Femminicidio: riparliamone

Un piccolo post che ho scritto sui social ha dimostrato come ci sia interesse su un argomento che ci portiamo dietro da anni: il femminicidio.

La prima cosa che ritengo sia importante chiarire è la definizione di femminicidio. Riporta Wikipedia:

Il termine femminicidio o feminicidio è un neologismo che identifica i casi di omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa per motivi basati sul genere. Esso costituisce dunque un sottoinsieme della totalità dei casi di omicidio aventi un individuo di sesso femminile come vittima.

Quindi, per essere chiari: non tutti gli omicidi di donne sono considerabili femminicidio, ma solo quelli che vengono compiuti proprio a causa dell’identità di genere. Già qui abbiamo un piccolo problema, visto che praticamente tutti considerano femminicidio ogni caso in cui una donna viene uccisa. Questo non è fare informazione, ma manipolarla.

I numeri

Partiamo dall’inquadrare i dati. Per farlo useremo uno studio a livello mondiale fatto dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine. Purtroppo lo studio pubblicato è di qualche anno fa, ma i dati cambiano di poco.

Sul totale degli omicidi in Italia circa il 30% ha donne come vittime.

Ancora più curioso è guardare una delle tante grafiche presenti nello studio:

Dei tanti paesi analizzati l’Italia, come tasso di omicidi (non femminicidi specificatamente), è agli ultimi posti. Da noi in media ci sono molti meno omicidi che in altri Paesi. Mosca, e la Russia in generale, paradiso di tanti elettori italiani, sono altissime in classifica. Pare proprio che Zio Vlad non sia poi così bravo in tutto come alcuni vogliono farvi credere.

Ci raccontano Giampiero Dalla Zuanna e Alessandra Minello su LaVoce:

I dati comparativi diffusi dall’United Nations Office on Drugs and Crime (Unodc)mostrano che nel periodo 2004-15 ci sono stati in Italia 0,51 omicidi volontari ogni 100 mila donne residenti, contro una media di 1,23 nei trentadue paesi europei e nordamericani per cui si dispone di numeri ben comparabili. L’Italia ha avuto il primato del più basso tasso di omicidi di donne. Anche rispetto agli omicidi di cui è autore il partner o l’ex, il nostro paese è nella posizione migliore, con 0,23 donne uccise ogni 100 mila donne residenti, meno di metà rispetto alla media dei dodici paesi per cui si dispone di dati confrontabili.

Sono chiari i numeri? In Italia il problema omicidi di donne è inferiore a tutti gli altri Paesi per cui si dispone di dati confrontabili.

La percezione del pubblico invece è all’opposto.

Se chiedo al bar agli altri avventori cosa ne pensino la risposta è quasi sempre la stessa: “Problema grave per cui bisogna fare qualcosa”.

Identità di genere

Problema grave per cui potrebbe esistere una via giudiziaria, già percorsa in altri Paesi: inserire nel codice penale delle aggravanti se un omicidio viene commesso per motivi basati sul genere. Capiamoci, tutti gli omicidi sono immense tragedie. Ma tra la donna che rimane vittima di un tentativo di rapina, quella uccisa dai figli per l’eredità e quella uccisa dal marito insoddisfatto delle sue prestazioni come compagna ci sono differenze importanti. Sono tutte donne morte, ma solo in un caso l’identità di genere trasforma il gesto in un femminicidio. Sarebbe importante capirlo, sarebbe interessante essere capaci di valutare come vanno le cose all’estero, e invece in Italia continuiamo a fare di tutta l’erba un fascio.

Generalizzare sempre…

Il motivo per cui si generalizza così non mi è chiaro, ma so che purtroppo su questa percezione errata campano soggetti che aprono associazioni per le vittime, che raccolgono donazioni, che ricevono contributi statali, ma che in realtà non sono interessati alla problematica, vogliono solo soldi. Gentaglia, che ha trovato nei giornalisti dei complici (in buonafede vorrei sperare) nel manipolare la percezione del pubblico. Nei commenti mi viene fatto notare che generalizzo, purtroppo mi tocca per evitare querela da parte di chi è in malafede. Specifico, ci sono tantissime associazioni che fanno ottimo lavoro nel cercare di migliorare la condizione della donna. Purtroppo negli ultimi anni ne sono nate alcune (già denunciate) che invece puntano solo ai denari, rovinando l’ottimo lavoro fatto dalle altre.

Un esempio lampante di giornalisti di questo tipo viene dall’articolo di fine anno apparso su La 27Ora, comincia così:

Uccise. Da mariti, fidanzati, spasimanti… Ma anche vittime di rapinatori o di uomini semplicemente violenti, anche per motivi futili. Avremmo voluto un anno senza femminicidi.

Manipolando la percezione del lettore, perché, come candidamente ammesso, l’elenco che viene presentato non raccoglie solo femminicidi, ma tutti gli omicidi che hanno avuto come vittime delle donne. Basta sfogliare l’elenco per trovare donne uccise per rapina, donne uccise da altre donne, in 15 casi gli autori dell’omicidio o i complici sono i figli, magari per questioni ereditarie.

