ByoBlu e il fact-checking

Oggi un altro editoriale, perché trovo interessante mostrare a voi che ci seguite, ma più che altro ai follower di ByoBlu che troveranno quest’articolo magari per errore, come una notizia di un certo interesse possa venire manipolata con precisi fini.

Il 2 aprile 2020 sul canale YouTube di ByoBlu è apparso un video intitolato:

CORONACHECK: IL FACT-CHECKING FATTO COME SI DEVE – Paolo Papotti

Il video, che dura 25 minuti, è interessante. Il dottor Papotti dice tante cose interessanti, il progetto che presenta è qui, la versione in italiano mi è parsa piuttosto limitata, ma esiste sia in francese che in inglese. Sicuramente un’ottima risorsa nelle lingue in cui è più completa. Credo che potrei stare a chiacchierare con Papotti a lungo. Ma allora perché ne parlo su BUTAC? Beh, prima di tutto per dare visibilità al suo progetto che trovo iniziativa lodevole. Ma la ragione principale per cui ne parliamo sono le premesse all’intervista che vengono fatte da Edoardo Gagliardi di ByoBlu, ve le riporto in forma testuale:

In questo video parliamo di fact-checking, di cosa si tratta? Essenzialmente si tratta di verificare la veridicità o meno di alcune affermazioni su alcuni fatti. Ora, in Italia, purtroppo, il fact-checking è ad appannaggio di alcuni debunker che sono effettivamente il braccio della politica. Ecco perché in Italia nel nostro paese il concetto di fact-checking non è sempre visto in maniera neutra. Però ci sono nel mondo anche scienziati che si occupano di questa cosa e quindi significa che il fact-checking è qualcosa di essenziale, di interessante e non solamente qualcosa di malvagio.

Da qui in poi il video parte con l’intervista a Papotti, che ben si guarda dal condividere quanto sia stato detto nella premessa. Ma quella premessa è alla base dell’intervista. Con quella premessa Gagliardi ha dato l’impronta a tutti i 25 minuti di video.

In pratica si dice che i fact-checker sono importanti nel mondo, eccetto quelli italiani, pagati dai partiti politici. Sarebbe interessante portare almeno una singola prova di quanto si afferma, ne basterebbe una. Una che deve dimostrare, senz’ombra di dubbio, che i debunker italiani ricevano soldi dalla politica. O che siano appunto “qualcosa di malvagio”. E invece le accuse mosse da ByoBlu e dai suoi accoliti, come sempre, al massimo si basano sul nostro aver risposto – a titolo gratuito, e se qualcuno ha una prova del contrario la faccia vedere al mondo una buona volta – all’invito di Laura Boldrini quando era presidente della Camera.

Vedete, non è così difficile: l’Italia è una democrazia, quando qualcuno vince le elezioni viene messo a guidare il Paese, e diventa rappresentante di tutti i cittadini, sia quelli che l’hanno votato sia quelli che non l’hanno fatto. Quando una carica istituzionale, poco conta di che partito sia, chiama dei soggetti per un aiuto (ripetiamo non pagato, nel caso del progetto #BastaBufale a cui abbiamo partecipato) non diventano collaboratori di un partito, ma della carica istituzionale. Ed è quello che facemmo io, David Puente, Walter Quattrociocchi, Paolo Attivissimo e Matteo Flora. Cercammo di dare un aiuto alla Presidenza della Camera nell’ambito delle proposte per contrastare le fake news.

L’aiuto che fu dato da noi “esperti della rete” fu proprio quello di spiegare alla Camera che agire in modalità censoria contro i disinformatori della rete sarebbe stato sbagliato. Che avremmo creato dei martiri, dando l’idea a chi li seguiva di volerli censurare per zittirli. Quanto spiegammo nei vari incontri alla Camera nel 2017 fu proprio di dire no a censura della rete.

L’esatto contrario di quello che Messora sostiene di noi da anni. La narrazione che ci vede come personaggi malvagi che vogliono mettere bavagli serve a gente come Messora, che è persino riuscito a dare intendere ai propri lettori di essere stato demonetizzato per colpa della sua presenza nella nostra Black List. Balle, balle scritte e dette a favore di pubblico, conscio che nessuno dei suoi spettatori farà mai la benché minima verifica.

Gli stessi spettatori che ogni tanto arrivano su BUTAC a chiedere da dove arrivano i soldi con cui gestisco il blog e i progetti a esso correlati. Chi mi legge da tempo sa perfettamente che BUTAC non è il mio lavoro, che è solo un’occupazione secondaria. BUTAC non è nato come sistema per guadagnare, ma come hobby, che nel corso degli anni mi ha occupato sempre più tempo, senza mai esser trasformato in un lavoro. Io ho un lavoro che mi appaga e che mi dà a sufficienza da non dovermi preoccupare. Ma Messora come fa da tredici anni a portare avanti il suo, di progetto?

Come spiega dalle pagine di ByoBlu, per tirare avanti hanno bisogno di 40mila euro al mese, 40mila, mica bruscolini. Sia chiaro i 40mila servono perché stanno mettendo a punto “delle App” che costano 20mila euro. Bene, ma gli altri 20mila? Tutti ottenuti grazie alle donazioni di semplici lettori? Vedete, anche noi abbiamo la possibilità di ricevere donazioni, come le hanno tanti siti che fanno informazione. Valigia Blu è uno dei più quotati siti senza editore di corretta informazione che ci sia in Italia. Col crowdfunding sono riusciti a raccogliere 57mila euro all’ultima raccolta fondi. 57mila euro che servono per portare avanti il progetto per un anno. 57mila euro raccolti grazie alle donazioni di circa 2mila follower. Farne 40mila al mese non è cosa da tutti, sarebbe interessante vedere chi ha donato quanto e come, su ByoBlu ci dicono che a breve sarà pronta la lista dei donatori. Ma a me onestamente interesserebbe sapere come ha campato negli ultimi 13 anni, non chi ha donato il mese scorso.

In attesa delle prove che mi leghino a partiti politici e della lista di chi ha sostenuto ByoBlu negli ultimi 13 anni vi saluto, sperando di avervi dato almeno qualcosa su cui riflettere.

maicolengel at butac punto it
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