Ho fatto soldi spacciando bufale razziste

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No, non è una bufala, a raccontare bufale xenofobe ci si guadagna bene.

Qualche giorno fa l’Espresso ha dedicato una lunga intervista all’autore di SenzaCensura.eu, il ragazzo che è stato denunciato e il cui sito è stato bloccato a settembre, per merito della denuncia di un giornalista.

L’articolo dell’Espresso me l’avete linkato in tantissimi, alcuni nel dubbio che fosse una bufala, altri solo per farmelo leggere.

È deprimente.

Maurizio di Fazio, autore del pezzo, sembra infischiarsene dell’idea che così facendo ha solo dato nuovi spunti ed idee agli idioti del web, che da oggi cominceranno ad infarcire i loro siti fuffari di pattume con nuovo slancio. Ci si fanno i soldi, perché non dovrebbero?

Nessuna denuncia: l’autore di SenzaCensura è descritto quasi come un bravo ragazzo, con una fidanzatina e una vita normalissima. Di Fazio non si preoccupa minimamente di inquadrare il fenomeno o condannare le azioni, l’unica cosa importante in questa lunga intervista è porre l’accento sui soldi che si fanno spacciando bufale xenofobe.

Bello, davvero un bel servizio reso a chi, come noi, combatte questo fenomeno da tempo, e che dopo l’uscita del pezzo si ritroverà ancor più nella melma perché arriveranno altri ad imitare SenzaCensura, non bastassero i già tantissimi siti che si comportano così.

Da fondatore di Butac devo dire che mi mancano le sbufalate sulle scie chimiche e gli scaldini casalinghi. Almeno con quelle ci si divertiva e non si faceva male a nessuno. Le bufale che istigano alla violenza invece sono tragiche, andrebbero eliminate dal web e le testate serie non dovrebbero dare alcuna visibilità a questi personaggi. Gente condannata e che invece per merito di articoli come quello dell’Espresso diventano star di un certo web.

È vergognoso.

Ma è così che va l’editoria italiana. Basta girare l’angolo, andare in Svizzera e vedere gente che fa bene il proprio lavoro. Proprio la settimana scorsa sull’argomento bufale razziste io e David di Bufale.net siamo stati intervistati dalla tv svizzera, che invece che porre l’accento sui lauti guadagni di questa feccia del web si è concentrata sul voler capire come e perché a questa gente venga permesso di continuare ad essere online.

Le due facce della medaglia, la tv svizzera che cerca di intervistare chi si batte per la corretta informazione, la stampa italiana dà risalto a chi se ne sbatte della correttezza per riempire le proprie tasche. Poi capite perché sono sempre meno attratto da questo giornalismo e ve lo faccio notare ogni volta che se ne presenta l’occasione?

Mi sono divertito a riprendere la maggior parte delle domande del giornalista dell’Espresso, giusto per immaginarmi come sarebbe stata una possibile intervista per una testata come l’Espresso.

Come e perché hai aperto questo sito di “informazione”, Maicolengel?
Perché la stampa italiana on e offline da tempo non fa altro che spacciare dieci notizie verificate e cinque che non hanno passato alcuna verifica, e mi sono rotto le scatole di vedere gente condividere sempre e solo le cinque bufale. Il giornalismo e l’informazione dovrebbero essere al servizio dei lettori, e raccontare storie che siano sempre state verificate da qualcuno. Oggi questo non accade più, anche grazie a persone come lei.

Parliamo della natura dei tuoi “articoli”.  
Le nostre notizie partono dalle segnalazioni dei lettori, che ogni giorno inviano tante mail alla redazione. Alcune risultano notizie vere, dopo averci perso tempo (che nessuno ci paga) siamo costretti ad abbandonarle e passare ad altro, visto che arriviamo a una fonte verificata. Ma molte altre volte la fonte non compare, e allora siamo costretti a cercare di capire se sia tutto ciarpame o se da qualche parte ci sia un fondo di verità, per poter dare al lettore finale la corretta informazione.

