Allergica al WiFi si impicca?


Ecco questo è uno di quegli articoli che non vorrei dover scrivere. E invece ieri le segnalazioni in merito sono fioccate, anche perché alcune testate decisamente poco serie hanno passato la notizia nel solito modo sensazionalistico.
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In nessuno di questi titoli leggo quanto invece testate inglesi più serie hanno subito specificato:
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L’uso di quella magica parolina: CLAIMS, è importante, ne abbiamo già parlato più volte, CLAIMS e ALLEGEDLY sono parole che vengono usate spesso quando non c’è modo di fare una seria verifica dei fatti, e andrebbero insegnate anche ai giornalisti italiani.

Cosa sappiamo della storia in questione?

Vediamo di raccogliere i dati in nostro possesso:
Jenny Fry è morta (non ieri, ma l’11 giugno 2015), questa non è una bufala,  è stata trovata impiccata in un bosco vicino a casa sua a Chadlington. La povera 15enne si è suicidata dopo aver inviato un messaggio di testo ad un amica dove spiegava che non sarebbe andata a scuola perché voleva uccidersi.
Jenny, secondo quanto riportato dalla madre, soffriva di una malattia rara, l’elettrosensibilità. Malattia che secondo l’Organizzazione Mondiale della sanità ricade nello stesso problema della Sensibilità chimica multipla. Cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando, il Telegraph ha fatto un ripasso “storico” sulla condizione in esame:

‘Radiowave sickness’ was first named and described in 1932, with most of the early cases being discovered in military personnel.

In 2011, an American woman told of how she was forced to abandon her family farm in the state of Iowa and moved to Green Bank, West Virginia – a tiny village of 143 residents in the heart of the Allegheny Mountains. Green Bank is part of the US Radio Quiet Zone, where wireless is banned across 13,000 sq miles (33,000 sq km) to prevent transmissions interfering with a number of radio telescopes in the area. Diane Schou said the community enables her to escape symptoms such as red, itching skin, blurred vision and headaches.
However the condition is yet to be identified by official health bodies as a medical diagnosis. At present, there are no accepted research criteria other than ‘self-reported symptoms’, and for clinicians there is no case definition or clinical practice guideline. Dr Jill Meara, Director of Public Health England’s (PHE) Centre for Radiation, Chemical and Environmental Hazards, said: “Public Health England is aware that some people report that they have symptoms that are brought on or made worse by exposure to electro-magnetic fields (EMF), so-called electrical sensitivity. “The overall scientific evidence does not support the suggestion that such exposure causes acute symptoms or that some people are able to detect radiofrequency fields. Nevertheless effective treatments need to be found for these symptoms.”

Che tradotto:

La prima volta che viene nominata e descritta una condizione simile è il 1932, la Malattia da onde radio, con quasi tutti i casi trattati scoperti nel personale militare. Nel 2011 una donna americana raccontò di come fu costretta a lasciare la sua fattoria di famiglia nello Iowa per spostarsi a Green Bank, in West Virginia, un piccolo villaggio di 142 abitanti, nel cuore delle montagne Allegheny. Green Bank fa parte della US Radio Quiet Zone, dove le comunicazioni senza fili sono bandite per un area di 13mila metri quadri miglia quadrate, per prevenire interferenze con i tanti radio telescopi nell’area. Diane Schou  dice che la comunità (dove vive ora) le ha permesso di sfuggire a sintomi come prurito alla pelle, visione sfocata, e mal di testa.  Tuttavia la condizione è ancora da identificare da parte di organismi sanitari ufficiali come una diagnosi medica. Allo stato attuale, non ci sono criteri di ricerca riconosciuti diversi da ‘sintomi auto-riferiti “, e per i medici non c’è definizione del caso o guida di pratica clinica. Dr Jill Meara, Direttore (PHE) del Centre for Radiation, Chemical and Environmental Hazards, ha dichiarato: “Il Ministero della salute è consapevole del fatto che alcune persone riferiscono di avere sintomi che sono causati o aggravati da esposizione a campi elettromagnetici  (EMF), la cosiddetta elettrosensibilità. “La summa delle evidenze scientifiche  non supporta l’idea che tale esposizione provochi sintomi acuti o che alcune persone siano in grado di rilevare i campi a radiofrequenza. Occorre tuttavia trovare dei trattamenti efficaci per questi sintomi.”

