La carneficina di Bucha e la decenza che non c’è

L’individualismo narciso di parte del giornalismo nostrano

Dal momento in cui le forze ucraine hanno cominciato a liberare parte del territorio occupato dai russi, e sono state scoperte le prime efferatezze subite dai civili, è partito un conto alla rovescia. Un conto alla rovescia che misura il livello di decenza dei vari complottisti in servizio permanente effettivo, dei giornalisti vittime del loro individualismo narciso (bellissima definizione di Michele Serra) tutti pronti a denunciare l’ennesima montatura dell’Ucraina o dell’Occidente ai danni di Putin. Perché a loro non la si fa!

Tic toc, tic toc… e tra i primi a partire non poteva che esserci Marco Travaglio. Dopo avere riconosciuto che il massacro è stato compiuto «Quasi sicuramente per mano russa», aggiunge subito dopo che «Ma francamente importa poco chi li abbia uccisi, e dove, e quando: chiunque sia stato non sposta di un millimetro il giudizio sulla guerra, che è sempre sterminio e distruzione» (i virgolettati sono stati presi da qui). Perché il trucco per i propagandisti di Putin più raffinati non è negare la realtà, ma coprire le colpe dei massacratori dietro una generica condanna della guerra. Non è vero che la guerra la fanno tutti allo stesso modo, e ha quindi molta importanza capire chi come e perché ha fatto quello che ha fatto.

Tic toc, tic toc… il secondo a partire è Salvatore Cannavò. D’altra parte è vicedirettore del Fatto Quotidiano e non può essere da meno del suo sodale Travaglio. In un articolo di ieri Cannavò si domanda come mai tra la ritirata dei russi il 30 marzo e le prime immagini del massacro il 3 aprile «non ci sia stata circolazione di immagini cruente». A questa domanda risponderemo più avanti nell’articolo, perché viene posta anche da Toni Capuozzo, ma vale la pena di soffermarci su una delle affermazioni che chiudono il pezzo di Cannavò:

Resta il fatto che le morti ci sono, esibite per motivi politici, ma comunque il frutto di crimini che al momento non è chiaro come saranno perseguiti e giudicati. Come tutte le morti aberranti delle tante guerre che si combattono da anni e di cui non importa quasi nulla.

Così come nel caso di Travaglio assistiamo all’annacquamento della gravità della strage paragonandola a quella delle «tante guerre […] di cui non c’importa nulla». D’altra parte il giornalista si era già fatto notare per l’improvvido paragone tra la NATO e Putin (ne abbiamo parlato qui). Io non ricordo centinaia e centinaia di civili serbi (uomini, donne e bambini) uccisi con un colpo alla nuca, cadaveri bruciati per strada e fosse comuni. Chissà se oggi Cannavò riproporrebbe il paragone?

Tic toc… l’ultimo a partire è Toni Capuozzo. Essendo partito per ultimo sente di dovere cancellare il gap di indecenza che lo separa da primo e secondo posto, sparandola grossa. E infatti:

E dovrei adesso fare meno di chiedere come mai nelle foto satellitari del New York Times, che vogliono essere del 19 marzo, non c’è la neve, che quel giorno a Bucha c’era? Dovrei rinunciare a interrogarmi sulla conservazione stupefacente di quei cadaveri per più di venti giorni sull’asfalto? Dovrei non meravigliarmi che il 2 aprile l’operazione del battaglione speciale Safari viene presentata come un pulizia di sabotatori e collaborazionisti? La scoperta dei morti di Bucha (non quelli delle fosse comuni, note da tempo, e delle vittime dei russi durante gli scontri e l’occupazione, no i morti che hanno sdegnato il mondo, presentati come il sanguinoso congedo dei russi in ritirata) incomincia il 3 aprile e diventa globale il 4.

