Autismo – I casi sono troppi?

Un approfondimento del dottor Pietro Arina

Buongiorno a tutti, oggi parliamo di una tema che ci è stato riportato da alcuni dei nostri follower di lunga data.

La sindrome dello spettro autistico.

Su alcune testate italiane nelle scorse settimane sono stati lanciati quelli che sembrano allarmi, titoli come questo di Repubblica:

Autismo e dislessia: i casi sono tanti, anzi troppi

O questo apparso sull’Avvenire:

Quante disabilità cognitive, ma troppi allarmi inutili. E genitori abbandonati

Abbiamo ritenuto quindi fosse utile andare un po’ più a fondo con la questione cercando, insieme, di approfondire quanto viene detto dai più recenti studi del settore.

Rifacendoci al sito dell’Istituto di salute mentale nazionale americano (NIMH), la sindrome dello spettro autistico (Autism spectrum disorder – ASD) viene oggi definita come un disordine dell’età dello sviluppo che colpisce le capacità di comunicazione e il comportamento. Questa sindrome può essere diagnosticata ad ogni età, viene però definita come uno disordine dello sviluppo, in quanto i sintomi compaiono generalmente nei primi due anni di vita.

Il termine ASD è stato coniato nel 2013 dalla Società americana di psichiatria come ombrello per accogliere uno spettro di sindromi, con l’intento di dare ai clinici strumenti in grado di riconoscere precocemente e più facilmente le alterazioni che accompagnano questa sindrome. Il Manuale dei disordini mentali (DSM-5), creato e continuamente aggiornato da questa società, si pone come guida per la diagnosi di ASD. I criteri per la diagnosi sono una guida per personale sanitario addestrato e con esperienza in questo campo per poter fare diagnosi di ASD. Per chi fosse interessato ad approfondirli vi rimando a questo sito della divisione autismo di cooperativa sociale Castel Monte, che ho trovato particolarmente ben scritto.

Come dicevamo i nostri lettori hanno portato alla nostra attenzione gli articoli in cui si parla della over-diagnosi di autismo. Questi articoli raccontano di come in Italia, negli ultimi anni, sia cresciuto a dismisura il numero di diagnosi di autismo e delle conseguenze che questa possa avere sui bambini. Dai dati forniti da questi giornalisti parrebbe che le diagnosi siano più che raddoppiate negli ultimi dieci anni, e soprattutto si pone l’accento su due problemi ad esso collegati. La diagnosi di ASD porterebbe i bambini a essere etichettati e stigmatizzati per tutta la vita. Inoltre la diagnosi porterebbe anche i genitori a esserne profondamente colpiti, con la comparsa di depressione, soprattutto tra le donne.

Noi di BUTAC come sempre cerchiamo di vederci chiaro.

Premetto che la psichiatria non è il mio ambito di elezione, quindi non mi considero un esperto, ma ho voluto fare qualche ricerca al riguardo. Il tema dell’over-diagnosi dell’autismo parrebbe essere molto sentito nella comunità internazionale degli psichiatri. Questo significa che si tratta di una problema reale, che è stato analizzato e preso in considerazione dagli esperti del settore.

Gli studi

Vi porto due studi al riguardo che ci permettono di avere qualche idea riguardo alla problematica. Il primo è una meta-analisi di meta-analisi intitolata “Temporal Changes in Effect Sizes of Studies Comparing Individuals With and Without Autism”. Una meta-analisi è lo studio di tutta la letteratura scientifica su un certo argomento in un certo periodo di tempo, e gli autori dello studio hanno analizzato le meta-analisi pubblicate tra il 1966 e il 2019. L’intento era quello di capire come sia cambiata nel tempo la prevalenza di ASD nella popolazione e, inoltre, quantificare se ci fossero differenze tra coloro che hanno ricevuto diagnosi di autismo e i soggetti di controllo.

I risultati di questo studio ci dicono che la prevalenza è aumentata dal 0.05% nella popolazione del 1966 all’1.47% nel 2019, però il dato più interessante è quanto viene riportato nella conclusione:

The findings suggest that differences between individuals with autism and controls have decreased over time, which might be associated with changes in the definition of autism from a narrowly defined population toward an inclusive and heterogeneous population. This could have implications for our ability to build mechanistic models of the autism condition.

Traduzione: I risultati suggeriscono che la differenza tra individui con autismo e controlli è diminuita nel corso del tempo, il che potrebbe essere associato a cambiamenti nella definizione di autismo, da una determinata popolazione ristretta verso una popolazione più inclusiva ed eterogenea. Questo può avere implicazioni nella nostra abilità di costruire modelli di funzionamento della condizione autistica.

Pertanto questo grosso studio ci dice che nel corso degli ultimi sessant’anni circa abbiamo imparato a definire e identificare meglio questa sindrome, riuscendo a riconoscere versioni anche molto più sfumate. Però un altro interessante studio, pubblicato sulla rivista Autism, ci permette di andare più a fondo su questa tematica. Leggendo infatti le conclusioni di quest’ultimo studio, gli autori affermano:

The results of this study suggest that some children with developmental delays, attentional flexibility problems, or other conditions may be receiving provisional yet inaccurate diagnoses of ASD from nonspecialists…

…Nevertheless, this study confirms that ASD diagnoses can and sometimes do change as children mature and overcome delays, and as new information is assimilated by their healthcare providers.

Traduzione: I risultati di questo studio suggeriscono che alcuni bambini con ritardi nello sviluppo, problemi di flessibilità attenzionale, o altre condizioni possono ricevere una diagnosi provvisioria ma inaccurata di ASD da non specialisti…

…Tuttavia, questo studio conferma che la diagnosi di ASD può e a volte cambia con la crescita del bambino e il superamento dei ritardi, mentre nuove informazioni sono apprese dai loro operatori sanitari.

Ora che abbiamo una visione più ampia del problema, possiamo trarre qualche conclusione. Sicuramente nel corso del tempo sempre più bambini sono stati diagnosticati con una sindrome che rientra nel’ASD, e in una piccola percentuale questa può essere sbagliata. Tirando le somme con le criticità esposte negli articoli di giornale citati sopra, si sente la necessità a livello italiano di fare il punto sulla situazione. Facendo varie ricerche su internet ho trovato varie proposte di onlus e associazioni di creare registri sull’autismo in Italia, ma non ho trovato nulla di attuale da parte dei Ministeri della Sanità o dell’Istruzione. L’ultima occasione in cui il governo e il Ministero sembrano aver intrapreso qualche iniziativa da questo punto di vista risale ormai a 5-6 anni fa.

Questo sarebbe un ottimo punto di partenza, infatti solo avendo dati precisi e puntuali si può pensare di portare avanti politiche mirate a correggere eventuali problemi correlati. Inoltre parrebbe che manchi a livello italiano una rete unica tra le associazioni che si occupano di aiutare i genitori in difficoltà e soprattutto i loro piccoli. Quello che abbiamo percepito è per certi versi un grido di aiuto da parte dei genitori che si sentono persi. Una diagnosi di ASD non deve essere un marchio per chi la riceve, ma deve invece rappresentare la possibilità di ricevere supporto nel modo corretto.

Una riflessione in chiusura

L’ultimo anno di pandemia ha prodotto profondi problemi in tutti noi. Cosi come la nostra salute mentale è stata messa a dura prova negli ultimi mesi, la pandemia ha avuto effetti devastanti per tanti ragazzi e ragazze affetti da ASD. Sperando che a breve tutto ciò possa finalmente risolversi per il meglio, ricordiamoci che investire nel sociale sarà ancora più fondamentale nei tempi a venire.

Dottor Pietro Arina

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