Il Don Giovanni rispettoso di Erdogan

DONGIOVANNI-TURCHIA

MADAMINA, LA BUFALA È QUESTA

Sul Fatto Quotidiano del 29 aprile, in mancanza evidentemente di notizie più importanti, si dà risalto alla censura che verrebbe praticata dalla Komische Oper di Berlino al testo del Don Giovanni di Mozart:

Una volta erano gli Asburgo, i Borbone, la Chiesa di Roma o ancora i francesi: oggi sono i turchi di Erdogan. Ma non in Turchia, in Germania. Così a 228 anni dalla sua prima assoluta il Don Giovanni, capolavoro di Mozart, viene censurato. A finire incriminata è l’aria di Leporello, il celeberrimo Catalogo, quello nel quale il fido servitore del Don Giovanni va elencando a Donna Elvira le mirabolanti conquiste sessuali del padrone: “Madamina, il catalogo è questo, delle belle che amò il padron mio”. E giù a elencare le nazionalità, con relativi numeri, di tutte le signore e signorine, “contesse, baronesse, marchesane e principesse” che l’affascinante Don Giovanni ha predato in giro per il mondo.A quanto pare però, secondo quanto racconta Italia Oggi, i vertici del teatro della Komische Oper (terzo teatro d’opera di Berlino) hanno ritenuto opportuno far eliminare, tra le tante di ogni Paese ed estrazione sociale, proprio le turche: “In Italia seicento e quaranta, in Alemagna duecento e trentuna, cento in Francia, in Turchia novantuna”.

Ma le turche sono diventate all’improvviso persiane, perché “l’affronto” non avrebbe forse fatto piacere a Erdogan,che ha già querelato un comico tedesco per una battuta con relativo processo autorizzato dal governo tedesco. Certo è però che, come sempre accade negli episodi di censura, a sottendere e a motivarli, come anche in questa ridicola occasione che ha comportato lo stravolgimento del libretto di Lorenzo Da Ponte, siano questioni di opportunità politica. Non solo la Germania ci sono 3 milioni di turchi, ma Ankara è in continuo rapporto con Bruxelles per gestire insieme i flussi migratori, diventati uno dei temi principali di divisioni all’interno dell’Unione Europea (con conseguente esborso di cifre di denaro).

La Komische Oper di Berlino ha dunque deciso di optare per uno stile, per usare un eufemismo, più accomodante, non andando in alcun modo a urtare la sensibilità del presidente turco ma sfregiando al contempo un’opera già ampiamente ridicolizzata non solo dalle scelte di regia, che, per acchiappare probabilmente maggior pubblico possibile, ha voluto una messinscena in chiave erotica, ma anche dalla traduzione del libretto dall’originale italiano al tedesco, nefasta abitudine dell’Opera berlinese.

La censura, certo, non stupisce più di tanto il mondo dell’opera, che nei secoli ha dovuto sopportare spesso questa “consolidata tradizione”. La Norma di Vincenzo Bellini ad esempio si vide addirittura cambiare il titolo nei teatri papalini, in quanto l’originale era termine usato nel diritto canonico. A venire però ampiamente onorate da ogni genere di attenzione censoria, più di tante altre, furono le opere di Giuseppe Verdi: dagli Asburgo al Papato fino ai Borbone non vi fu regnante che non abbia messo mano alle opere del cigno di Busseto, setacciando ogni singola riga dei libretti dei vari Piave, Cammarano e Solera. Rigoletto è caso emblematico per eccellenza: lunghe ed estenuanti furono le contrattazioni con la censura austriaca per la prima assoluta del 1851 al Teatro La Fenice di Venezia.

Alla fine se ne uscì vivi (o quasi) con un accordo costituito da ben sei clausole che prevedevano, tra le varie ed eventuali, la trasposizione dell’azione scenica dalla Francia di Francesco I alla corte del Ducato di Mantova, al tempo non più esistente, entrando addirittura nel merito delle singole scene e modificandole a seconda delle esigenze e della “sensibilità” governativa. Cose a dispetto delle quali le turche di Mozart e Da Ponte sembrano davvero poca roba. Ma che succedevano oltre 150 anni fa.

Fonte di questa perla è un articolo di tre giorni prima apparso su Italia Oggi, nel quale si dicono sostanzialmente le stesse cose e si ipotizza che l’adattamento, oltre che per non dispiacere a Erdogan, dipenda dal fatto che in Germania vivono tantissimi turchi e pochi iraniani e che forse, se venisse rappresentata la Carmen di Bizet, la protagonista per rispetto verso i Rom sarebbe tramutata da gitana a siciliana…

Inutile dire che Erdogan non c’entra assolutamente niente.