Ieri tgcom24 ha echeggiato una specie di gioco al massacro denunciato dal sindaco di Bucha: hanno fatto un safari con i civili. Paragone strano perché Safari è il battaglione speciale che come vedete il 2 aprile inizia un’operazione sì, di bonifica esplosivi e quant’altro ma anche di repulisti di sabotatori. Dove sono finiti i sabotatori? Non ne hanno trovato nessuno? O forse solo quel cadavere che ieri è apparso sullo schermo alle spalle di Giordano, ma lui non se ne è accorto, che ha ancora il bracciale bianco dei filorussi? E’ una fonte ucraina, quel giornale, non la Tass. SE c’erano sabotatori che fine hanno fatto ?

Ma è veramente così?

Il primo dubbio di Capuozzo è più che legittimo: come mai le foto del 19 marzo pubblicate dal New York Times non mostrano la neve «che quel giorno a Bucha c’era?» E come fa a sapere Capuozzo che c’era effettivamente la neve? Non lo sappiamo, e non ci è dato saperlo. Sono parole in libertà. L’onere della prova spetta a chi fa un’affermazione, e non fornire nemmeno una fonte impedisce di verificare l’autenticità della conoscenza innata di Capuozzo sulle condizioni meteo di Bucha.

La seconda domanda che si pone Capuozzo è sul livello di decomposizione dei corpi e sulla mancanza di una congrua quantità di sangue che indichi la presenza di una ferita di arma da fuoco. Io ho visto più video della strage nella versione non censurata proprio per scrivere questo articolo, e mi chiedo come possa Capuozzo giudicare il livello di decomposizione di un corpo da un filmato. Tenendo conto che in molti casi si tratta di vittime pesantemente vestite, spesso col volto coperto, mi pare difficile stabilirne lo stato. In più ha influito anche la temperatura: se fosse stata estate Capuozzo avrebbe potuto trovare con sollievo una maggiore quantità di segni di decomposizione.

Per quanto riguarda il sanguinamento non c’è da stupirsi di non trovare una grande quantità di sangue perché questa dipende da molti fattori: il luogo in cui le vittime sono state colpite; la distanza da cui sono state ferite; il foro di entrata; in più come già detto le vittime sono spesso vestite pesantemente e questo comporta un notevole assorbimento di sangue nei vestiti. Tutto questo non è farina del mio sacco, ma le dichiarazioni fatte alla BBC da un patologo che ha lavorato in Kossovo e Rwanda.

Il terzo interrogativo posto da Capuozzo è la tempistica della scoperta dei corpi, che comincerebbe tra il 3 e il 4 aprile, almeno 24 ore dopo la bonifica della zona a opera di un reparto ucraino nominato Safari. In realtà i primi video che mostrano i corpi a cui si riferisce Capuozzo cominciano a circolare la sera del primo aprile (il Post riassume tutto molto bene qui).

Conclusioni

Quindi non ci possono essere dubbi sulla carneficina di Bucha? Siamo certissimi che siano stati i russi e qualunque dubbio e domanda costituisce alto tradimento? Personalmente ho pochissimi dubbi sulle responsabilità russe, ma anche io penso siano necessari ulteriori approfondimenti giornalistici e una commissione d’inchiesta internazionale – e ho timore che ci sarà bisogno di un bel po’ di commissioni d’inchiesta.

Quello che trovo veramente deplorevole è scegliere di farsi irresponsabilmente megafono della propaganda russa senza prima fare una piccola verifica dei fatti noti fino ad ora. Capuozzo avrebbe potuto benissimo verificare da solo l’infondatezza dei dubbi che si poneva, e invece ha scelto di stuzzicare il complottismo più becero sfruttando la morte di più di quattrocento persone (uomini, donne e bambini). E se pensate che sia stato un incidente isolato capitato a un giornalista serio, sappiate che Capuozzo sul suo profilo Facebook ha condiviso il video fatto dalla polizia ucraina a Bucha il 2 aprile con questo commento «non si vedono morti». Dopo 24 secondi di video c’è un morto

 

Perché tutta questa superficialità, questo disprezzo per la vita umana? Forse per quell’ «individualismo narciso» di cui Michele Serra parla nell’intervista citata a inizio articolo, la necessità di essere anticonformisti per il gusto di esserlo.

A volte tutto quello che servirebbe è solo un po’ di silenzio.

Michele Armellini

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