Benadryl challenge e il giornalismo

Ma quanto piace alla stampa nostrana pescare notizie senza alcuna verifica e riportarle con titoloni e nessun approfondimento? Voi dite che è normale che il giornalismo sia di così bassa lega? Vediamo di capirci.

Tante testate italiane, Il Messaggero davanti a tutti – che sia mai si lascino sfuggire l’ennesimo titolone acchiappaclick – hanno titolato così questa notizia:

TikTok, morta una ragazza americana di 15 anni: la folle sfida del Benadryl challenge

Folle sfida…

Io non so voi, ho 48 anni, ho vissuto un’adolescenza abbastanza normale, e ho chiaro il ricordo di quelle che erano le sfide dei miei tempi. Anche allora c’era sempre chi suggeriva di aprire l’armadietto dei medicinali di casa (ma anche quello degli alcolici) e sperimentare. In certe famiglie, dove i figli erano lasciati troppo tempo da soli (e con troppo accesso a farmaci e alcolici) gli esperimenti potevano finire davvero male. Oggi non è cambiato nulla, gli adolescenti sono sempre adolescenti, che hanno solo più accesso a fonti d’informazione digitale. Piattaforme social dove il cretino di turno che lancia l’idea, invece che essere un compagno di scuola, è un contatto virtuale. Ma non ne ha colpa TikTok, non ne ha colpa la piattaforma utilizzata. La responsabilità può essere della famiglia che non segue a sufficienza i figli, che magari si dimentica di tenere sottochiave i farmaci e gli alcolici. Continuare con questo gioco al massacro, dove oggi sul banco degli imputati c’è TikTok (che onestamente come piattaforma a me non piace affatto), ieri Facebook, domani Instagram, è ridicolo.

Siamo di fronte alla classica “sfida” che una volta era relegata ai compagni di scuola, al massimo al gruppo allargato dei compagni di distretto scolastico. E oggi, visto l’avvento del digitale, trova più spazio a livello globale. Ma non ne ha colpa la piattaforma su cui la cosa si svolge, ne hanno colpa i cretini che la lanciano e gli stolti che la seguono. Più ovviamente ogni singola testata che rilancia la vicenda facendole pubblicità, perché si rischia di trovarci con casi di emulazione come abbiamo visto succedere altre volte in passato. Vi posso assicurare che negli ani Ottanta delle “sfide idiote” a scuola pochissime testate parlavano, a meno che non ci scappasse davvero il morto (ma il morto doveva succedere in Italia, e con la certezza che la sua morte fosse dovuta alla fantomatica sfida, non a un oceano di distanza).

Se vostro figlio passa troppe ore online senza controllo alcuno il problema siete voi, e quello che gli offrite al di fuori dei mondi virtuali.

Non la rete in sé.
maicolengel at butac punto it

Ci segnalano questo articolo di Science-Based Medicine che spiega la vicenda e fa notare come, oltre alle nostre considerazioni, non ci siano prove che l’adolescente sia deceduta in seguito alla “sfida” su TikTok.

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