Dente di gatto?

Ciaooo! Rieccomi qua. Sul web girano ora queste foto.

dentegatto

Queste foto potrebbero anche essere vere: la signora potrebbe anche aver trovato un dente nella lattina di bocconcini per la sua Nina. La legge però parla chiaro: la Comunità Europea stabilisce che gli alimenti per animali da compagnia derivino da materiali di categoria 3 (art. 35 reg. CE 1069/2011) diversi dai materiali di cui all’art. 10, lettere n), o) e p);

Nell’articolo 10 del succitato regolamento si trova la definizione di materiali di categoria 3. Di solito per preparare questi bocconcini viene utilizzato quanto definito alla lettera a):

carcasse e parti di animali macellati oppure, nel caso della selvaggina, di corpi o parti di animali uccisi, dichiarati idonei al consumo umano in virtù della normativa comunitaria, ma non destinati al consumo umano per motivi commerciali.

Tutto ciò che è presente nelle altre due categorie (artt. 8 e 9) non può entrare nella composizione dei mangimi degli animali da compagnia. In particolare:

a) corpi interi e tutte le loro parti, incluse le pelli, degli animali seguenti: […]
iii) animali che non sono né animali d’allevamento né animali selvatici, come gli animali da compagnia, gli animali da giardino zoologico e gli animali da circo;

Quindi quel dente non può essere di gatto, né di cane.

Sul sito Gente Con le Palle Quadre si è ipotizzato anche che possa essere stato messo nella scatoletta da un dipendente sabotatore o scontento: dati i processi di fabbricazione, sembra impossibile che il dente sia rimasto intatto dopo tutti i giri tra mixer, estrusori, cutter e macchinari vari. Rimane però il dubbio su come il dipendente sia riuscito a inserire il dente nella scatoletta. Per farvi capire perché, mi vedo costretta a spiegare come vengono prodotti gli alimenti per animali.

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Le materie prime vengono inserite all’interno di una coclea per essere miscelate. Tale miscela viene inviata a un mixer, un gigantesco tritacarne come quello dei macellai, ma molto più grande e con maglie molto più fini; da qui viene inviato a un estrusore, il quale genera uno strato dalla consistenza simile a quella di un paté.
Lo strato viene distribuito uniformemente su un nastro e trasportato all’interno di un cuocitore a vapore, lungo qualche decina di metri. Di solito, all’ingresso del cuocitore c’è un cutter che taglia questo strato in dadini, più o meno grandi e regolari a seconda delle richieste – bocconcini, straccetti, sfilaccetti, falde…). Finito il viaggio nel vapore, i pezzi vengono trasportati verso una riempitrice, una macchina che riempie le lattine dosando sia i bocconcini sia la salsina. La macchina riempitrice è immediatamente seguita dall’aggraffatrice, che inserisce il coperchio della lattina, la sigilla e imprime sul fondo lotto, scadenza e stabilimento di produzione. Le lattine viaggiano verso i cestoni multistrato, i quali saranno inseriti in gigantesche autoclavi per la sterilizzazione.

Di solito, proprio per evitare che nulla possa accidentalmente finire all’interno delle lattine, tutti questi passaggi sono “chiusi”. Questo non impedirebbe comunque a un manutentore scontento del suo lavoro, oppure voglioso di sabotare la ditta per cui lavora, di aprire i macchinari durante la manutenzione ordinaria e inserirvi corpi estranei.

PalleQuadre ipotizza che sia il dente di un mustelide, ovvero un animale da pelliccia, ma gli animali da pelliccia non compaiono tra quelli citati nell’art. 10 del Reg. CE 1069/2011. Questo per quanto riguarda la possibilità che un corpo estraneo sia finito nella lattina, che reputo comunque molto remota. 