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Come viene tra l’altro evidenziato dall’articolo del Fatto, in Germania (e non soltanto lì) si ha l’abitudine di tradurre i testi dei libretti d’opera in tedesco, cosa questa che fino a pochi decenni fa era normale anche da noi: basti pensare, ad esempio, al bellissimo libro Mai devi domandarmi di Natalia Ginzburg, il cui titolo è un verso del wagneriano Lohengrin che veniva tradotto e cantato abitualmente in italiano senza che nessuno se ne avesse a male.

Come risulta dal completissimo sito Opera Guide, infatti, esistono ben tre versioni del Don Giovanni: oltre all’originale italiano del Da Ponte, c’è la traduzione tedesca che recita:

In Italien sechshundertundvierzig,

Hier in Deutschland zweihundertunddreissig,

Hundert in Frankreich und neunzig in Persien,

Aber in Spanien schon tausend und drei.

e quella inglese dove addirittura non si parla né di Turchia né di Persia:

Here is Italy, six hundred and forty,

France is down for five hundred and twenty,

Only two hundred the Rhineland supplied him,

But mark the climax, Spain has already one thousand and three.

Ovviamente questi cambiamenti sono resi necessari dalla differente metrica delle varie lingue, e non da motivi politici o di convenienza.

Un’ultima considerazione.

Viene criticata, in entrambi gli articoli, la messinscena in chiave erotica e comica del capolavoro mozartiano. Ora, per quanto chi scrive non capisca la necessità di truccare Don Giovanni come il Joker di Batman, c’è da dire che si tratta di un “dramma giocoso” e non di una tragedia a fosche tinte: la versione originale finisce, dopo la discesa agli inferi del seduttore, con un concertato in cui tutti gli altri personaggi tornano in scena, festeggiano, si corteggiano, e cantano una sorta di “morale della favola”, dando alla conclusione dell’opera un tono allegro e spensierato.

Per quanto non si apprezzino molto certe riletture esagerate, va ricordato che Mozart aveva un carattere allegro e burlone e amava gli scherzi, basti pensare al suo epistolario che da poco è stato pubblicato, dove una delle frasi più castigate è “Ieri ascoltammo il re scoreggione / Era dolce come torrone / E benché non fosse granché in voce / Rumoreggiava in modo atroce”.

Wolferl non si sarebbe certo avuto a male di una versione un po’ più “libera” del suo capolavoro.

Fonti:

Komische Oper Berlin

Italia Oggi

Il Fatto Quotidiano

Le lettere di Mozart alla cugina

Lady Cocca

In contemporanea all’articolo di Lady Cocca ci era arrivata una mail che da sola in poche righe sbufalava il tutto, diamo a Cesare quel che è di Cesare (anzi di Domenico), e riportiamo qui la mail in questione:

Il link è di per sé esplicativo, ma l’articolo merita una lettura per quanto è roboante. Un utente commenta:
“Incuriosito da questa notizia, e per mia passione personale, ho fatto un po’ di ricerche e, purtroppo, devo constatare che l’autore di questo articolo non ha approfondito abbastanza creando un caso ad arte. Innanzitutto, questa notizia non è presente in nessun altro giornale (anche in lingua tedesca) se non qui, su FQ.
L’autore dell’articolo dovrebbe sapere che spesso alcune opere vengano cantate non con il libretto originale (specialmente se si parla di opera in lingua italiana) ma con traduzioni in inglese, francese e tedesco. Questa pratica si è andata perdendo nel tempo ma è comunque comune in determinati teatri (per esempio all’English National Opera di Londra e, per l’appunto, alla Komische Oper di Berlino). Si faceva in passato anche in Italia per opere cantate in lingua straniera come Carmen, Il flauto magico e quelle di Wagner.
Sono riuscito a trovare un libretto in tedesco per il Don Giovanni:
http://gutenberg.spiegel.de/buch/don-giovanni-3760/1La traduzione in tedesco, probabilmente per ragioni di metrica, è sempre stata Persia.
Ecco la prima parte di quest’aria stupenda (in tedesco):
Leporello:
Schöne Donna, dies genaue Register,
Es enthält seine Liebesaffären;
Der Verfasser des Werks steht vor Ihnen,
Wenn’s gefällig, so gehn wir es durch.
In Italien sechshundertundvierzig,
Hier in Deutschland zweihundertunddreißig,
Hundert in Frankreich und neunzig in Persien,
Aber in Spanien, ja, in Spanien
Schon tausend und drei”.
In questa maniera tutto l’impianto dell’articolo viene a crollare. Al di là di quello che si può pensare del rapporto fra Turchia e UE, questo articolo sembra solo buttare inutilmente carne al fuoco.
Domenico S.
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