Basta accoglienza. Con Salvini non c’è profitto


Mi segnalate un articolo apparso su La Verità dell’8 marzo:

Le Coop: Basta accoglienza. Con Salvini non c’è profitto

Come tutti gli articoli de La Verità è dietro un paywall che onestamente ho poca voglia di pagare, ma per fortuna lo stesso articolo appare come Esclusiva su Il Giornale online.

Migranti, ora le coop si lamentano: “Non è più previsto il guadagno”

Siamo di fronte a una di quelle notizie per cui è necessario avere spirito critico. Non è una bufala, e nemmeno una manipolazione dei fatti. Quindi quanto segue non è un fact-checking, ma solo un invito al ragionamento. Essere capaci di giudicare i fatti evitando i facili pregiudizi è l’unico modo per percepire la realtà che ci sta attorno.

Questo l’incipit de Il Giornale:

Nell’infinito dibattito sull’immigrazione, c’è chi l’accoglienza la definisce un “business” e chi invece la vede con solidale slancio umanitario. Nel mezzo ci sono loro, le cooperative, associazioni e Srl che in questi anni si sono divise la grande torta dei bandi per la gestione dei richiedenti asilo. Molti si sono chiesti: lo fanno per amore del prossimo o (anche) per guadagnarci qualcosa? Una bella domanda, che oggi finalmente ha una risposta senza ipocrisie. A dare un’idea dell’approccio reale al fenomeno immigrazione, infatti, ci hanno pensato le stesse coop: in un documento lamentano che negli ultimi tempi – per colpa di Salvini – è venuto a mancare “l’utile di impresa”. Ovvero il guadagno. Avete capito? Il guadagno. Quindi è vero che era tutto un business per ottenere un utile?

Se voi leggeste con attenzione le migliaia di articoli scritti negli ultimi dieci anni sulla stampa italiana vi accorgereste che non è affatto vero che le associazioni (cooperative, ma non solo) che si occupano dell’accoglienza migranti nel nostro Paese siano definite “associazioni umanitarie”. Sarebbe un errore. Non c’è dubbio che quando a occuparsi dei migranti è la Caritas siamo di fronte a un ente che ha come fine ultimo la carità e che quindi sia vista come associazione umanitaria. Ma nel caso delle centinaia di associazioni sparse sul territorio, spesso siamo di fronte a piccole realtà imprenditoriali che hanno scelto di affiancare lo Stato in quello che a tutti gli effetti è un business. Io per primo qui su BUTAC ho spiegato più volte la cosa, perché ritengo sia giusto spiegare come stanno i fatti.

Per ogni migrante accolto in Italia lo Stato paga una determinata quota. Fino all’insediamento dell’attuale governo si trattava di 35 euro al giorno che dovevano pagare tutte le spese che seguono:

  • servizi di lavanderia;
  • servizi di assistenza generica alla persona;
  • pulizia giornaliera e periodica dei locali e degli arredi;
  • disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e deblattizzazione delle superfici;
  • raccolta e smaltimento dei rifiuti;
  • erogazione dei pasti, sette giorni a settimana, con prima colazione, pranzo e cena in base al numero delle presenze effettive nella struttura;
  • struttura di accoglienza, con effetti adeguati al posto occupato quali materasso, cuscino, lenzuola, federe e coperte che saranno periodicamente cambiati dai servizi di lavanderia;
  • vestiario adeguato alla stagione;
  • prodotti per l’igiene personale e rinnovo degli stessi consumabili con l’uso (sapone, shampoo, dentifricio, carta igienica);
  • erogazione del pocket money nella misura di 2,50 euro pro-capite/pro-die fino ad un massimo di 7,50 euro per nucleo familiare, da erogare sotto forma di buoni spendibili in strutture ed esercenti convenzionati, o di carte prepagate da utilizzare a seconda delle necessità dell’ospite (schede telefoniche, snack alimentari, giornali, sigarette, fototessere, biglietti per il trasporto pubblico).
  • servizi per l’integrazione (mediazione linguistica e culturale, servizio di informazione sulla normativa concernente l’immigrazione, sostegno socio-psicologico e altro ancora).

Come spiegavo già nel 2015:

…parte di quei soldi verranno usati per beni di prima necessità e bollette, altri andranno nelle tasche di chi gestirà la cosa, dando anche un po’ di lavoro ad altri ancora. Certo, a nessuno fa piacere se di colpo l’hotel abbandonato dietro l’angolo si trasforma in residenza temporanea per profughi. Posso capirlo: non sapere chi siano, cosa facciano, che lingue parlino. Anche un po’ di paura dello straniero, visto quanto, certe testate, amano fomentarla. Ma questa è una considerazione personale.

Avete letto bene l’elenco poco sopra? Stando agli accordi europei andrebbero offerti servizi per l’integrazione, in Germania e Francia fanno ovunque corsi di lingua. Imparare l’italiano per potersi cercare un’occupazione che lo renda indipendente dal Centro Accoglienza il prima possibile sarebbe buona cosa; in Italia i mediatori e i corsi spesso non vengono forniti.