L’effetto nocebo

Quindi, riassumendo, nessuno dice che non ci siano soggetti che hanno determinati sintomi compatibili con quanto riferito dalla madre della povera ragazza, ma i test effettuati finora hanno dimostrato (nei casi che si sono studiati) che il paziente soffriva dell’effetto nocebo che come spiega wiki è:

un termine, contrario di placebo, utilizzato per etichettare le reazioni negative o indesiderate che un soggetto manifesta a seguito della somministrazione di un falso farmaco completamente inerte, ma da esso percepito nocivo.
Le reazioni negative non sono quindi generate chimicamente, ma sono interamente dovute al pessimismo e alle aspettative negative riguardo agli effetti del falso farmaco. L’esistenza dell’effetto nocebo pone anche un problema riguardo ai modi in cui il medico adempie agli obblighi di informazione nei confronti del paziente.

Lo studio dell’OMS sull’elettrosensibilità

I pazienti che hanno accettato di sottoporsi a test hanno dimostrato di stare male a causa del wifi, indipendentemente se fossero o meno in aree affette dalle onde. Come spiega anche l’Organizzazione Mondiale della sanità:

The majority of studies indicate that EHS individuals cannot detect EMF exposure any more accurately than non-EHS individuals. Well controlled and conducted double-blind studies have shown that symptoms were not correlated with EMF exposure. It has been suggested that symptoms experienced by some EHS individuals might arise from environmental factors unrelated to EMF. Examples may include “flicker” from fluorescent lights, glare and other visual problems with VDUs, and poor ergonomic design of computer workstations. Other factors that may play a role include poor indoor air quality or stress in the workplace or living environment. There are also some indications that these symptoms may be due to pre-existing psychiatric conditions as well as stress reactions as a result of worrying about EMF health effects, rather than the EMF exposure itself.
La maggioranza degli studi indicano che gli individui che soffrono di elettrosensibilità non sono in grado di rilevare l’esposizione a campi elettromagnetici in modo più accurato rispetto agli individui che non ne soffrono. Studi in doppio cieco controllati e condotti hanno dimostrato che i sintomi non erano correlati all’esposizione a campi elettromagnetici. È stato suggerito che i sintomi sperimentati da alcuni elettrosensibili potrebbero derivare da fattori ambientali non collegati ai campi elettromagnetici. Esempi possono includere “sfarfallio” da luci fluorescenti, bagliori e altri problemi visivi con videoterminali, e scarsa ergonomia nel design delle postazioni informatiche. Altri fattori che possono giocare un ruolo includono cattiva qualità dell’aria all’interno degli edifici o di stress sul posto di lavoro o ambiente di vita. Ci sono anche alcune indicazioni che questi sintomi possano essere dovuti a preesistenti condizioni psichiatriche così come le reazioni di stress causato dal preoccuparsi degli effetti sulla salute dei campi elettromagnetici, piuttosto che la stessa esposizione ai campi elettromagnetici.

IN CONCLUSIONE

Una povera ragazza è morta, era sicuramente malata, di cosa non si sa, che si trattasse di un problema causato da vere condizioni ambientali avverse, o fosse un problema psichiatrico magari causato da stress non è dato saperlo. Gli studi attuali escludono sia una reazione al wifi, quindi qualsiasi testata che non abbia specificato la cosa facendo sciocco allarmismo in prima pagina, non è una testata degna d’esser letta. E la lista è lunga.

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La cosa che mi ha fatto più tristezza è vedere l’ADNKronos usare come fonte il Daily Mail. Suvvia…
Della supposta pericolosità del WiFi abbiamo parlato tante volte:

Siate Utenti, non uTonti.
maicolengel at butac.it