Italiani che combattono a Bengasi?
Alcune pagine mediorientali stanno diffondendo foto di cittadini italiani, sostenendo si tratti di combattenti mercenari impegnati nella battaglia di Bengasi.
Questo uno dei post tradotto in automatico per noi da Facebook:
Una minaccia del capitano Ahmed al-Akouri. Per esporre Saddam e Aoun al-Farjani, se l’attacco non si ferma e pubblica le immagini della partecipazione delle truppe italiane all’Università di Qaryounis e dice che pubblicherà altri scandali.
Le foto che circolano sono svariate, ma non mostrano truppe dell’esercito italiano combattere a Bengasi, tutt’altro, mostrano appassionati siciliani di softair, che giocano. Non si stanno addestrando per le grandi manovre, non stanno preparando una guerra. Molto meglio loro che sfogano così adrenalina e rabbia che i tanti che invece la rabbia la condividono sotto ai post dei “simpatici” mediorientali che dal 14 novembre stanno facendo circolare queste foto. L’indignazione funziona da tutti i lati la si guardi, qui in Italia abbiamo chi fomenta nuove ondate di xenofobia, in Medio Oriente abbiamo chi fomenta xenofobia identica, ma nella direzione opposta. Ammetto che ogni tanto sogno si scontrino fra loro le due fazioni estremiste e si estinguano, sono fermamente convinto che una volta scomparsi potremmo vivere decisamente meglio… poi mi sveglio.
Su Limes parlano di queste fotografie, l’articolo è solo su abbonamento, spero vivamente che all’interno spieghino che si tratta di una bufala, peccato non averlo evidenziato chiaramente in testa. Quello che è possibile leggere da non abbonati è davvero poco, e il titolo non fa alcuna chiarezza:
I “contractors italiani” accusati di combattere per Haftar in Libia
Benghazi (Shabakat Akhbar al-Maarek – BNN) Il capitano Ahmad al-Aquri, identificato come un disertore dell’esercito libico comandato dal generale Khalifa Haftar nella Cirenaica, ha pubblicato sulla propria pagina Facebook le foto di quelli che lui definisce un gruppo di contractors italiani arruolati dal figlio del generale, Saddam K…
Il monito è sempre lo stesso, riprendere notizie da zone di guerra significa affidarsi a fonti non sempre verificate, fonti che il più delle volte fanno parte dell’una o dell’altra fazione in gioco. Il rischio di disinformare è alto!
maicolengel at butac punto it
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