Gli hacker russi e le notizie date frettolosamente

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Capita spesso che un giornale vada in stampa senza che siano state fatte verifiche sufficienti su di una notizia, è il caso che abbiamo visto girare all’impazzata nelle scorse settimane.

Hacker russi penetrano in rete elettrica del Vermont, in Usa

La notizia è stata pubblicata davvero da tutte le testate italiane, alcune l’hanno fatto subito, appena hanno visto la velina della agenzie giornalistiche, altre hanno atteso qualche giorno, ma sempre senza fare nessuna verifica dei fatti.

Fatto sta che la storia degli hacker russi in pochi giorni è diventata dato di fatto. Per l’uomo della strada, il lettore indignato, il semplice cittadino i fatti sono molto chiari: dei pirati informatici russi sono penetrati nella rete elettrica del Vermont causando qualche tipo di danno. Quali danni? L’uomo della strada non lo sa, lui ha letto solo il titolo o sentito di sfuggita la notizia alla tv, ma poco conta che danni abbiano fatto, conta che abbiano “bucato” il sito di una compagnia elettrica, cosa poteva succedere? Chissà!

Purtroppo però la velocità nella pubblicazione e la totale mancanza di verifica dei fatti, fanno sì che la notizia sia stata lanciata ad mentula canis. E come sempre pochi hanno corretto il tiro una volta che la storia è uscita nella sua interezza.

Snopes ha pubblicato un semplice articolo che spiega la storia per bene.

WHAT’S TRUE: Malware found on a laptop belonging to an organization responsible for maintaining a Vermont power grid was reportedly similar or identical to that used by Russian hackers.
WHAT’S FALSE: The infected laptop was not connected to the power grid, and no evidence documents that the malware was placed on the laptop by Russian hackers and/or by persons with the intent of disrupting a U.S. power grid.

Quindi è vero che su un pc di proprietà dell’ente responsabile della rete elettrica del Vermont è stato trovato un software maligno che è stato riportato come simile a quello usato da dei pirati informatici russi, il computer non era collegato alla rete, e non ci sono prove che il software sia stato piazzato nel computer da pirati russi o da soggetti con l’intenzione di attaccare la rete elettrica americana.

Ma voi avete idea di quanti PC di rispettabili professionisti sono in realtà infarciti di malware? Quante volte mi capita sulla posta della mia attività di ricevere spam generato da email di amici avvocati? Avvocati che magari hanno il computer intasato di malware. Capita a tutti, il non saper usare la rete (e proteggersi dai suoi inghippi) è uno dei mali che affligge questo periodo storico, troppa gente che è nata senza che il pc esistesse, troppa gente che si è trovata tra le mani potenti macchine di cui sanno usare si e no l’1%.

Perché un pc s’infetti basta che chi l’ha usato abbia navigato su siti poco raccomandabili, quelli porno ad esempio sono tane di malware, in attesa di pc non protetti da attaccare. È così assurdo ipotizzare che un dipendente l’abbia usato per vedere due tette? O per fare un giochino flash? Erano entrambe spiegazioni molto più semplici dell’attacco hacker dalla fredda Russia. Attacchi che anche avvenissero non sono (per ora) in alcun modo riconducibili al “governo”. Tutti i giorni i nostri pc subiscono attacchi, i paesi da cui sono più generati sono USA e Russia, ma senza che questo debba per forza esser guerra informatica, bensì solo perché sono paesi pieni di simpatici soggetti che passano il tempo a creare codice malware, che può servire a mille scopi diversi.

Va benissimo stare con le orecchie tese a sentire ogni segnale d’allarme, ma andrebbero poi riportate in maniera corretta le notizie che di allarmistico non avevano proprio nulla.

Tra i tanti ad avere diffuso la notizia poi rivelatasi gonfiata ad hoc abbiamo anche RAINews, che a distanza di giorni ancora non ha aggiornato l’articolo con le nuove informazioni. Per un servizio giornalistico “di Stato” questo non va assolutamente bene!

Mangiatori di Cervello ha pubblicato un articolo di debunking che tira in ballo anche 4chan, vale la pena leggerlo! Io mi sono limitato a sproloquiare stavolta e lasciare che se ne occupassero altri. Ma per fortuna il motto Dont’ just read Butac, Be Butac prende sempre più piede!

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