Concorsi aperti a corrotti e condannati

Alle volte mi sento un po’ preso per i fondelli, e vorrei tutti ci guardassimo attorno con attenzione quando leggiamo articoli riportati senza le fonti che ci permettano di verificarli.

Su Fanpage appare un articolo che titola così:

Agenzia delle entrate apre a corrotti e condannati: una norma per i concorsi dei dirigenti

L’articolo parte dalla denuncia di alcuni appartenenti al Movimento 5 Stelle, denuncia che ultimamente sta girando molto in versione video, perché la pigrizia è tanta e di leggere hanno tutti poca voglia; ma sul blog del Movimento ne viene riportato il testo.

Con un decreto interministeriale firmato da Padoan e Madia, scoperto dal MoVimento, si consente di aprire i nuovi concorsi per la dirigenza di questi enti strategici a:

“coloro che abbiano riportato sentenze penali di condanna ancorché non passate in giudicato o di patteggiamento … e a dare un punteggio maggiore a chi è già in carica magari proprio perché nominato”.

Uno scandalo. Ma questa vergogna non sarebbe legittima nella pubblica amministrazione e allora ecco il secondo passaggio. Al senato stanno approvando la riforma degli enti fiscali, con la quale i partiti sostanzialmente vogliono tirar fuori l’agenzia delle entrate e delle dogane dal perimetro della pubblica amministrazione.

Sul blog di Grillo non ci viene detto di quando sia il decreto di cui parlano, e ovviamente esso non viene linkato da alcuna parte. Fanpage per fortuna ci viene in aiuto, spiegando che la norma di cui parlano si trova all’art. 2 comma 6, questo mi ha permesso di restringere il campo della ricerca e arrivare al decreto in esame. Vediamo insieme cosa dice l’art.2 comma 6:

L’agenzia che bandisce il concorso può procedere, in ogni momento della procedura, con atto motivato all’esclusione dei candidati che abbiano riportato sentenze penali di condanna ancorché non passate in giudicato o di patteggiamento, diverse da quelle per le quali è ammesso il beneficio della sospensione condizionale della pena ai sensi dell’art. 167 c.p., tenuto conto dei requisiti di condotta e di morale necessari per svolgere le funzioni di dirigente, nonché del tipo e della gravità del reato commesso.

Che non sono proprio le parole che riporta Fanpage (e la cosa mi fa venire il dubbio che Annalisa Cangemi, che firma l’articolo, non abbia nemmeno fatto lo sforzo di cercare il testo di cui sta parlando, e questo è grave a sua volta). Su Fanpage la frase viene riportata come sul blog pentastellato, senza la parte che vi ho evidenziato in grassetto qui sopra:

Nel decreto interministeriale del 6 giugno scorso voluto dalla Madia e da Padoan, sulle prove concorsuali per le Agenzie fiscali, riscossione e dogane, all’articolo 2 comma 6, c’è scritto che potranno partecipare “Coloro che abbiano riportato sentenze penali di condanna ancorché non passate in giudicato o di patteggiamento, diverse da quelle per le quali è ammesso il beneficio della sospensione condizionale della pena”. Restano fuori solo coloro che abbiano ricevuto la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.

Io non sono un politico, non sono un burocrate, ma a me la frase  omessa non mi suona come un aprire i concorsi a, ma dare la possibilità all’agenzia di escludere possibili candidati, motivandone le ragioni; cosa che prima non era esplicitata nella stessa maniera. Come si può vedere su diritto.it dell’argomento si parlava già nel 2013, e le conclusioni riportate sono:

<<In applicazione di tale principio la giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 dicembre 2011, n. 6494) ha posto in rilievo che – stante la presunzione di non colpevolezza dell’imputato fino alla condanna definitiva, sancita dall’art. 27, comma 2, Cost. – la regola generale in materia di concorsi pubblici preclude la partecipazione di coloro che siano esclusi dall’elettorato attivo politico e coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione (art. 2 del T.U. n. 3/1957 e art. 2, comma 3 del d.P.R. n. 487/1994), non essendo di per sé rilevante la mera pendenza di un procedimento penale, salve regole specifiche di singoli ordinamenti>>. Sono norme di stretta interpretazione non soggette ad estensione analogica (CDS sez. IV 4356/09). Non sono, perciò, opponibili i requisiti di moralità e di condotta incensurabile introdotti dalle norme per l’accesso alla magistratura, stante la delicatezza delle << competenze istituzionali in materia di polizia e di giustizia >> svolte dal personale dell’AGE. In breve il combinato disposto dell’art. 2 comma V DPR 487/94 , 2, comma II, L b-bis, DLgs 160/2006 e 68 L.150/09 deve essere interpretato nel senso che è possibile negare la partecipazione ad un concorso solo a chi ha riportato una condanna penale definitiva, tanto più che i procedimenti disciplinari contro i pubblici dipendenti possono essere azionati solo dopo di essa. Inoltre ai sensi degli artt. 3 L.241/91 e 2 comma V DPR 487/94 questa esclusione deve esser ampiamente motiva, non essendo sufficiente un mero riferimento alla delicatezza delle funzioni dell’AGE od alla <<gravità dei fatti>>, perché verrebbe inficiata la finalità dell’art. 2.5 del bando che rapportava << la rilevanza di tali fatti a quelli già accertati con “sentenze penali di condanna ancorché non passate in giudicato o di patteggiamento”>>.

Le vedete le norme citate? In particolare il “combinato”, sono tutte norme esistenti in contemporanea dal 2009, le altre più vecchie, tutte norme che insieme già dicevano le stesse cose ribadite dal decreto interministeriale di giugno 2017 a cui si fa riferimento. Quindi la colpa non è di Padoan e Madia, che nell’ottica di semplificazione per la pubblica amministrazione hanno solo esplicitato in maniera più diretta qualcosa di già presente nelle norme, ribadendo che la stessa agenzia, volendo, può scegliere di escludere dei candidati dal concorso, ovviamente motivandone la scelta in maniera estesa.

Non so, continuo a sentirmi preso per il sedere, ma probabilmente sono io che non capisco.
maicolengel at butac punto it
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