AIFA, Tar e sentenze

Una prova a favore della terapia domiciliare?

C’è una sentenza (che in realtà è un’ordinanza) del Tar del Lazio che sta circolando moltissimo in questi giorni: in tanti ce l’hanno segnalata, tanti altri ce l’hanno linkata sotto gli articoli che parlano di terapia domiciliare pubblicati su BUTAC. La cosa che ci ha fatto sorridere è che, mentre chi ce l’ha segnalata perlopiù ce l’ha linkata o mandata in .pdf, molti altri – generalmente quelli che sono arrivati nei commenti a fare gne gne gne, sostenendo una loro fantomatica “ragione” – non ce l’hanno mai linkata, ma hanno linkato articoli che ne parlano.

Vedete, qui è evidente il primo grosso problema: non capire cosa sia una fonte. Se si sta parlando della sentenza di un Tribunale la fonte non sono gli articoli di giornale che la interpretano o la parafrasano, la fonte è la sentenza stessa. Sentenza che vi linko nella sua versione integrale da Affari Italiani. Ve ne riporto comunque la parte importante:

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 1557 del 2021…
…contro
Ministero della Salute, Aifa – Agenzia Italiana del Farmaco, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
della nota AIFA del 9 dicembre 2020 recante “principi di gestione dei casi covid19
nel setting domiciliare” nella parte in cui nei primi giorni di malattia da Sars-covid,
prevede unicamente una “vigilante attesa” e somministrazione di fans e
paracetamolo, e nella parte in cui pone indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci
generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da covid…
…Considerato che, a una valutazione sommaria propria della fase cautelare, il ricorso
appare fondato, in relazione alla circostanza che i ricorrenti fanno valere il proprio
diritto/dovere, avente giuridica rilevanza sia in sede civile che penale, di
prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza,
e che non può essere compresso nell’ottica di una attesa, potenzialmente
pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici
stessi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione Terza Quater
accoglie, nei termini di cui in motivazione, l’istanza cautelare, e per l’effetto
sospende l’efficacia del provvedimento impugnato, e fissa per la trattazione di
merito del ricorso l’udienza pubblica del 20.07.2021.

Molti tra quelli che fanno girare questa sentenza riportano le parole dell’onorevole Luisa Regimenti, che avrebbe detto quanto segue:

Ora do­vran­no es­se­re ri­vi­ste e ag­gior­na­te le li­nee gui­da mi­ni­ste­ria­li, con un pro­to­col­lo ade­gua­to per un si­ste­ma te­ra­peu­ti­co che com­pren­da l’im­pie­go di al­tri far­ma­ci, come an­tin­fiam­ma­to­ri, epa­ri­na, an­ti­bio­ti­ci, cor­ti­so­ni­ci e idros­si­clo­ro­chi­na. L’o­biet­ti­vo è la tem­pe­sti­va cura del pa­zien­te, in at­te­sa del­la mes­sa in si­cu­rez­za del­la po­po­la­zio­ne at­tra­ver­so la vac­ci­na­zio­ne…

…Ci sono vo­lu­ti ol­tre cen­to­mi­la mor­ti per far ca­pi­re al mi­ni­ste­ro del­la Sa­lu­te che la stra­da se­gui­ta dal­l’AI­FA, l’A­gen­zia ita­lia­na del far­ma­co, sul­le cure do­mi­ci­lia­ri era sba­glia­ta, vi­sto che pre­ve­de­va la “vi­gi­le at­te­sa” sul­lo svi­lup­po del­la sin­to­ma­to­lo­gia e la som­mi­ni­stra­zio­ne di fans e pa­ra­ce­ta­mo­lo, sen­za com­pren­de­re al­cun al­tro me­di­ci­na­le che, se for­ni­to in tem­po, avreb­be po­tu­to ri­sul­ta­re mag­gior­men­te ef­fi­ca­ce.

Ma è evidente che l’onorevole non è stata particolarmente attenta mentre leggeva i testi sul sito di AIFA. Se avesse letto con attenzione qui forse sarebbe stata meno categorica nelle sue dichiarazioni, e forse lo stesso farebbero i tanti convinti di aver trovato nuovi guru della medicina.

Le eparine

Partiamo dalle Eparine, AIFA già le suggeriva, almeno da novembre 2020, per queste tipologie di pazienti:

…nelle profilassi degli eventi trombo-embolici nel paziente medico con infezione respiratoria acuta allettato o con ridotta mobilità è raccomandato dalle principali LG in assenza di controindicazioni. Ciò si applica, in presenza delle caratteristiche suddette, sia a pazienti ricoverati, sia a pazienti gestiti a domicilio oi nell’ambito di case di riposo o RSA.

Quindi, checché ne dica l’onorevole (e molti sostenitori dei medici firmatari del ricorso contro AIFA), le eparine erano già incluse nelle possibili terapie domiciliari.

Gli antibiotici

Per COVID-19 esiste un antibiotico di cui si parla (e si fa uso) fin da maggio 2020, l’azitromicina, che ha una sua scheda sul sito di AIFA:

La mancanza di un solido razionale e l’assenza di prove di efficacia nel trattamento di pazienti COVID-19 non consente di raccomandare l’utilizzo dell’azitromicina, da sola o associata ad altri farmaci con particolare riferimento all’idrossiclorochina, al di fuori di eventuali sovrapposizioni batteriche. L’uso dell’azitromicina per indicazioni diverse da quelle registrate può essere considerato esclusivamente nell’ambito di studi clinici randomizzati.  Gli usi non previsti dalle indicazioni autorizzate e non raccomandati, restano una responsabilità del prescrittore e non sono a carico del SSN.

