Lo Stato dà soldi ai musulmani…

…per farsi casa e aprire l’impresa

Così titolava il Giornale il 17 luglio 2017.

microcredito
L’articolo ci spiega:

Come spiega Abd al Sabut Turrini, direttore generale di Coreis, interpellato dal quotidiano diretto da Vittorio Feltri spiega che l’intesa “garantisce il sostegno economico finanziario e di educazione all’economia per microimprese e professionisti in Italia“, in sostanza “significa organizzare corsi di formazione all’impresa per musulamani e incoraggiare le start-up islamiche con dei fondi ad-hoc“. Ma di quanti soldi stiamo parlando? Precisamente si va “dai 10mila ai 25mila euro per ciascuna impresa“. Cifre, spiega Turrini “di cui potrebbero beneficiare diverse migliaia di aziende“.

Ma basta andare sul sito dell’Ente Nazionale per il Microcredito per leggere:

Il microcredito è rivolto non solo ai soggetti vulnerabili dal punto di vista sociale ed economico (il cosiddetto “microcredito sociale”) ma anche a coloro, in particolare giovani, donne, disoccupati, immigrati, ecc., che intendono avviare o potenziare un’attività di microimpresa o di lavoro autonomo e che hanno difficoltà di accesso al credito bancario (il cosiddetto “microcredito imprenditoriale”).

Chi può ottenere il finanziamento?

Lavoratori autonomi (professionisti iscritti o non iscritti agli ordini) o imprese individuali, titolari di partita IVA da non più di 5 anni e con massimo cinque dipendenti;

Società di persone, s.r.l. semplificate, società cooperative titolari di partita IVA da non più di 5 anni e con massimo dieci dipendenti.

Non da ieri, non dal 17 luglio 2017, ma da quando è stato istituito. Il Giornale che ama indignare i propri lettori rincara la dose nel suo articolo, scrivendo:

 Tra i requisiti richiesti è gradito che le imprese siano sharia compliant.

Senza spiegare cosa significhi quel “sharia compliant” perché fare giornalismo interessa poco, qui siamo nel campo della politica, non dell’informazione. Il lettore, leggendo quel sharia, è facile che non capisca, occorre spiegare cosa si intende, ma nessuno sulle testate che ho visto ci ha minimamente provato.

Bastava una veloce ricerca per trovare cosa s’intende:

    • divieto di pagamento di interessi (RIBA), legati al fattore temporale, frutto di una semplice rendita finanziaria non correlata ad un’attività reale con un determinato livello di rischio;
    • divieto di stipulare contratti che prevedano irragionevole incertezza o ambiguità (GHARAR);
    • divieto di speculazione (MAISIR);
    • attività economiche proibite dal Corano (HARAM): distribuzione/ produzione di alcol, tabacco, armi, carne suina, pornografia, gioco d’azzardo.

Questi sono i criteri per cui un’azienda rsipetta la Shari’ah. Direi nulla per cui strapparsi le vesti, voi che ne dite?

A me la cosa che in assoluto ha dato più fastidio dell’articolo de Il Giornale è la chiusura:

…l’accordo prevede anche le realizzazione di progetti di rimpatrio assistito per migranti, con l’annessa creazione di attività imprenditoriali nei Paesi di origine e progetti di cooperazione allo sviluppo, al fine di mitigare i flussi immigratori. Detto in breve aiutare gli immigrati a casa loro, supportandoli nella creazione di aziende nei Paesi d’origine. Mossa rischiosa, costosa e discutibile.

Non si vuole che vengano aiutati qui, non si vuole che vengano aiutati a casa loro, cosa si vuole? Non è ben chiaro, se non che l’immigrazione per il giornalista è un ottimo sistema per deviare il giornalismo d’informazione verso la propaganda politica. E questo, se hai studiato per informare i lettori, a mio avviso è grave. Ma io non sono un giornalista, cosa volete che ne capisca.

maicolengel at butac punto it
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