Correggere la storia

correggere

Durante il weekend alcuni amici in rete avevano portato alla mia attenzione il fatto che alcuni articoli di una testata giornalistica con cui BUTAC ha collaborato spesso in passato erano svaniti. Nulla che riguardasse BUTAC (o meglio magari anche sì, vedrete dopo il perché) ma gli articoli a cui si faceva riferimento erano in particolar modo due:

Quando gli animalisti attaccano gli allevatori

e

Che fine hanno fatto le cavie “liberate” dal Dipartimento di Farmacologia di Milano?

Due articoli entrambi pro-sperimentazione animale, nati su Giornalettismo per merito di giornalisti che queste storie avevano voglia di raccontarle. Articoli a cui altri blog fanno riferimento da tempo, ma che oggi sono svaniti dal web. Il dubbio iniziale era che fosse in atto una specie di censura contro la sperimentazione animale, complice anche un cambio alla direzione della testata. La prima cosa che ho fatto è stata quella di andare sul sito di Giornalettismo, inserire sperimentazione animale nel campo di ricerca e trovare ancora tanti articoli in difesa della stessa: l’ipotesi “censura” perde consistenza, ma come mai quegli articoli non sono più lì? Sono scomodi? Davano fastidio a qualcuno? No, o meglio non si direbbe. Ma in realtà le cose non sono proprio così, gli articoli in questione, insieme a molti altri, sono svaniti dal web non per particolare schieramento ma per cambi editoriali. Giornalettismo faceva parte della scuderia Banzai Media, come raccontava Marco Esposito nel 2016:

Qualche novità su Giornalettismo, la testata che dirigo da due anni e mezzo. Da qualche giorno Giornalettismo ha un nuovo socio di maggioranza, Nexilia. Banzai, il nostro vecchio editore, mantiene il 30% della testata. Non una sorpresa, dopo l’acquisizione da parte di Mondadori di molti siti di Banzai Media, con l’esclusione di quelli di news.

Fu un momento non facile quello per noi.

Non ci siamo fatti scoraggiare e abbiamo raddoppiato le energie. Grazie alle disponibilità di Banzai di Andrea Santagata e di Paolo Ainio, abbiamo iniziato un lungo cammino fatto di sacrifici e sudore, che ha permesso a Giornalettismo di continuare a lavorare con la massima tranquillità possibile.

Nel passaggio editoriale molti tra gli articoli meno letti sono svaniti nel limbo del web. Non più indicizzati da Google, per l’utente normale è come se non fossero mai esistiti, se si eccettuano le citazioni all’interno di altri siti. In realtà, e per fortuna, esistono servizi come Internet Archive che con la sua Wayback Machine ci permette di ritrovare l’articolo sulle cavie; l’altro articolo invece risulta presente su Google books, dove è possibile leggerne il testo integrale.

Ma perché degli articoli vengono cancellati? Le ragioni possono essere molteplici, ha più appeal una testata che ha molti articoli molto letti, piuttosto che moltissimi ma in media letti decisamente di meno. Come editore che compra una nuova testata sono più portato magari a rifarla da capo se non ritengo che il materiale abbia sufficiente richiamo, eliminando a quel punto davvero tutto, è un suo diritto. Invece cancellare gli articoli meno letti, e lasciare solo tutto quanto è stato in quale momento più virale permette alla testata di guadagnare appetibilità senza bisogno di dover ripartire davvero da zero. Vi faccio un esempio sciocco: BUTAC ha oltre tremila articoli pubblicati, un buon 5% è letto meno di cento volte all’anno, pezzi vecchi le cui bufale non hanno mai ricircolato, articoli dedicati ad altro, editoriali per particolari traguardi; non se li fila più nessuno. Se li cancellassi tutti perderei pochissime visite sul totale annuale, ma in media i miei articoli sarebbero più letti, anche ai fini pubblicitari sarei più interessante. Ma se nelle intenzioni del vecchio editore c’è un evidente tentativo di salvare la testata in quanto tale, per l’editore nuovo non c’è nulla di male a ripartire da zero mantenendo solo il brand. Perché un editore non si rende conto che se un articolo tratta un particolare caso di cronaca relativo ad una situazione ben più complessa la sua scomparsa equivale a far svanire i fatti. Non può saperlo. Non ci pensa. Non si rende conto che i siti che fanno news oggi sono le basi di alcuni libri di storia di domani, cancellare un qualcosa di questo genere è come riscrivere la storia stessa. In questo caso particolare entrambi gli articoli risalgono al 2013, nel 2016 scompaiono. Ce ne accorgiamo nel 2017, e probabilmente nel 2020 ci saremo scordati della loro esistenza, e di quello che raccontavano. Questo non va bene.

Internet Archive

Ed è per questo che sia lode a servizi come Internet Archive, che su segnalazione dei lettori salva url internet esattamente come le vediamo oggi; se c’è un articolo molto bello che avete letto e non volete che la rete lo dimentichi, su Internet Archive potete segnalare l’indirizzo url, e dopo aver verificato che non esista già in archivio potete salvarne una copia tale e quale all’originale. Se lo stesso venisse modificato Wayback continuerebbe a conservare la versione che avete visto voi. Avevo già tentato di spiegare per cosa serve, in particolare ai demistificatori, che spesso cercano articoli oggi svaniti (come in questo caso), a volte devono preservare un articolo per come è stato trattato per evitare che gli sbufalati facciano finta di nulla e lo modifichino a posteriori. Non è un sistema perfetto, c’è un lungo e interessante articolo su Forbes che spiega alcune delle sue criticità, ma non racconta da alcuna parte che chiunque può segnalare singole pagine che si vuole vengano preservate. E sarebbe ora che lo cominciassimo a fare in tanti. lo dico da tempo, vanno supportati, è grazie a loro (e ai lettori più attenti) se si salvano alcune pagine web. Come spiegava quest’anno Brewster Kahle, fondatore e bibliotecario digitale:

The Internet Archive is a non-profit library with a huge mission: to give everyone access to all knowledge.

…In the Wayback Machine, we’re saving 750 million Web pages each week. People download 20 million books on our site each month. The key is to keep improving—and to keep it free.

The Internet Archive is a non-profit library built on trust. Reader privacy is very important to us, so we don’t run ads that track your behavior. We don’t even keep your IP address. But we still need to pay for the increasing costs of servers, staff and rent.

Che tradotto:

The Internet Archive è una biblioteca senza scopo di lucro con una missione enorme: dare a tutti l’accesso a tutte le conoscenze…

Nella Wayback Machine salviamo ogni settimana 750 milioni di pagine web. La gente scarica 20 milioni di libri sul nostro sito ogni mese. La chiave è continuare a migliorare e mantenerlo libero.

L’archivio di Internet è una biblioteca senza scopo di lucro costruita sulla fiducia. La privacy dei lettori è molto importante per noi, quindi non vengono pubblicati annunci che tracciano i tuoi comportamenti. Non registriamo nemmeno il tuo indirizzo IP. Ma dobbiamo comunque pagare i crescenti costi per i server, lo staff e la sede.

BUTAC da tempo con una piccola donazione supporta The Internet Archive, come facciamo con altri servizi che seppur gratuiti riteniamo essenziali per la rete internet attuale. Internet Archive è con la rete da vent’anni, merita il nostro supporto.

maicolengel at butac punto it
Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon o su PayPal! Può bastare anche il costo di un caffè!