I cortisonici

Anche senza saperne nulla, io rientro tra coloro che hanno avuto COVID-19, mi sono curato a casa, seguito da Pietro Arina, medico di BUTAC (che però al momento vive a Londra), e dal mio medico di famiglia. Entrambi mi hanno detto di usare la tachipirina per abbassare la febbre e nel caso avessi determinati sintomi hanno anticipato che avrei potuto aver bisogno di cortisonici. Per dirmelo non hanno avuto bisogno di sentenze del Tar. Non li ho usati: la tachipirina è bastata a farmi abbassare la febbre e superare quei due giorni in cui la temperatura era più alta. E AIFA cosa diceva in merito? Li permetteva, anzi ne raccomandava l’uso nei pazienti ospedalizzati, difatti, come spiegava in ottobre:

…Sulla base delle attuali conoscenze, nella popolazione suddetta l’uso dei corticosteroidi dovrebbe essere considerato uno standard di cura in quanto è l’unico trattamento che ha dimostrato un beneficio in termini di riduzione della mortalità.

Il fatto che venissero ritenuti uno standard nei pazienti ospedalizzati non significa fossero vietati nelle terapie domiciliari, bensì che non venivano ritenuti necessari nei pazienti non gravi. Quando a me è stata ventilata l’ipotesi di una cura cortisonica ero al secondo giorno di positività da COVID-19, e non ancora chiaro quale sarebbe stato il decorso. Oltretutto nella stessa nota che la sentenza del Tar annulla, sui cortisonici in terapia domiciliare era chiaramente riportato che:

L’uso dei corticosteroidi a domicilio può essere considerato in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore, se in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia.

Usare il cortisonico in chi non ha bisogno di ossigeno non serve, anzi le osservazioni hanno dimostrato che si rischia solo di aggravare la malattia.

L’idrossiclorochina

AIFA si è espressa anche sulla famosa idrossiclorochina: è stato fatto più volte nel corso dell’anno scorso. AIFA fa notare gli studi che sono stati fatti sui pazienti ospedalizzati non hanno dimostrato differenze nella mortalità tra chi era trattato con e chi senza, e neppure nella durata della malattia, quindi l’uso non è raccomandato (ma neppure vietato). Nell’uso domiciliare, pur non esistendo studi sufficienti in merito, vale la stessa osservazione. Anche qui l’uso non era raccomandato, ma neppure vietato. Anzi, per le terapie domiciliari, dove non esistono studi che ne certifichino l’eventuale efficacia, potrebbero essere finalmente intrapresi, così da mettere un punto alla questione. Ovviamente seguendo il metodo scientifico: non facendosi intervistare in merito, ma preferendo pubblicare su riviste scientifiche che facciano peer-review.

Nel caso ci fosse bisogno di ulteriori chiarimenti ci tengo a riportarvi che Pietro Arina, il medico di bordo, già citato qui sopra, ha scritto due articoli in merito ad azitromicina e idrossiclorochina, li trovate su PubMed.

Concludendo

L’AIFA, quando possibile, si era già abbondantemente espressa su quasi tutti i farmaci utili a combattere la COVID, e soprattutto i suoi sintomi, nelle terapie domiciliari. Chi non se ne rende conto è un soggetto a cui forse faceva comodo un po’ di pubblicità, e magari dare a intendere ai propri follower di essere un eroico salvatore della salute degli italiani. Il Tar comunque ha solo emesso un’ordinanza che dice che uno specifico documento dell’AIFA, la nota del 9 dicembre 2020, vada annullato in quanto non riporta specifici permessi per i farmaci che invece sono generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da COVID-19. Tutto questo secondo il giudice (non un medico o un esperto di virologia, epidemiologia o COVID-19), e sulla base di quanto presentato dai facenti ricorso. Infatti il TAR è un Tribunale Amministrativo, che basa le proprie sentenze solo sugli atti formali, senza prendere in considerazione perizie esterne e altre testimonianze, diversamente da quello che farebbe un tribunale giurisdizionale. Allo stesso modo il Tar non si è espresso contro la tachipirina, come sembrano sostenere i fan della terapia domiciliare: valgono quindi le ultime indicazioni di cui abbiamo parlato qui, supportate dal parere degli Ordini dei Medici e della comunità scientifica.

Curiosità

Su uno dei siti che ci avete linkato, su cui vengono riportate le parole dell’onorevole e quelle dei firmatari del ricorso al TAR, appare questo piccolo banner:

Aderiamo allo standard HONcode per l’affidabilità dell’informazione medica. Verifica qui.

Nel banner però in piccolo si legge outdated, la cosa mi ha incuriosito per cui sono andato a vedere cliccando su Verifica qui. E quello che ho trovato è un avviso, che risale al 2016, in cui viene detto che quel certificato è scaduto, appunto dal 2016. Quindi la testata non aderisce più allo standard per l’affidabilità dell’informazione medica da cinque anni, ma ne riporta il banner – pur con quel brutto outdated in piccolino – come se lo fosse.

Bah…

Non credo sia necessario aggiungere altro.

Se siete dotati di spirito critico avete già compreso tutto, se non lo siete è comunque inutile scrivere migliaia di parole, non le leggereste comunque.

maicolengel at butac punto it

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