Due pesi, due misure Vol. 2

Mi è già capitato di trattare meme come quello che segue. Meme dove si parte da un paragone tra due fatti differenti fra loro per spingere l’indignazione. Diffondere indignazione è come buttare benzina sul fuoco: si tratta di post che, pur non bufala, andrebbero regolarmente rimossi dai social network. Chi li condivide non fa bella figura. Non siamo di fronte a una bufala, lo dico qui e lo ripeto più in basso, perché siete tanti a non leggere o a non comprendere il senso di certi articoli, ma sicuramente è colpa mia.

Oggi il web ci regala un meme che dice:

Non è una bufala, Mauro Pelella (italiano), fa il suo lavoro uccidendo due rapinatori: 11,4 anni di carcere e lavoro tolto. Remi Nikolic (rom) uccide volontariamente un vigile da sopra un SUV rubato: gli regalano una borsa lavoro presso la Scala di Milano.

Nessuno dei due fatti così raccontati è una bufala, ma siamo di fronte a un classico caso di manipolazione fatta ad arte. Chi condivide questi meme ha studiato per comunicare al meglio il messaggio che vuole far passare con tutto il suo sottotesto. Ovviamente ognuno di noi simpatizza per l’italiano visto come vengono raccontate le due storie, ma ritengo sia opportuno riportare i particolari omessi dal meme, particolari che non trasformano i fatti in bufale, ma possono dare ulteriore chiave di lettura per chi ha voglia di riflettere, e non solo di indignarsi.

È vero che l’italiano è stato condannato, ma la ragione è che ha ucciso due soggetti in fuga.

Come riportava Quotidiano.net:

 …il vigilante freddò Otello Astolfi, 62 anni di Ravenna, e Ivan Alpignano, 38 anni di Caselle Torinese. I banditi erano appena usciti dalla Cassa rurale e artigiana a Quinzano con in spalla un bottino di oltre diecimila euro. Avevano appena rapinato la banca e correvano verso la Fiat Bravo su cui li attendeva uno dei due complici. Fu in quel frangente che il portavalori con a bordo Pelella e un collega si imbattè nei due, incrociandoli nel vicolo. La guardia scese e iniziò a sparare all’indirizzo dell’auto, esplodendo un caricatore con 15 colpi. Astolfi e Alpignano furono raggiunti in pieno dai proiettili.

Ha ucciso due rapinatori italiani che erano in fuga da una banca – lui nemmeno lavorava per la banca, è un vigilante per una compagnia portavalori – senza che nessuno dei due avesse un’arma e lo stesse minacciando. Scendendo intenzionalmente dal furgone portavalori su cui si trovava (immagino un blindato) e facendo fuoco per 15 volte. Onestamente, se accettiamo che la legge è uguale per tutti, dobbiamo anche accettare che non si può sparare a dei rapinatori disarmati in fuga, e che non può quindi esistere altra conclusione ai fatti: se l’avessero scagionato saremmo nel Far West. Anche il “lavoro tolto” in un caso del genere è normale: le compagnie portavalori hanno requisiti di comportamento piuttosto rigidi sia per quanto riguarda l’abbandono del mezzo che è stato affidato al vigilante, sia per quanto riguarda l’uso delle armi in servizio, ed evidentemente la compagnia ha stabilito che Pelella, dopo questo episodio, non fosse un lavoratore adatto alle loro esigenze.

Dall’altra parte invece abbiamo un’altra morte evitabile, causata da un minorenne, Remi Nikolic. Quando ha ucciso il poliziotto della municipale era minorenne, ha scontato 5 anni in detenzione nel carcere minorile e nel 2017 è stato affidato in prova ai servizi sociali, nel tentativo di recuperare un soggetto che ha avuto una vita segnata. Nikolic, come spiega la Repubblica:

Per Nikolic, nato nel ’94 in un carcere di Parigi dove era detenuta la madre, il “fine pena” è previsto per il primo marzo 2021, “tenuto conto della liberazione anticipata”.

I giudici evidenziano che “sotto il profilo comportamentale il giovane ha costantemente mantenuto una condotta corretta ed esente da rilievi disciplinari”. Nel corso della detenzione, poi, scrive il Tribunale, il ragazzo ha iniziato “un processo introspettivo di rielaborazione del reato, mostrando un autentico bisogno di riparazione pur nella consapevolezza dell’irreparabilità delle conseguenze del suo gravissimo gesto”.
Inoltre, in una “seconda fase”, ha conseguito il diploma di scuola media inferiore e la “qualifica triennale di operatore del legno” e ha svolto in regime di lavoro esterno attività presso un’associazione teatrale, “fruendo altresì di una borsa lavoro presso i laboratori Ansaldo del Teatro alla Scala di Milano con risultati giudicati altamente positivi”.

La borsa lavoro a cui si fa riferimento nel meme è quella citata da La Repubblica, dedicata proprio a soggetti da recuperare, quindi non un qualcosa di aperto a tutti. Era organizzata da un’associazione di cui oggi non trovo più tracce in rete, quindi difficile verificare. Ma si è trattato di una borsa lavoro che si è conclusa nell’ambito dei cinque anni di detenzione. Sono tante le iniziative fatte per cercare di recuperare i detenuti, specie quelli più giovani che i magistrati ritengono idonei a una reintegrazione attiva e positiva nella società.

Da cosa dipendono i diversi punti di vista espressi nel meme? Sarà mica un evidente caso di doppio standard, in cui non contano affatto le vicende ma soltanto l’origine dell’imputato? Traete da soli le vostre conclusioni, tanto se pensate che qualcuno meriti la pena di morte e qualcun altro una pacca sulla spalla soltanto in base alla sua etnia, non sarà certo il contesto a farvi cambiare idea.

Non credo debba essere necessario aggiungere altro, nessuna bufala, due storie a loro modo tragiche, ma comunque interessanti da precisare.

maicolengel at butac punto it
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