Stando agli accordi europei avremmo dovuto fornire tutti quei servizi, lasciando ovviamente che la gestione di tutta la situazione desse un piccolo margine a chi a tutti gli effetti stava lavorando. Con l’arrivo del governo attuale la cifra è stata praticamente dimezzata. Credete seriamente che una ditta seria si pigli in carico tutti quei servizi per soli 20 euro al giorno? È abbastanza palese che non lo faranno. Non ci stanno dentro con i costi. Stiamo parlando di enti e associazioni che hanno preso in affitto strutture sulla base di un’entrata quasi doppia rispetto a oggi, entrata che negli anni era rimasta stabile e che ora è stata ridotta, quando invece il costo della vita dal 2013 a oggi è in parte aumentato.

Che alcune delle associazioni che campano sull’accoglienza in questi anni si siano comportate male è un dato di fatto, dal pocket money trattenuto a corsi d’italiano mai fatti, sono tante le occasioni in cui potevano fare meglio. Non ho dubbi sulle mele marce presenti in chi ha vinto i bandi nel corso degli anni. Ma non tutti sono così, sono tanti quelli che hanno cercato di fare del loro meglio. Pur coi bastoni tra le ruote messi da certe amministrazioni, pur col poco aiuto dato dallo Stato, tanti hanno comunque tentato di far funzionare la macchina dell’accoglienza al meglio.

Quelli a cui fa riferimento Il Giornale (e di rimando La Verità) non sono biechi truffatori, ma associazioni che si tirano indietro perché non ritengono di poter stare dentro a quelle cifre offrendo gli stessi servizi di prima, che sono quelli richiesti secondo gli accordi europei. Ce ne saranno altre che se ne infischieranno e continueranno a intascare soldini a fronte di un servizio carente, e forse sarebbero proprio quelle da controllare al meglio.

Ma senza una sana dose di spirito critico e un po’ di razionalità quanto vi ho riportato sopra non sarà capito da tanti. E non è tutto. Il problema a mio avviso più grosso è quello che non vedo trattato da La Verità e da Il Giornale: tirandosi indietro queste associazioni il rischio è che ci ritroveremo con più stranieri senza posto dove stare, più migranti senza un tetto sotto cui dormire, più gente che vagabonda nelle strade. È evidente che non ci sia nessun piano B per quella che potrebbe diventare seriamente un’emergenza. Ma forse il gioco è proprio questo, metterne ancora di più in mezzo a una strada per dare ancora più corpo allo spauracchio dell’invasione degli immigrati. Spauracchio che è una delle principali fonti di voti per alcuni dei principali partiti italiani.

Non credo sia necessario aggiungere altro, attendo le critiche a quello che so non può essere considerato fact-checking. Come non erano fact-checking le mie opinioni espresse a fine articolo nel 2015. Dimostrazione di come non sia vero che abbiamo sempre sostenuto che le associazioni che lavorano nell’accoglienza siano enti umanitari al di sopra di ogni dubbio:

Sarebbe interessante analizzare anche quel fenomeno (tipicamente italiano) del business dell’immigrato. I tempi di permanenza nei Centri d’accoglienza da noi si dilungano, spesso non per colpa dell’indolenza del profugo (sia chiaro, anche fra di loro ci saranno sfaticati e piantagrane, come in ogni rappresentanza di un popolo, l’imbecille c’è sempre). In Italia succede che il Centro Accoglienza sia mal collegato al resto del paese (a volte mi domando se non seguano il detto occhio non vede cuore non duole). E che per raggiungere zone sensate dove cercar lavoro ci vogliano ore a piedi o mezzi di trasporto. Ma come se lo paga un autobus il profugo che vede 2,50 al giorno di diaria? Viste le distanze da percorrere con quei soldi a fatica ci fa stare il viaggio d’andata (o di ritorno). E il resto della giornata deve arrangiarsi. Se vuole da mangiare a pranzo deve tornare al Centro Accoglienza. Ma il peggio è quando mancano del tutto i corsi di lingua, ovvio che sia difficile per qualcuno che non parla l’italiano per niente integrarsi o cercare un lavoro.

Qui da noi la maggioranza delle strutture sono gestite da privati (cooperative, enti caritatevoli) spesso MAL gestite. Strutture che pur d’accettare nuovi ospiti (quindi nuovi fondi) sovraffollano, non forniscono i servizi promessi in cambio della cifra, o ancor peggio si trovano in zone talmente disagiate e distanti dalle città da rendere agli ospiti quasi impossibile andare alla ricerca di un lavoro e di una nuova sistemazione. A chi gestisce questo fa comodo, più stanno, più ne arrivano, più soldi entrano. E questo non va bene. Non è una situazione facile, ma coi fondi che sono entrati di anno in anno i comuni avrebbero dovuto pensare alla creazione di strutture serie, da gestire in proprio, bypassando i privati, ed incassare così direttamente i contributi statali ed europei.

Ma non saremmo in Italia.
maicolengel at butac punto it
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