Le scarpe agli immigrati

Oggi non sbufaliamo nulla, o meglio vorrei che mi seguiste in una breve passeggiata nel mondo dell’informazione.

È uscita una notizia che avete visto in tanti.

Il Giornale:

Le scarpe nuove per i terremotati? Vanno ai migranti

Il Primato Nazionale:

Così migliaia di scarpe donate ai terremotati dell’Aquila sono finite agli immigrati

Libero Quotidiano:

Le scarpe per i terremotati finiscono ai profughi

Biltz Quotidiano:

L’Aquila, 5mila paia di scarpe vecchie del 2009 dai terremotati finiscono ai profughi

La notizia possiamo dire che è vera, magari imprecisa volendo fare i pignoli: non solo scarpe ma anche abbigliamento vario a quanto ci risulta, e non solo ai profughi, bensì a varie associazioni che si occupano di chi è bisognoso. Ma il resto della notizia riportata da più testate è corretta. Vediamo di fare un riassunto, perché alla fine c’è una piccola lezione da imparare.

Il racconto

Nel 2009 CasaPound raccoglie indumenti vari, tra cui qualche migliaio di scarpe a marchio Vans, per donarli ai terremotati dell’Aquila. CasaPound, secondo quanto riportano le testate di cui sopra, consegna queste donazioni al Comune di Poggio Picenze. Il Comune le stipa nel bocciodromo del paese, ma nessuno si occupa di consegnarle agli sfollati. Tra peripezie varie tutte le donazioni di CasaPound finiscono in un magazzino, dimenticate.

A febbraio 2016, durante un’inchiesta su dei balconi crollati il NIPAF trova questi scatoloni, abbandonati, al punto che si ipotizza il reato di discarica abusiva. Ma una volta verificato il contenuto il PM Roberta D’Avolio apre un’inchiesta che si è conclusa da poco senza colpevoli. A quel punto gli indumenti e le scarpe recuperate sono stati dati ad associazioni che si occupano di chi ha bisogno d’aiuto, e anche i profughi ovviamente rientrano nella categoria.

Quante scarpe o giubbotti siano arrivati nelle mani di rifugiati o immigrati non è dato sapere, ma poco importa ai fini della notizia, quello che importa sono i fatti, e i fatti fino a questo punto sono quelli bene o male riportati da tutti.

Ma manca qualcosa. Qualcosa che non ho bisogno di esser un demistificatore perché mi salti all’occhio, qualcosa d’importante.

La logica.

Premessa:

Io non so se qualche membro di CasaPound abbia tentato di coordinarsi con la Protezione Civile all’epoca, nessuna testata lo riporta, e quindi resta una possibilità. Quanto segue è dato dall’analisi dei fatti riportati e da un po’ di logica ma non vuole essere un’accusa verso chi ha raccolto tanto, tutt’altro: bravi, un po’ di senso civico non fa mai male.

Sono anni che la Protezione Civile in occasione di eventi come questi segnala alla cittadinanza cosa è possibile fare per aiutare chi ha bisogno. Lo ripetono con spot, servizi al telegiornale, annunci sulla stampa. Se volete aiutare donate, altrimenti coordinatevi con la Protezione Civile, qualsiasi altro aiuto non serve. Arrivare sui luoghi a portare merci e materiali ha senso solo quando c’è uno specifico invito, altrimenti si rischia di intasare la macchina organizzativa. CasaPound, a quanto risulta, ha coordinato la donazione con l’amministrazione comunale di un piccolo paese (Poggio Picenze ha poco più di mille abitanti).

Sul sito della Protezione Civile nazionale purtroppo non trovo gli annunci dell’epoca, ma su quello della Protezione Civile Lombardia trovo questa avvertenza:

(La Protezione Civile) Regione Lombardia non gestisce direttamente la raccolta di beni, ma effettua una registrazione delle offerte che inoltra ai soggetti preposti a questa attività.
Chiunque volesse indicare disponibilità può utilizzare l’indirizzo di posta elettronica info@protezionecivile.regione.lombardia.it
I beni più richiesti sono:
coperte e sacchi a pelo nuovi
latte in polvere con scadenza non inferiore a 6 mesi
latte a lunga conservazione con scadenza non inferiore a 3 mesi
pannolini per la prima infanzia
vestiario intimo nuovo

Nel 2016, la Protezione Civile nazionale, sul Post, spiegava:

Anche di capi di abbigliamento, oltre che di cibo, non c’è al momento bisogno: Oreficini ha spiegato a Repubblica che i vestiti non vengono distribuiti se non ne è nota l’origine, e che sono comunque necessarie procedure di igienizzazione. C’è insomma il rischio che se vengono donati troppi beni di cui non c’è bisogno il lavoro dei soccorritori sia reso più difficile. 

Tutto chiaro? Non erano necessarie scarpe o giacche, ma solo intimo (sigillato con documenti che ne attestino la provenienza), materassi e roba per neonati. Nel 2016 addirittura si invitavano tutti a evitare donazioni se non richieste.

Quindi, la “lezione da imparare” dovrebbe esser semplice: non bisogna mai partire di punto in bianco a fare raccolte di qualsivoglia genere, la Protezione Civile è sufficientemente pronta. Se ci sarà necessità comunque il canale è sempre e solo quello della Protezione Civile nazionale, o al massimo la Croce Rossa, che operano coordinate nelle aree colpite.

Purtroppo tanti, troppi, magari solo e unicamente per senso civico male indirizzato, s’improvvisano “protezione civile” e vanno nelle aree colpite, spesso senza aver nemmeno avvertito, portano con loro soldi, abbigliamento, alimentari, ma anche solo la voglia di aiutare, senza saper bene cosa fare. Tutte risorse che magari sarebbero utili in altro luogo in quel momento, ma che fornite così rischiano d’esser solo un intralcio per chi è già operativo nell’area.

Quindi, se volete contribuire in maniera diversa dalla semplice donazione via SMS o bonifico bancario, prima di fare qualsiasi mossa chiamate la Protezione Civile della vostra regione, o quella nazionale, fatevi avanti, spiegate cosa potreste offrire, sentite di cosa potrebbe esserci bisogno, e solo allora muovetevi coordinandovi con loro.

Non credo sia necessario aggiungere altro, non si tratta di una sbufalata, brava CasaPound che ha fatto un gesto così altruistico, e ben venga che questi beni, bloccati da un’inchiesta senza indagati, sia stato possibile recuperarli e donarli comunque a dei bisognosi, poco importa se siano italiani o meno, si tratta comunque di gente che ha bisogno.

Ogni ulteriore polemica è inutile, l’unica cosa interessante sarebbe capire come possa esserci un magazzino dove per anni nessuno si accorge di una così imponente massa di roba. Chi ne è responsabile dovrebbe perlomeno rispondere del perché ci sia voluta una casualità perché quest’ammasso di merce venisse scoperta.

maicolengel at butac punto it

Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon, può bastare anche il costo di un caffè!