Gli sciacalli non vanno seguiti

SCIACALLI

No, come succede a volte su Butac, questa non è una sbufalata. Quindi se siete interessati solo a quelle, come mi capita di dirvi in queste occasioni, proseguite oltre, qui non c’è niente da vedere!

Oggi sono solo maicolengel il blogger,

al massimo il papà, non il debunker.
Voglio parlarvi di una categoria di soggetti che mi piacerebbe si estinguesse il prima possibile, purtroppo sappiamo che non succederà. Sto parlando dei complottari, quelli più “border line”, quelli che credono fermamente che dietro tanti stragi degli ultimi anni si nascondano in realtà messe in scena ad uso e consumo del pubblico, fatte ad hoc per sensibilizzare l’opinione pubblica su qualcosa, che sia l’entrata in guerra contro qualche nazione canaglia, o il rafforzamento delle misure di sicurezza, o il cambio delle leggi sul porto d’armi, poco conta, per loro c’è sempre un’agenda alle spalle di questi avvenimenti. Un’agenda che giustificherebbe le messe in scena.
L’abbiamo visto succedere col 9/11, e anche con i vari aerei che si sono schiantati. Quante volte ci è capitato di vedere su blog di dubbio gusto soggetti accusare enti governativi di avere messo in scena una recita. A volte gli abbiamo sbufalati, altre volte abbiamo scelto di glissare, perché più attenzione si da a queste folli teorie più questa gente gode. Sono le prime donne delle Teorie del complotto, amano che si parli di loro, poco importa che li si denigri, basta che se ne parli.

Purtroppo in tante occasioni nel demistificare la loro fuffa ci siamo dimenticati dei protagonisti veri delle vicende trattate, le vittime e i loro parenti. Vittime che per il complottaro border line non esistono. È ancora fresca, ad esempio, la ferita di Parigi, e sappiamo bene come qualche sciacallo abbia cavalcato la cosa accusando anche il papà di una delle vittime italiane di essere un mistificatore. Ha circolato un video, dove l’idiota di turno ha analizzato il discorso fatto dal papà in questione durante il funerale della figlia, anche in slow motion, per mostrare al mondo quella che lui ritiene la prova della messa in scena, la prova della recita, e quindi dei falsi morti di una falsa strage.

E che caz…
Non c’è davvero più rispetto per nessuno!
Ma perché ne parlo oggi?
Le segnalazioni su Parigi sono arrivate a quintali, ed alcune avevamo scelto di non trattarle, proprio per non dare spazio a questa gentaglia. Ma negli scorsi giorni mi è capitato sott’occhio un lungo articolo pubblicato su una rivista americana, The Trace, articolo che vorrei leggeste tutti. È istruttivo e al tempo stesso un filino agghiacciante.
Per i (sempre meno, spero) poco avvezzi con l’inglese cerco di farne un breve sunto, ma il potersi leggere il lungo e dettagliato racconto in  originale sarebbe importante.

What Kind of Person Calls a Mass Shooting a Hoax?

Che tipo di persona definisce una sparatoria di massa una bufala?

L’articolo non parla di Parigi, ma poco cambia, invece ci racconta la storia di Lenny Pozner, papà di Noah, 6 anni, una delle vittime nella sparatoria di Sandy Hook. Vittima inventata secondo tanti teorici del complotto. Vittima inesistente.
Mettetevi nei panni di questo papà, che lotta con la terribile disinformazione che viene fatta su suo figlio, che viene fatto passare per fasullo. Lenny quindi, per questa gente, è a sua volta un bugiardo, visto che le possibilità sono due, o non ha mai avuto un figlio, o il suddetto figlio in realtà non sia morto a Sandy Hook.
A causa di questo chi si avvicina ai siti che diffondono la teoria del complotto, viene indotto a credere appunto che Pozner reciti una parte, quella del padre a lutto, ma in realtà sia tutto falso. Chi ci crede si sente libero di denigrare ed importunare questo papà, la cui unica “colpa” è quella di aver perso, per mano di un folle, il figlio. Lenny non è ovviamente il solo a subire questo. Ma è uno dei pochi che invece che subire passivamente ha cercato di fare del suo meglio per far capire a questi soggetti quanto sbagliassero, quanto la sua sofferenza fosse reale.
Lenny Pozner non è stato “al gioco” e ha cercato d’incontrarli dal vivo, pensava, sperava, che mostrare loro le prove di persona sarebbe potuto servire a spegnere la leggenda urbana che stava prendendo il volo. Purtroppo non è andata come si aspetterebbe qualsiasi persona di buon senso.

