, non è così semplice. Fermo restando che la carne bovina è sempre più costosa in termini climatici, il maiale o il pollo possono essere una scelta migliore dei broccoli, caloria per caloria.
images (30)Gran parte dell’attenzione in merito all’impatto della carne sul clima è caduta sul bestiame, con ottime motivazioni. In qualsiasi modo la si veda, il manzo ha il più alto costo ambientale rispetto a quasi tutti i prodotti alimentari ed è da biasimare l’apparato digerente del ruminante. I ruminanti – mucche, pecore, capre, ma anche yak e giraffe – hanno uno stomaco in quattro compartimenti che digerisce le piante per mezzo della fermentazione. Un sottoprodotto della fermentazione è il metano, un gas serra che genera calore fino a venti volte più del carbone. Una produzione annua di metano prodotto da una mucca è di circa 100 chilogrammi ed è equivalente alle emissioni generate da una macchina che consumi 235 litri di benzina.
Il metano non è l’unico attacco ai ruminanti: c’è anche la fertilità. Le mucche possono avere un vitello all’anno, il che significa che l’impronta di carbonio  di ogni vacca  comprende il costo di mantenimento di un adulto per un anno. I maiali, al contrario, possono avere due cucciolate all’anno, con 10 o più maiali per figliata.
Poi c’è la conversione alimentare. Ci vogliono sei chili di mangime per fare un chilo di carne di manzo, ma solo 1,5 chili  per avere lo stesso di carne di maiale e poco più di mezzo chilo per la stessa quantità di carne di pollo. Considerando il metano, la fertilità  e l’alimentazione, è chiaro che i ruminanti fanno più danni rispetto ai loro compagni mono gastrici da cortile. […]
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Se si smettesse di mangiare carne, non sarebbe possibile sostituire un chilo della stessa, da 2.280 calorie, con un chilo di broccoli, da 340 calorie. Dovreste sostituirlo con 6,7 kg di broccoli per avere lo stesso nutrimento. Le calorie sono il grande equalizzatore, e ha senso usarli come base per il calcolo.
Quando si riordina la tabella degli alimenti tenendo a mente l’impatto climatico e avendo come base le calorie, il paesaggio appare diverso. I ruminanti sono ancora in cima alla classifica dei meno convenienti, ma i monogastrici sembrano andare molto meglio. Le coltivazioni a basso contenuto calorico, come i broccoli, non ne hanno giovamento. Sebbene il manzo vada male e i fagioli vadano bene, maiale e pollame sono alla pari con le verdure. Ciò significa che una dieta carne-e-foglie paleo è la scelta peggiore da fare dal punto di vista ambientale.
L’affermazione per la quale i vegetariani siano “gentili con il pianeta” non prende in considerazione alcuni tipi di alimentazione carnivora che (guarda caso) non appaiono nel grafico dell’Environmental Working Group. Ad esempio, i cervi e le oche canadesi fanno danni nelle zone dove sono troppi; i cinghiali seminano distruzione nel loro percorso ovunque vadano. Mangiate uno di quelli, e farete un favore al pianeta.
[…]
Il dibattito carne-contro-altra-carne è irrilevante per il vegetariano impegnato, ma nel dibattito piante-contro-carne subentrano questioni diverse dalla produzione di gas serra.
A favore della carne vanno considerate, per esempio, le capacità di un animale di contribuire in modo costruttivo alla produttività di una fattoria (i polli aiutano con il controllo dei parassiti), la possibilità di trasformare i rifiuti alimentari – come le “trebbie”, il siero di latte, e i prodotti lattiero-caseari scaduti – in proteine di alta qualità, e la capacità di utilizzare praterie, inadeguate per la coltivazione, per la produzione di alimenti per l’uomo (ad esempio con le mucche o le capre al pascolo).
Per i vegetali invece occorre includere il loro valore nutrizionale. Impatto ambientale a parte, i broccoli sono battuti dal maiale, e alla grande. Occorre prendere in considerazione l’uccisione, che molti vegetariani trovano inaccettabile. Anche se le implicazioni morali vanno oltre un semplice articolo che si basa sui fatti, tutti noi dobbiamo riconoscere che l’agricoltura è un’impresa che uccide gli animali. Un ratto, a titolo d’esempio, avvelenato perché è una minaccia per i produttori di grano, conta meno del maiale allevato e macellato con attenzione?
Ma torniamo da dove siamo partiti, ai gas effetto serra. Anche se l’impatto sul clima è la priorità assoluta, è importante guardare i dati alimentari nel contesto di altri fattori dello stile di vita. Mangiare fagioli è sicuramente meglio che mangiare carne di manzo. Guidare una Prius è meglio che guidare un Hummer. Ma una decisione distrugge ogni altra argomentazione – come ordine di grandezza – e sarebbe il numero di figli che ognuno sceglie di avere. Nessuna quantità di fagioli o di Prius compenserà la riproduzione, e sono coloro senza figli, non i vegetariani, ad avere maggiori probabilità di salvare il pianeta. Il che non significa che dovremmo ignorare i vantaggi di fagioli e delle Prius – o che  dovremmo non avere figli: significa semplicemente riconoscere come la sopravvivenza umana necessiti un tributo climatico. Il nostro dovere non è di ridurre al minimo le emissioni di carbonio a discapito di tutte le altre considerazioni, ma tentare di essere prudenti tenendo in considerazione tutti i fatti.