Voi non ci crederete mai, ma quello della mangimistica è un mondo pieno di leggi, codici e regolamenti quasi più complicati e numerosi di quelli per l’alimentazione umana. La UE non fa distinzione, nella maggior parte dei casi, tra mangime destinato ad animale da reddito e mangime destinato ad animale da compagnia. La legislazione che tutela gli animali da reddito è ultrarestrittiva ed è volta a tutelare il consumatore finale. Qui la parte diventa molto tecnica, perciò vi chiedo di prestarmi attenzione.

Leggendo l’etichetta, si vedono chiaramente gli ingredienti “manzo” e “coniglio”, ma immagino ci siano anche ortaggi oppure verdure. Non ho sottomano l’etichetta, ma negli ingredienti potrei leggere sicuramente una percentuale di carne e derivati, di cui manzo 4% e coniglio 4%. La percentuale di carne e derivati non è obbligatoria, mentre quella degli ingredienti lo è per legge e non può essere inferiore al 4% (Reg. CE 767/2009 art. 25, Codici comunitari di buona pratica in materia di etichettatura)

  1. La Commissione incoraggia la messa a punto di due codici comunitari di buona pratica in materia di etichettatura (i codici), uno per gli alimenti per animali da compagnia e l’altro per i mangimi composti per animali destinati alla produzione di alimenti, che può comprendere una sezione riguardante i mangimi composti destinati agli animali da pelliccia.
  2. I codici sono volti a migliorare l’adeguatezza dell’etichettatura. In particolare, essi contengono disposizioni relative alla presentazione delle indicazioni di etichettatura di cui all’articolo 14, all’etichettatura facoltativa di cui all’articolo 22 e all’utilizzo delle allegazioni di cui all’articolo 13.

All’interno di questi codici si trovano le prescrizioni per una corretta etichettatura, onde evitare di trarre in inganno il consumatore. Per quanto riguarda il resto delle carni e derivati presenti nel prodotto, possiamo dire che quando compare la dicitura “carni e derivati”, questa si riferisce a “tutte le parti carnose di animali terrestri a sangue caldo macellati, fresche o conservate mediante opportuno trattamento […]” (Dir CEE 475/82). Se invece compare la dicitura “Sottoprodotti di origine animale”, questa si riferisce ad “Animali terrestri a sangue caldo o loro parti, freschi, congelati, cotti, etc. (Reg UE 68/2013). Anche se sembrano definizioni completamente diverse, in realtà indicano praticamente la stessa cosa.

Tra i sottoprodotti di origine animale rientrano anche le frattaglie (fegato, trippe, reni, cuori, milza) che non rientrano nella definizione di “carne” (muscolo scheletrico e diaframma). Gli animali maggiormente usati sono pollo, tacchino, manzo, maiale, anatra. Nelle scatolette non ci finiscono peli, ossa, piume, occhi, cervella, zoccoli, denti, becchi e simili; non ci finiscono gatti, cani, topi. L’unica analisi che permetterebbe di scoprire quali animali siano presenti lì dentro è quella del DNA. Oltre ad essere molto costosa, rivelerebbe la presenza di manzo, coniglio e altri animali, ma certamente non di cane o di gatto.

Il Reg. CE 1069/2011 stabilisce che i prodotti di origine animale destinati alla produzione di alimenti per animali da compagnia sono della stessa qualità di quelli destinati al consumo umano, ma non finiscono nei nostri negozi per motivi prettamente commerciali. Alla luce di tutto questo, che vantaggio avrebbe un produttore di petfood a produrre con materie prime scadenti, o a cercare di avvelenare/strozzare il suo consumatore finale, o a colpire negativamente il proprietario del consumatore finale? La concorrenza è agguerrita, le ditte che producono petfood sono tante. La COOP ci metterebbe 3 secondi netti a trovarsi un’altra ditta… non trovate?

Qualunque cosa sia, mi sento sicura di affermare che quel dente non appartiene assolutamente a un gatto. Dare la colpa al marchio o scrivere un post in cui traspare questo tipo di messaggio è solo controproducente.

Thunderstruck