Che cos’è, per te, la verità?
La verità è qualcosa che si basa sui fatti. Se io dico che Pinco Pallino ha fatto XYZ, devo averne le prove, non posso fidarmi di una citazione di Tizio Caio sulla testata BelleBufale, ma devo cercare di contattare Pinco e sapere dalle sue parole come sono andati i fatti. Oggi questo voi giornalisti lo fate sempre meno.

Qual è la differenza tra una notizia vera e una bufala?
La notizia vera è verificata e verificabile da chiunque, la bufala no. Unire ai propri articoli link e riferimenti che spieghino al lettore come si è formata la notizia sarebbe sempre una giusta policy. Ma oggi ci sono testate anche nazionali che mi rispondono, ah no, noi i link non li mettiamo, sennò il lettore lascia la nostra pagina per andare su un’altra.

Com’era il tuo modus operandi “giornalistico”?
Leggere la segnalazione, cercare i protagonisti della vicenda, risalire alla fonte, verificare se la fonte e la notizia finale corrispondono. Qualsiasi variazione rispetto alla notizia di partenza è classificabile come disinformazione, superata una soglia di modifiche si passa ad una bufala vera e propria.

Il tuo suo “articolo” (quello di Senzacensura, non di Butac NdR) più controverso ha questo titolo: “Immigrato violenta bambina di 7 anni. Il padre gli taglia le palle e gliele fa ingoiare”.
L’abbiamo sbufalato a novembre 2014, ma a distanza di mesi ha continuato a girare come nulla fosse, perché la gente non è più capace di fare alcun discernimento. E il razzista convinto, anche se gli dimostri la falsità dell’articolo, se ne infischia e continua a condividerlo perché tanto “non è successo ma potrebbe succedere”.

Quanto ti rende la tua attività?
Poco, in tutto il 2014 la pubblicità non è arrivata ai mille euro. Il 2015 è in lieve crescita, ma solo perché sono aumentate le condivisioni dei nostri articoli. La maggior parte della cifra va a pagare le spese di gestione del sito e delle trasferte, quindi la “rendita” è davvero risibile.

Lo consideri un razzista (quello di Senzacensura)?
Razzista non so, imbecille sicuramente. Vorrei che come negli USA la condanna lo obbligasse a non collegarsi alla rete per almeno un anno. Ma siamo in Italia…

E cosa pensi, allora, degli immigrati?
Non sono un “amico” degli immigrati senza se e senza ma. Faccio il blogger, difendo la corretta informazione. Ma se una persona delinque, va punita, che sia italiana o meno.

I suoi articoli seminavano odio sociale?
Sì, tanto. E fomentavano gruppi estremisti che se potessero (e ne avessero il coraggio, ma sono tutti poveri leoni da tastiera) in piazza col machete scenderebbero per davvero. Per sterminare non solo gli immigrati, ma anche i gay e chiunque non la pensi come loro. Per fortuna (per ora) sono solo degli sfigati…

Vuoi diventare un giornalista?
Era il mio sogno da bambino, oggi il disgusto che ho per una certa stampa mi sta facendo odiare sempre di più la categoria. Per fortuna esistono anche bravi giornalisti che mi danno speranza per il futuro; se se lo stesse chiedendo, lei non rientra fra quelli.

Secondo te, i social network sono uno strumento di conoscenza o di ignoranza?
Questa è peggio delle domande di Marzullo. I social network non sono nulla, se non un mezzo per diffondere informazioni e comunicare con amici vicini e lontani. Se quelle informazioni di base sono verificate e interessanti il mezzo diventa strumento di conoscenza, se quelle informazioni mirano solo a cercare di ottenere più like e condivisioni senza cercare la fonte della notizia allora diventano strumento d’ignoranza.

maicolengel at butac.it