Le identità fittizie le fake news e il giornalismo- #OperationFakeBot

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Quest’articolo vi arriva per merito del lavoro del collega David Puente (oltre alle fonti che verranno citate e linkate dopo). BUTAC non è mai stato molto attivo nell’approfondimento, specie quando si parla di notizie politiche, quelle che trattiamo come manipolazione da anni. Non approfondisco perché ritengo che una volta sbugiardato il messaggio venga da sé che anche il messaggero è un bugiardo, e che quindi sia poco importante andare a cercare di chi si tratti per nome e cognome. David invece, da bravo puntiglioso quale è, si è sempre divertito molto a indagare, in maniera sempre molto professionale. Credo vi ricordiate tutti della “piovra delle panzane” (1 e 2): inchieste di David, in collaborazione con il sempre bravo Paolo Attivissimo, che avevano scoperchiato reti di pagine e siti che diffondevano lo stesso mix di bufale e disinformazione  e facevano capo alle stesse persone.

Stavolta il “gioco” si è allargato, l’indagine con cui era partito David a dicembre 2017 aveva portato a scoprire una serie di bot usati per diffondere contenuti innocui, frasi e citazioni ritwittati migliaia di volte. Nulla di politico, nulla di legato alla cronaca.

[message_box title=”BOT” color=”yellow”]Da Wiki: un programma che accede alla rete attraverso lo stesso tipo di canali utilizzati dagli utenti umani (per esempio che accede alle pagine Web, invia messaggi in una chat, si muove nei videogiochi, e così via). Programmi di questo tipo sono diffusi in relazione a molti diversi servizi in rete, con scopi vari, ma in genere legati all’automazione di compiti che sarebbero troppo gravosi o complessi per gli utenti umani.[/message_box]

Dei fatti ne aveva parlato AGI, spiegando come David era arrivato a questa rete e all’agenzia che l’aveva creata. Fin qui tutto abbastanza innocuo. Ma dal 10 gennaio sono cominciati i tweet con hashtag #OperationFakeBot, sempre AGI ci si è dedicata, questo il contenuto dei tweet:

@isaydata @iasayweb you’ve been exposed by #OperationFakeBot creating a #Fake users #NetBot for political propaganda in #Italy We’ve hacked 947 of 2500 of your accounts #FaceBots next target @lega_nord @Mov5Stelle

@isaydata @iasayweb siete stati oggetto dell’operazione fake bot’ per aver creato utenti falsi per propaganda politica in Italia. 947 dei vostri 2500 account #FaceBots sono stati hackerati il prossimo obbiettivo @lega_nord e @Mov5Stelle

Una rete di quasi un migliaio di account falsi ha diffuso lo stesso messaggio. Poi dall’account Twitter @ItalyFakeBotWar è stato diffuso quest’altro messaggio:

Hey #giornalisti , it’s better if you talk about the biggest #FakeBotNet in Italy for FakePropaganda

Con taggati via via svariati giornalisti italiani. Si attende il prossimo passo. Ma la cosa appare decisamente grossa.

Ma perché i BOT usati per diffondere disinformazione politica devono preoccuparci?

D’altronde voi che ci leggete siete razionali, non ci cascate mica in un BOT.

Figuriamoci i giornalisti e i siti d’informazione…

Avete sentito parlare di Alice Donovan?

Questa parte di articolo vi arriva grazie alla segnalazione del bravo Ander Elessedil che mi aveva inviato il link all’articolo di CounterPunch (CP d’ora in poi) che ci narra le avventure di questa simpatica ragazza, un’apprendista giornalista. Ve le riassumo un po’.

Il 30 novembre 2017 il Washington Post (WP d’ora in poi) chiede lumi agli editori di CP su un loro collaboratore, Alice Donovan appunto. La ragione della richiesta è che al WP sono in possesso di documenti fuoriusciti dall’FBI in cui appare il nome di questa persona. I documenti sostengono trattarsi di un’identità fittizia con collegamenti in Russia. In redazione a CP cadono dalle nuvole, chi è Alice Donovan? Su CounterPunch compaiono 5 articoli a suo nome, ma nessuno la conosce direttamente. La ragazza si è presentata a CP come giornalista freelance e ha cominciato a inviare possibili articoli, alcuni che sono stati scelti per la pubblicazione e altri no. Dei 5 articoli pubblicati nessuno nominava Putin, Hillary Clinton o le elezioni del 2016. Ma gli stessi articoli erano apparsi anche su altre testate, come Veterans Today (sito di teorie del complotto americano molto seguito). I tentativi di CP di raggiungere la Donovan non portano a nulla, né su Twitter né via mail Alice risponde alle richieste di informazioni. Nel frattempo la lista di siti che hanno pubblicato suoi articoli nel corso del 2016 si allunga.

