Il mito delle origini ebree di Hitler

Il ministro degli esteri Lavrov e i "fatti alternativi" (cioè inventati)

Il ministro degli esteri russo Lavrov, in un’intervista alla trasmissione Zona Bianca (Rete 4), ha affermato che Hitler aveva origini ebree; il tutto per dimostrare che Zelensky, ebreo, potrebbe tranquillamente essere nazista. Lavrov ci ha abituati in questi mesi a una serie di dichiarazioni paradossali e di vere e proprie negazioni della realtà, al punto che mi aspetto un giorno di sentirgli dichiarare che lui non è il ministro degli Esteri russo, ma Lillo. Tuttavia la questione delle presunte origini ebraiche di Hitler merita di essere approfondita perché circola ormai da quasi un secolo.

I fatti

Hitler nacque a Braunau il 20 aprile 1889 da Alois Hitler e Klara Pölzl.

A sinistra Klara Pölzl, al centro Adolf Hitler, a destra Alois Schiklgruber

Mentre la storia famigliare della madre di Hitler non solleva particolari dubbi, quella del padre era decisamente più travagliata: Alois era nato a Döllersheim nel 1837 da Maria Schiklgruber e padre ignoto. Una situazione sicuramente scandalosa, in particolare in quell’epoca e in un piccolo paese rurale. Nel 1842 la donna si sposò con Georg Hiedler, ma suo figlio crebbe con il fratello dello sposo, Johann Nepomuk Hiedler. Georg, finché rimase in vita, non riconobbe mai Alois come suo figlio.

Nel 1876 Alois si presentò di fronte al parroco di Döllersheim per cambiare ufficialmente il suo cognome ed essere riconosciuto come figlio di Georg Hiedler; era accompagnato da tre testimoni, tra cui il fratello del padre putativo. Alois adottò ufficialmente il cognome Hiedler, ma sui documenti venne trasformato in “Hitler”.

Benché non vi siano certezze su chi fosse il padre di Alois e nonno del futuro Adolf, la maggior parte degli storici propende per Johann o per Georg. Come mai allora è nata la leggenda delle origini ebraiche di Hitler?

Il creatore della leggenda

A creare il mito fu Hans Frank, avvocato personale di Hitler e dal 1939 al ’45 Governatore del Governatorato Generale, ossia i territori polacchi occupati dai tedeschi ma non incamerati direttamente nel Terzo Reich. Finita la guerra venne arrestato, processato a Norimberga insieme agli altri gerarchi della Germania nazista e giustiziato. Durante il processo Frank si comportò in maniera inusuale rispetto alla quasi totalità degli imputati: ammise le responsabilità proprie e del Terzo Reich affermando «Mille anni non basteranno a cancellare la colpa che grava sul nostro popolo per ciò che Hitler ha fatto», si convertì al cattolicesimo e rinunciò al suo diritto di presentare appello contro la sentenza di morte. Ciò nonostante, il comportamento di Frank fu piuttosto contraddittorio: permise al suo avvocato di presentare appello al posto suo e affermò anche le devastazioni inflitte alla Germania dagli Alleati bilanciavano i crimini nazisti.

In questo periodo di grande travaglio emotivo Frank scrisse un memoriale in cui, tra le altre cose, affermava di avere condotto per conto di Hitler un’indagine sulle origini famigliari del Führer:

Dalle indagini condotte con grande solerzia risultarono le seguenti informazioni: il padre di Hitler era figlio illegittimo di una donna, il cui cognome era Schicklgruber, originaria di Leonding nei pressi di Linz, che lavorava come cuoca in una famiglia di Graz […] Ma la parte più straordinaria di tutto questo è la seguente: quando la cuoca Schicklgruber dette alla luce quel figlio [Alois], essa era al servizio della famiglia ebrea di nome Frankenberger. Il Sig. Frankenberger (a nome di suo figlio allora diciannovenne) pagò alla Schicklgruber un assegno di mantenimento dalla nascita del bambino fino a quando questi ebbe compiuto i quattordici anni. Inoltre per un certo numero di anni vi fu tra i Frankenberger e la nonna di Hitler una corrispondenza epistolare, e dal tenore generale delle lettere emergeva il tacito riconoscimento, da entrambe le parti, che il figlio illegittimo della Schicklgruber era stato generato in circostanze tali che rendevano i Frankenberger responsabili del suo mantenimento. Non si può quindi escludere che il padre di Hitler fosse per metà ebreo, come frutto di una relazione extraconiugale fra la Schicklgruber e l’ebreo di Graz. Ciò vorrebbe dire che Adolf Hitler era, per un quarto, ebreo.

È bene notare che di queste indagini condotte con grande solerzia Frank non produsse una sola prova o una qualunque fonte che potesse in qualche modo confermarla. Ad esempio non sappiamo nulla della corrispondenza che lui avrebbe visionato e, cosa ancora più importante, a Graz non è stata trovata traccia della famiglia Frankenberger. La totale mancanza di prove è il motivo per cui il memoriale di Hans Frank viene ritenuto assolutamente inaffidabile dagli storici. Comunque, per completezza vediamo quale fu, secondo Frank, la reazione di Hitler ai risultati dell’indagine:

Adolf Hitler mi disse che sapeva […] che suo padre [non era figlio] della Schicklgruber e dell’ebreo di Graz. Lo sapeva in base a ciò che gli avevano detto suo padre e sua nonna. Sapeva che suo padre era nato da una relazione extraconiugale fra sua nonna e l’uomo che più tardi essa sposò.  Ma essi erano entramabi poveri, e l’assegno di mantenimento che l’ebreo pagò per un certo numero di anni rappresentò un aiuto economico quanto mai desiderabile, a favore di una famiglia che viveva in misere condizioni. Egli versò spontaneamente quel denaro, e per questo si pensò che fosse il padre. L’ebreo pagò senza rivolgersi al tribunale probabilmente perché non voleva esporsi alla pubblicità che una sistemazione legale avrebbe potuto comportare.

Questo è tutto quello che c’è da sapere sulla vicenda narrata da Frank e, data la totale mancanza di prove e l’impossibilità di trovare qualunque riscontro, la cosa incredibile è come abbia potuto questa leggenda vivere così lungo.

Conclusione

Uno dei motivi del successo della storia di Frank è che fornisce una spiegazione semplice e razionale all’antisemitismo fanatico di Hitler. Per molti è difficile credere che un male e un odio di quell’intensità (e con quelle conseguenze) non abbia un qualche tipo di motivazione personale, e il nonno ebreo di Hitler risponde perfettamente a quest’esigenza. Per completezza bisogna però notare che l’origine ebrea non è proprio l’unica leggenda sull’origine dell’odio di Hitler; Simon Wiesenthal, il “cacciatore” di nazisti, era ossessionato dalla possibilità che Hitler avesse contratto la sifilide a Vienna da una prostituta ebrea; altri sono convinti che un ebreo avesse avuto una relazione con Geli Raubal, nipote di Hitler, e che il futuro Führer avesse per questo obbligato la donna, di cui era ossessionato, al suicidio; alcuni sono certi che sia stato l’odio per il dottore ebreo che non era riuscito a salvare la madre di Hitler dal cancro ad accendere nel giovane Adolf l’antisemitismo.

Per quanto affascinanti tutte queste storie, esattamente come quella del nonno ebreo di Hitler, sono prive di fondamento.

Michele Armellini

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