Il povero Lenny ha girato a vuoto, e nelle poche occasioni in cui alcuni dei soggetti in questione si sono degnati di dargli ascolto l’hanno fatto per prenderlo ulteriormente in giro, per accusarlo di venire pagato dai poteri occulti per raccontare una fòla. Questa gente diffonde foto del piccolo Noah su Internet, accompagnate sempre da racconti assurdi, da raffronti fotografici con altri bambini, il tutto per dimostrare che Noah in realtà non è mai esistito che sono tutti attori, che è una recita. Provate ad immedesimarmi in un parente che arriva sui social network, anche dopo anni, e che rischia di vedere il volto di chi è venuto a mancare girare indisturbato per la rete, associato a follie e denigrazioni. Come vi sentireste?

To press their case, hoaxers designated themselves experts on the physiology of grieving. The parents didn’t appear sad enough in interviews, they argued; therefore, they could not possibly have lost children.

Che tradotto:

Per rafforzare la propria tesi, i bufalari si inventano esperti in psicologia del lutto. I genitori non appaiono abbastanza tristi nelle interviste; quindi non possono aver perso un figlio.

Quest’interpretazione del lutto e l’esser sicuri della messa in scena fa si che questi soggetti si sentano in diritto di offendere senza ritegno i poveri genitori:

In June 2014, Pozner accepted an invitation to join a private Facebook group called Sandy Hook Hoax. He told its members that he was willing to answer their questions. “I think I lasted all of eight minutes,” he recalls. One participant said, “Man, I’m gonna have to coach you up if you wanna go on TV and make money Lenny.” Another typical attacker proclaimed, “Fuck your fake family, you piece of shit.”
Nel giugno del 2014, Pozner accettò un invito a iscriversi ad un gruppo chiuso su facebook chiamato la bufala di Sandy Hook. Una volta entrato ha spiegato ai membri che era pronto a rispondere a qualsiasi delle loro domande. “credo di aver retto 8 minuti”, ricorda Lenny. Uno dei membri mi ha detto, ” Uomo, dovrò insegnarti ad esser più sciolto se vorrai andare in Tv e fare soldi”. Un altro tipico attaccante mi ha apostrofato con “Vaffanculo la tua finta famiglia, pezzo di merda”.

L’articolo di The Trace prosegue, con altri interventi, mostrandoci un’amara realtà, già analizzata da personaggi come Walter Quattrociocchi, chi arriva a quel punto di fede, e crede a complotti in questa maniera non è recuperabile, non lo sarà mai.

Non cambierà mai idea.

Ed è questo il punto.

Anche in Italia abbiamo soggetti che diffondono questo genere di teorie del complotto, non vi dico siano tanti, ma in crescita, specie negli ultimi anni col diffondersi dei social network. Chi li segue casca in queste teorie assurde che vedrebbero coinvolte migliaia di persone, con identità fasulle, vite inventate, amici pagati. Teorie che se ne infischiano dei parenti e amici delle vittime rimasti.

Sappiamo che questa gente è incapace di cambiare opinione, anche messa di fronte ai fatti dal vivo, senza il filtro di una connessione ADSL. Quindi sappiamo che a nulla serve scolarizzarli meglio, l’unica via è il farli sparire. Fermi, dove andate, mettete giù i forconi, appoggiate le accette. Non fisicamente, Non è necessario arrivare a quel punto, basta farli sparire virtualmente. Come? Semplice, usando la rete, bloccandoli sui social network. Evitando di incrementare le visite ai loro blog usando link ad hoc (come quelli che trovate sulla Black List). Relegandoli al loro angolo di rete, dove se le raccontino fra di loro le loro assurde teorie. Un angolino dove possano fare tutto il casino che gli pare senza però più venire in contatto con “gli altri”.

Potrebbe essere un buon proposito per l’anno nuovo:

Avete amici nella vostra rete social che condividono roba come questa? Che mettono in dubbio la realtà delle vittime? Non limitatevi a cancellarli dalla rete di amici, bloccateli, fate si che non vi possano più ricontattare. Nella rete di chi va bloccato vanno alla fine messi tutti quelli che credono e condividono la seppur minima teoria del complotto, perché se sono sostenitori di quelle sosterranno anche i siti che le diffondono, che in un modo o nell’altro alla fine arrivano sempre a sciacallare la memoria delle vittime.

Se tutti facessimo la nostra parte in poco tempo i social network (forse) tornerebbero ad essere un luogo vivibile e noi avremmo meno deliri da leggere (con grande sollievo per la nostra sanità mentale). Lo so è un’utopia irrealizzabile, ma sognare non costa nulla.

maicolengel at butac.it