Queste sono le parti più importanti – parti che andrebbero sviluppate con ulteriori dati e analisi e che non vi darò io, come non fanno alla LAV.

Non esiste un vero studio che prenda tutto in considerazione per bene. Gli estremisti restano attaccati alle proprie posizioni, sostenendo solo ed esclusivamente la propria campana. Ammetto che potrei aver fatto lo stesso anch’io, basandomi su opinioni e considerazioni personali più di quanto avrei dovuto. L’articolo di Repubblica resta fuffa, sia chiaro, scritto ed argomentato male, ma anche il mio era poco supportato da dati e fatti. Spero che questo pezzo del Washington Post possa aiutarvi ad avere le idee un po’ più chiare.

Come ripeto spesso BUTAC è fatta da persone normalissime e non vuole dirvi come dovete vivere. Tutt’altro: quando non parla di bufale, BUTAC è qui per cercare di fornirvi quei dati che gli altri evitano di riportarvi, in quanto non fanno bene alla causa che propugnano. Restate voi, alla fine, a cercare di districarvi, noi non possiamo dirvi dove stia il giusto. Con questa traduzione, spero di poter chiedervi ammenda.

Come sempre, non ho nulla contro chi fa una scelta vegetariana. Ce l’ho piuttosto con chi estremizza.

 Tra i tanti commenti ricevuti all’articolo di ieri uno sembrava aver capito ciò che intendevo dire. Ve ne riporto solo la conclusione, vista la lunghezza dello stesso.

Un articolo del genere (quello di Repubblica ndr), che tratta un argomento così vasto, dovrebbe essere ben più lungo, dovrebbe riportare dati, fonti, tabelle, grafici. Non 4 numeri buttati li a casaccio, con la formula dell’anidride carbonica scritta pure male. Si scrive CO2 e non Co2. Sono due cose diversissime. (Co = simbolo chimico del cobalto… e da quanto ricordo di chimica inorganica il cobalto non si trova in forma biatomica).

Io nel post di Butac ho visto questo. Ho visto un voler aprire gli occhi alla gente su un certo tipo di “informazione”: fatta male, disinformante più che informante, allarmistica, catastrofista, fatta per ottenere visibilità, condivisioni e ritorno d’immagine. No, nel campo della corretta e giusta informazione non vale il concetto “bene o male, l’importante è che parliate di me”. L’informazione non è una soubrette del piccolo schermo in cerca di un momento di fama e gloria.

 maicolengel