Cattivo giornalismo scientifico

CATTIVO-GIORNALISMO

Buonasera.
Oggi vi parlerò di come si possa scrivere male un articolo riguardante una piccola scoperta scientifica. Il pezzo è stato ripubblicato da “La provincia di Varese”  da un articolo originale su Plos One, in cui vengono riportati tutti i dati con una attenta analisi – ahimé – tralasciata nell’articolo finale.

Animali come figli? Lo dice la scienza

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L’articolo orginale è uno studio mirato a studiare e comprendere i circuiti celebrali intercalati nell’affettività e nel senso di riconoscimento delle relazioni personali. L’attività cerebrale di un gruppo di donne è stata studiata mediante Risonanza Magnetica Funzionale, una tecnica che permette di osservare la diversa attività dell’encefalo nel corso del tempo e l’attivazione di determinate zone in seguito a stimoli esterni ed interni.
Analizzando lo studio si osserva immediatamente che si tratta di uno studio di piccole proporzioni. Infatti, le donne arruolate nello studio sono state solo 14 e tutte di un’età compresa tra 22 e 45 anni, con almeno un figlio e un cane da due anni.
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L’esperimento è stato condotto mostrando foto in senso alternato: prima quelle dei bambini e dei loro animali domestici, successivamente quelle di altri bambini o animali a loro sconosciuti. I dati raccolti restano interessanti: si è osservata l’attivazione di circuiti cerebrali tra loro intercalati nel caso di foto rappresentanti il proprio figlio o il proprio animale domestico, cosa che non avveniva con le altre foto. Inoltre, le sensazioni e le aree attivate nei confronti di foto conosciute erano sovrapponibili nel caso che si trattasse del proprio figlio o del proprio cane.
Questo pone le basi per comprendere dove nascano emozioni complesse e fino ad oggi sconosciute nei meccanismi fisico-chimici che le rappresentano.
Il perché di questa lunga e complessa spiegazione è semplice: non ho nulla contro l’autore di questo articolo, ma si vede lontano un miglio che è stato scritto da qualcuno che non ne mastica di scienza. Potrebbe sembrare giusto che si sia prodigato per “portare a casa la pagnotta”, come si suol dire, ma in realtà ha solo buttato benzina sul fuoco.
Il problema è insita nel modo in cui questi articoli – e, se non la maggioranza, almeno parte della divulgazione scientifica al giorno d’oggi – vengono presentati al pubblico. Non c’è passione per la scoperta di sé, fatto legittimo, ma solo per la sciocchezza che incuriosisce. Per suscitare l’attenzione del pubblico, nell’articolo si parla di cagnetti vestiti per l’inverno, di statistiche commissionate da Frontline – marca di prodotti per animali domestici – su quanto tempo si passi a parlare con i propri animali. Una ricerca senza alcuna validità, ma dal mero scopo promozionale; l’equivalente dell’unione fra Novella 2000 e un libro di scienze delle medie.
Si arriva a mischiare acqua e fango e quello che ne viene fuori è un limo di qualità pessima, ma il problema non è in primis della giornalista che, a modo suo, non eccelle, quanto del livello culturale scientifico medio in Italia, a livelli assurdamente bassi. E che dire della giungla di giornali e siti Internet che fanno guerra a colpi di click… ma questo è un altro discorso.
In un articolo come questo, io ci vedo il terreno fertile per il primo truffatore che decide di vendere acqua sporca spacciandola per la panacea di tutti i mali. A quel punto, il danno è fatto.
A presto,
PA
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