Ebola, aggiornamento 1/10/2014: primo caso in America

 

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EDIZIONE SPECIALE
Rieccomi con un veloce aggiornamento sull’epidemia di Ebola. Questa volta non ci interesseremo della situazione in Africa Subsahariana, ma degli Stati Uniti.
È notizia di poche ore fa che il primo caso di Ebola sia stato diagnosticato negli USA. La conferma arriva direttamente dal Center for Disease Control di Atlanta il quale, insieme a un altro laboratorio nello stato del Texas, ha analizzato e confermato l’infezione da parte del virus Ebola.
Il paziente al momento è tenuto sotto quarantena; non sono state divulgate né nazionalità, né altre generalità. Tutto ciò che si sa è che il paziente è arrivato con un volo aereo dalla Liberia il 20 di settembre a Dallas, Texas. Il 27 settembre si è presentato in ospedale con sintomi generici ma molto intensi, quali dolori ossei, ipertermia, nausea, vomito e altri.
Data la sua provenienza, si è deciso di porlo subito in quarantena ed effettuare le analisi di PCR per ricercare il virus Ebola. Nel 99% si tratta di altre malattie, ma questa volta non è stato così. Attualmente il paziente è in cura presso il Texas Health Presbyterian Hospital di Dallas, in terapia intensiva.
Si tratta quindi del primo caso diagnosticato sul territorio degli Stati Uniti da quando è iniziata l’epidemia di Ebola. Le persone che hanno viaggiato con lui non devono in nessun modo temere di essersi contagiate: ricordiamo, Ebola è contagioso solo quando si manifestano i sintomi. Tutte le persone che sono entrate in contatto con il paziente sono comunque state rintracciate e sono ora tenute sotto controllo, specialmente quelle con cui ha avuto rapporti nelle ventiquattr’ore prima di recarsi all’ospedale.
Bisogna farsi prendere dal panico, comprare scatolette e rinchiudersi in un rifugio antiatomico?
ASSOLUTAMENTE NO. Era una possibilità che le Autorità sanitarie di tutto il mondo contemplano da quando è comparsa l’epidemia. Le persone in incubazione hanno la possibilità di percorrere lunghe distanze prima di manifestare i sintomi, soprattutto grazie ai viaggi in aereo. I sistemi sanitari dei paesi occidentali sono sufficientemente sviluppati e consolidati da poter creare subito un cordone di quarantena attorno a questi casi isolati, spegnendo sul nascere il focolaio epidemico.
A breve avremo maggiori informazioni su questa vicenda: potrebbero esserci altre persone, generalmente personale sanitario, che hanno contratto la malattia da questo primo paziente. In ogni caso non bisogna allarmarsi. La situazione risulta sotto il controllo diretto del Center for Disease Control, tutte le sicurezze del caso sono state messe in opera.
Al prossimo appuntamento, sperando in buone notizie.
PA