Nella ricerca si accorgono che i pezzi della Donovan sono stati tradotti anche in francese e portoghese, e mentre la ricerca prosegue, appaiono alcuni articoli sotto altro nome, Sophie Mangal. La domanda è: si tratta di plagio? O siamo di fronte a due identità fittizie gestite dalla stessa persona?

Una richiesta di contatto con Sophie Mangal sembra sfatare ogni dubbio, lei è reale, lei risponde quasi subito.

Nel frattempo una verifica ulteriore sui pezzi della Donovan evidenzia come il giochino di scopiazzare da altri autori sia prassi. Si trovano servizi in cui vengono copiati interi brani di altri articoli, spacciati invece per farina del sacco di Alice. Sophie (ma a volte Sophia) risulta un editor a Inside Syria Media Center, un’agenzia di stampa che pubblica e condivide news dalla Siria. Mangal invia alle testate straniere che possono pubblicare i suoi pezzi due-tre mail alla settimana. Mangal interagisce con loro. A CP la conoscono già. Si fidano già di più…

Ma c’è qualcosa che li fa dubitare

L’inglese della risposta ricevuta è diverso da quello degli articoli di Mangal, non è l’inglese di chi dovrebbe aver studiato all’università della North Carolina, inoltre l’analisi degli orari delle mail (coi plagi di Mangal) di Alice coincidono, o quasi, con l’orario in cui Mangal ha pubblicato gli articoli. Come può essere? Donovan non può essere così veloce a trovare l’articolo, scopiazzarlo e preparare la mail spacciandolo per suo, a meno che non collabori con qualcuno che lavora con Mangal e Inside Syria.

Alla richiesta di CP di intervistare via Skype Mangal su questa storia dei plagi la risposta è un Grazie ma no grazie, ho la connessione lenta qui sui monti della Siria… Ma la cosa suona decisamente sospetta a CP, Mangal ha una vita online decisamente attiva rispetto a Donovan, le sue pagine social pubblicano costantemente, risponde quasi istantaneamente alle domande via mail, e si tratta pur sempre di una giornalista il cui lavoro è stato plagiato, strano non ne voglia parlare.

Ancora più strano che subito dopo la richiesta di contatti via Skype il nome di Mangal scompaia dal sito di Inside Syria Media Center. I suoi pezzi sono stati sostituiti nella firma da un generico ISMC. La richiesta di spiegazioni richieste alla redazione è rimasta inevasa.

Mangal, a differenza di Donovan, aveva però scritto tantissimi articoli, che sono ancora pubblicati in rete a suo nome, su testate di vario genere, alcuni probabilmente anche ripresi in italiano. La difficoltà, se non si sta attenti, a non distinguere un’identità fittizia da una reale in casi come questi può portare a pubblicare disinformazione spacciandola per giornalismo.

L’FBI sembra certa dei legami tra l’account Donovan e la Russia, così come il NYT, mentre su Mangal nessuno si è ancora pronunciato. Da blogger che si occupa anche di disinformazione purtroppo non posso dirvi per certo come siano andate le cose, chi si celi veramente dietro ai profili finti e chi scriva gli articoli, ma resta importante comprendere la facilità con cui certe identità fittizie sono riuscite a trovare spazi in rete, facendosi pubblicare come autori verificabili (e magari attendibili) da testate che raggiungono un pubblico decisamente più vasto dei miei quattro amici sotto casa.

Purtroppo noi di BUTAC conoscevamo già queste tattiche, le vediamo sfruttate sui siti di pseudomedicina, dove c’è sempre il finto paziente che decanta le bontà del prodotto fuffa, le vediamo usate per pubblicare articoli sui giornali, articoli che altro non sono che marchette pubblicitarie per raccattare qualche donazione per associazioni poco verificate, e così via. Finché giornalisti e istituzioni non si rendono conto della vastità del problema è poco importante chi ci sia dietro. Perché solo con una presa di coscienza da parte di tutti c’è la possibilità di migliorare lo stato delle cose.

Senza quell’interesse, senza quella coscienza collettiva razionale non stupiamoci se insieme all’obbligo ai vaccini qualcuno proporrà la sospensione della scuola dell’obbligo in favore della “scuola della vita”.

maicolengel at butac punto it
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