Ci si mette anche il governo stesso a fare confusione, basta guardare quest’articolo del 2014 che fa riferimento ai dati del 2013. Ci raccontano:

Le donne in Italia, nel 2013, sono state il 35,7% delle vittime di omicidio, 179 su 502. Omicidio che in questi casi si chiama ormai femminicidio.

Come vi ho spiegato sopra non fare distinzione tra omicidi e femminicidio è un errore grave.

L’omicidio non è maschile

Molti mi dicono: “Eh, ma è per distinguerlo da omicidio, che è quello maschile”. Ma per favore, omicidio viene da homo+cidium. Homo non è nell’accezione di uomo, genere maschile, ma di:

Homo (Linnaeus, 1758) è un genere di primati della famiglia degli ominidi, comprendente numerose specie estinte e un’unica esistente senza sottospecie: l’Homo sapiens, cioè l’uomo moderno.

Cidum invece deriva da caedo, latino, per tagliare a pezzi. Omicidio è l’uccisione di un primate della categoria Homo Sapiens, uomini e donne incluse. Invece per il governo nel 2015 col termine femminicidio si intendevano tutti i delitti aventi come vittima una donna, poco importa che:

prevale sugli altri (ad esempio rapporti di lavoro, di vicinato, criminalità) quello familiare o affettivo, il 66,4% del totale dei casi di femminicidio nel 2013, con il reato commesso dal marito o compagno, oppure dall’ex partner. Il dato si lega a quello del movente, che è prevalentemente passionale (504 casi tra il 2000 e il 2013, il 31,7% del totale), collegato spesso alla volontà della donna di interrompere il rapporto. Coerente con il prevalere del movente passionale è anche la modalità di esecuzione ‘a mani nude’ – per strangolamento, o percosse – che in forte aumento, spesso conseguenza di un’escalation di violenza, circostanza confermata dal fatto che nel 33,3% di casi di femminicidio avvenuti nel 2013 in un contesto di coppia il reato era stato preceduto da maltrattamenti, spesso denunciati.

Nell’ambito dei femminicidi commessi in ambito familiare spicca l’aumento dei matricidi (18,9% dei casi nel 2013, con 23 madri uccise), che gli analisti ricollegano soprattutto alla crisi economica, che ha portato a un forte incremento delle ‘convivenze forzate’.

Quindi sul totale di 179 donne solo il 66,4% viene dalla sfera dei rapporti familiari o affettivi, che ci porta a parlare di 115 casi, di cui il 18,9% sono matricidi (diversi a loro volta dai femminicidi). Ne restano 92, un po’ più della metà di quelli di cui si parlava inizialmente. Ma anche in quei casi bisognerebbe cercare di capire quali siano davvero casi in cui la vittima è tale in quanto donna e quali invece siano comunque omicidi. Esistono casi in cui mariti anziani hanno soffocato la moglie malata per non vederla soffrire, e magari poi si sono uccisi a loro volta. Anche quelli sono inclusi nelle tante infografiche che a volte vedo girare, ma non sono sicuro possano essere considerati femminicidio.

Corretta informazione prima di tutto

Lo so, non mi sto rendendo popolare tra le tante lettrici di BUTAC, ma come sempre si cerca di fare corretta informazione, non sensazionalismo.

Sono sposato con una donna meravigliosa. Ogni volta che leggo di omicidi causati da possessività e prevaricazione mi domando come sia possibile uccidere una persona che si ama (o si è amata) tanto.

Auspico che quanto prima si scelga un modo univoco per conteggiare le vere vittime di femminicidio nel nostro Paese così come negli altri Paesi europei. Sarà questo l’unico sistema per fare raffronti e capire quale sia la reale entità del problema. Fino a quel momento, chiunque parli di femminicidio senza fare le premesse qui sopra purtroppo non sta informando ma sensazionalizzando.

Per completezza sui siti delle Nazioni Unite si trova moltissimo materiale sul femminicidio, linee guida, suggerimenti per i Paesi membri, basta cercare.

Sarebbe bello le cose cambiassero

Una cosa che lascia sconcertati è vedere come in Italia ci sia ancora una tendenza da parte di alcuni giornalisti ad usare frasi ad effetto, luoghi comuni, quasi a difendere in certi casi gli assassini per motivi passionali.

…è conosciuto come una persona modesta, attaccata al proprio lavoro, dalla costituzione esile e incapace di fare male a una mosca. Nessuno mai si sarebbe aspettato una tragedia del genere (…) Da quando le visite del cognato (…) erano diventate sempre più frequenti, Vincenzo aveva iniziato a covare dubbi sul suo rapporto, sulla relazione con Teresa, con la quale ormai litigava ogni giorno.

Spiegatemi che bisogno c’è di parlare di un omicida con quei termini, perché evidenziare i litigi con la moglie quando in tutto l’articolo, dove lei è la vittima, su di lei non si leggono ricordi amorevoli, ma solo dubbi e sospetti sul suo essere adultera.

maicolengel at butac punto it

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