Taggiasca vs Giuggiolina

taggiasca

VERSIONE BREVE:

@elisabettaprima nei commenti è riuscita a riassumere tutto il mio articolo in maniera decisamente più chiara e digeribile:

In breve la faccenda è questa: nel Registro Nazionale delle Varietà da Frutto e nello Schedario olivicolo Nazionale è registrato il nome “Taggiasca” come nome della cultivar. Il regolamento europeo vieta di inserire il nome della cultivar tra i DOP, quindi i coltivatori chiedono di poter cambiare il nome nel registro nazionale e nello schedario olivicolo, in modo da poter registrare il prodotto “oliva taggiasca” come DOP senza contravvenire ai regolamenti europei, così come già fatto dai produttori di Prosecco.
Il problema sta nel fatto che non è possibile contrassegnare con il marchio DOP (o simili) una specie vegetale o una sua varietà (es. vitigno “Vermentino”), ma è possibile contrassegnare con quel marchio un prodotto derivato da quella cultivar (es. “Vermentino di Gallura”).

 


VERSIONE ESTESA

Ci risiamo, ancora una volta alcuni giornali riportano informazioni senza completare l’opera, lasciando così il lettore con un’informazione a metà:

L’Ue contro le olive taggiasche: “L’Italia deve cambiare il nome”

Amo le olive italiane, come mi piace tutto quanto rende il nostro un grande paese, perlomeno dal punto di vista culinario; lo dimostra la mia pancia, per fortuna ora in fase di dimagrimento. Ma pur amando la cucina italiana e le nostre olive mi tocca fare qualche precisazione. Non metto in dubbio le parole riportate da tante testate, l’Unione Europea ha chiesto una modifica al nome delle rinomate olive liguri, da taggiasche a giuggioline, il motivo?

“La normativa comunitaria impedisce di ottenere il riconoscimento delle Dop dell’oliva taggiasca perché nella denominazione è inserito il nome di una varietà vegetale – si legge sulla Stampa – l’unica possibilità sembra essere quella di rimuovere il conflitto tra il nome della denominazione di origine ed il nome della varietà vegetale”

Fin qui tutto ok, o meglio, comprendo il risentimento, ma se esiste una norma che sostiene che il nome di un prodotto a denominazione d’origine protetta non può portare il nome di una varietà vegetale non comprendo cosa si possa fare, se la normativa c’è e gli altri si attengono. Negli articoli oltretutto vedo un certo livore contro i francesi, pare infatti che stiano cercando di fregare l’affaire olive agli italiani. La cosa m’incuriosisce, la prima cosa che trovo è una pagina Wiki, collegata come versione a quella italiana, che sostiene che in Francia quelle che da noi sono definite taggiasche sono chiamate Cailletier e si coltivano da sempre nella zona di Nizza e dintorni. Ma lasciamo perdere questo particolare per un secondo.

La querelle tra Italia e Unione Europea sulle olive taggiasche non è nuova, se ne parlava già prima dell’estate, ed esiste un comunicato stampa molto chiaro rilasciato dal CIAI Liguira, la Confederazione Italiana Agricolotori, ve ne riporto un sunto ma qui lo trovate intero.

Il comunicato riporta una lettera del Ministero delle politiche agricole datata 2008, e già allora si discuteva del problema DOP. Il comunicato in particolare tratta le “olive taggiasche in salamoia”, ma il succo sulla normativa resta lo stesso.

Il problema è che taggiasca è un nome iscritto nell’elenco delle varietà di olive nello schedario olivicolo italiano, al numero d’ordine 326. Questo per la normativa europea non è corretto, ma la Confederazione degli Agricoltori non se la prende con l’Unione, loro chiedono che il registro oleicolo italiano cambi la definizione taggiasca con un’altra, rendendo così disponibile l’Unione Europea a inserire l’oliva nell’elenco dei prodotti a denominazione d’origine controllata. Ma evidentemente se è dal 2008 che viene fatta la richiesta mi pare che sia lo stesso registro italiano a negare la possibilità. Il comunicato della Confederazione non parla di giuggioline, ma poco importa. Come spiegano:

L’unica possibilità per ottenere la DOP dell’oliva taggiasca, e di conseguenza avere una protezione totale dalla concorrenza sleale, si realizza, obbligatoriamente, nel rimuovere il conflitto tra il nome della denominazione d’origine ed il nome della varietà vegetale. Una via da percorrere, già portata a termine con successo dai produttori del Prosecco, è quella di sostituire il termine originario della varietà, nel nostro caso “Taggiasca”, con un suo sinonimo nel Registro Nazionale delle Varietà da Frutto e dello Schedario olivicolo Nazionale e utilizzarlo inserendolo della Denominazione d’Origine Protetta. In pratica non essendoci più il termine “Taggiasca” nell’elenco delle cultivar non ci sarebbe più alcun impedimento al riconoscimento di una DOP con quella denominazione.

Per riassumere, la paura principale dei produttori liguri non erano i francesi ma colleghi italiani di altre regioni, la richiesta di modifica definizione di varietà vegetale è nota dal 2008, e chi l’ha negata è un ente italiano. Non è l’Unione Europea ad esser contro le olive taggiasche, loro applicano regole votate e scritte da un parlamento dove siamo presenti anche noi. È da qui in Italia che è partito il problema, titolare in maniera diversa è profondamente sbagliato.

Un giornale corretto avrebbe riportato:

Lo Schedario Olivicolo nazionale non viene incontro alle richieste dei produttori liguri di olive taggiasche, la lotta ora è a Bruxelles per il marchio DOP

La cosa che mi ha fatto più dispiacere è vedere la notizia riportata non dai soliti antieuropeisti, ma su La Stampa, nella versione online dicono davvero poco, purtroppo non sono abbonato e mi sono perso la versione completa, se non quello che ne hanno riportato i soliti anti europeisti.

Il giornalismo è morto, W il giornalismo!
maicolengel at butac punto it
Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon! Può bastare anche il costo di un caffè!