Quella pubblicità scartata da Adidas

Non sono un grande fan dei contenuti virali, soprattutto i video. Grande fan di meme, quello sì, ma i video, dove i contatori delle views valgono soldini, non mi attirano molto. Nei giorni scorsi ho visto dappertutto una notizia incredibile:

Lo spot SCARTATO

Lo spot RIFIUTATO. Cosa c’entrano gli Stati Uniti?

Spot RIFIUTATO

Senza soffermarci sul contenuto del video, tutti puntano su due dettagli importanti: che sia stato rifiutato dall’azienda tedesca e che sia diventato ciononostante, o soprattutto per  quello, virale. Ma quanto c’è di vero in tutto questo? Potrebbe sembrarvi strano, o forse no, ma forse è la solita montatura che piace tantissimo ai siti di news online.

Non ho intenzione di esprimere alcuna opinione o commento sul contenuto, il video non l’ho guardato, ho visto solo alcuni fermi immagini e letto la descrizione, che riporto qui se non lo conoscete (preso dall’Huffington Post italiano):

Bastano un paio di scarpe per sentirsi veramente liberi. Partendo da questa semplice verità, il regista moldavo Eugen Merher ha creato un nuovo spot per la Adidas ambientandolo in una casa di riposo e facendo commuovere il mondo intero.

Il protagonista del video è un ex atleta, ormai costretto a soggiornare in una casa di riposo e a non poter mai uscire dalla struttura che lo ospita. Ritrovate per caso un paio di scarpe vecchie – di marca Adidas, ovviamente -, nasce di nuovo in lui la voglia di correre, di uscire da quella che percepisce come una prigione, di sentirsi finalmente libero.

L’uomo tenta allora più volte di fuggire, correndo, via di lì, ma il personale infermieristico dell’ospizio riesce a bloccarlo ogni volta prima di aver guadagnato la porta di uscita. Questo intristisce molto l’anziano, che si chiude nel mutismo e nella depressione, specie quando quella che sembra essere la direttrice della struttura gli toglie le sue adorate scarpe.

I suoi amici – anziani rinchiusi come lui – riescono però a “rubare” le Adidas dall’armadietto della donna, dando il coraggio all’ex atleta di provare un’ultima volta la sua fuga. Riuscendo a bloccare l’intervento degli infermieri, gli amici dell’uomo decretano il suo successo, in un finale che fa scendere più di qualche lacrima a chi guarda il video.

Il regista della clip è un ragazzo di origini moldave residente in Germania che studia per la Filmakademie Baden-Württemberg di Ludwigsburg. La produzione dello “spot” non è stata commissionata da Adidas e in nessuna delle fasi della produzione l’azienda è stata interpellata: si tratta di un spec spot, come viene definita da uno dei primi siti ad aver diffuso la notizia sul web, fonte per Huffington Post americano:

UPDATE: Director Eugen Merher, a German film student, has confirmed this is a spec spot. His school is no stranger to quality spec ads, it also worked with two student directors in 2015 to produce this great (fake) Johnnie Walker commercial.
AGGIORNAMENTO: Il regista Eugen Merhen, studente di cinema, ha confermato che si tratta di uno spec spot. La sua scuola non è sconosciuta nel campo delle pubblicità spec, infatti hanno collaborato alla creazione di una finta pubblicità della Jhonnie Walker nel 2015.

Gli spec spot non sono una novità: conosciuti nell’ambiente anche come fake gorilla, sono delle pubblicità che vengono realizzate da registi per farsi notare o per sperimentare, ma non sono commissionati dai brand. Quindi Eugen, come tantissimi altri, ha girato questo spot per suo diletto e poi lo ha sottoposto alla Adidas, ma senza ottenere risposta:

“We tried sending it to [Adidas’] communications department but they didn’t really react,” Merher, a 26-year-old student at the Filmakademie Baden-Württemberg, told The Huffington Post.

“Abbiamo provato a mandarlo al settore comunicazione della Adidas, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta.”

Adidas quindi non ha rifiutato o scartato nulla: esistono decine se non centinaia di lavori del genere sul web, e questo è solo l’ultimo. Stando però ai vari siti di news il video è diventato virale. Diciamo che però non c’è definizione migliore: è diventato virale, ma in seguito alla pubblicità fatta da loro – i siti di news – al video. Su Vimeo lo spot ha poco più di 43 mila views:

Ed è lì da un bel po’ come potete notare, mentre su Youtube ha spopolato, verissimo, ma c’è un dettaglio molto importante:

Coincidenze?

Stranamente prima che i giornali ne parlassero non lo guardava nessuno. Dopo averlo spammato a destra e a sinistra allora è diventato virale, non lo era già prima.

Cosa ci porta a pensare tutto questo? Innanzitutto questo tipo di spot non si allineava con il modo in cui il brand ha raccontato se stesso fino ad ora. Per quanto ben realizzato ed emozionante uno spot così diverso dal solito potrebbe mettere in difficoltà tutto l’apparato comunicativo dell’azienda, a meno che crediate che grandi multinazionali come Adidas non pianifichino per mesi ogni singola comunicazione e ogni singolo spot. Le campagne pubblicitarie vengono studiate per mesi in ogni singolo dettaglio da aziende specializzate. Quello che si potrebbe speculare – e qui entriamo in modalità cappello di carta stagnola – è che questo boost improvviso di visite possa essere in realtà una strategia di Adidas stessa. Non potendo integrare lo spot nel loro assetto pubblicitario, indurne la viralità con una piccola spinta potrebbe migliorare la percezione del brand nei confronti di fasce di popolazioni più sensibili a questi video strappalacrime (condividi se hai un cuore), ma senza rischiare nessun effetto rinculo su quello che è il loro target canonico – alla fine mica lo hanno fatto loro, no?

In passato già molte aziende si sono sfidate a suon di spot dove si prendevano gioco di un rivale e in sequenza partiva un botta e risposta che attirava una grande attenzione del pubblico, ma organizzato da entrambi i contendenti. Tipo McDonald’s e Burger King recentemente, quando bisticciando come ragazzini hanno ottenuto che alla fine si parlasse di entrambi, tutto organizzato dalle agenzie pubblicitarie. Quindi è così assurdo pensare che Adidas possa aver deciso di spingere lo spot creando il mito del povero regista che vuole raccontare una storia struggente e lo fa gratis, ma l’azienda grossa e cattiva se ne frega e il web lo salva dall’oblio?

Intanto nessuno si ricorderà da dove arrivava lo spot mentre il nome Adidas ha girato come una trottola sui social e sulla bocca di tutti. Comodo, no?

neilperri @ butac.it

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