I “migranti climatici”, la comprensione del testo…

…e Matteo Salvini (o il suo social media manager).

Vedo circolare da qualche ora uno screenshot del 24 marzo 2018 tratto dalla bacheca del leader di LegaNord che commenta un articolo sui cosiddetti “migranti climatici”:

L’immagine ci mostra un post di Salvini a commento di un articolo apparso su La Stampa:

Nel 2050 143 milioni di persone saranno “migranti climatici”

Matteo Salvini (o il suo social media manager) commenta:

Pazzesco… Sfruttare un tema serio come l’ambiente per legittimare l’immigrazione clandestina…
#stopinvasione

L’articolo de La Stampa fa riferimento a un tipo di immigrazione che non ha nulla a che vedere con quella che stiamo vedendo in questi anni. Si parla di migrazioni dovute ai cambiamenti climatici, e viene ripetuta più volte una cosa importante…

Spostamenti interni

Il rapporto concentra l’attenzione su tre regioni, l’Africa subsahariana, l’Asia del Sud e l’America latina, che rappresentano il 55% della popolazione dei Paesi in via di sviluppo. Gli esperti interpellati dall’istituto internazionale, stimano infatti che questa area geografica potrebbe subire degli spostamenti interni, al di là dei conflitti armati, di un’ampiezza pari a 143 milioni di persone entro il 2050.

Ma se riusciamo a limitare le emissioni di gas serra e incoraggiare lo sviluppo attraverso azioni nel campo dell’istruzione, della formazione, dell’uso del territorio … ci saranno “solo” 40 milioni di migranti climatici, e non 143 milioni, a cui queste tre regioni dovranno far fronte. La differenza è enorme”, sostiene il funzionario, convinto che una crisi migratoria su vasta scala possa evitarsi, purché si prevengano questi massicci spostamenti interni.

Gli spostamenti a cui si fa riferimento sono tutti all’interno delle stesse regioni, ma in differenti aree.

Il rapporto evidenzia anche la molteplicità dei fattori che costringono le persone a lasciare i loro paesi d’origine, distinguendo delle caratteristiche specifiche proprie di ciascuna regione. In Etiopia, un paese prevalentemente agricolo e caratterizzato da una forte crescita demografica (fino all’85% entro il 2050), è il crollo dei raccolti che costituisce la prima causa di migrazione. Il Bangladesh è indebolito in particolare dall’erosione delle sue zone costiere e dalle difficoltà di accesso all’acqua potabile. Il Messico, invece, vede il dilagare nei centri urbani delle popolazioni che vivono nelle aree rurali colpite dagli effetti del riscaldamento globale.

I dati che riporta la Stampa non sono invenzioni per legittimare l’immigrazione clandestina, ma dati di un importante report: Groundswell: Preparing for Internal Climate Migration. Sono sicuro che anche Matteo Salvini sia preoccupato dai cambiamenti climatici e che una volta insediatosi il governo lavorerà per risolvere questa problematica. Magari, la prossima volta, prima di partire con l’indignazione anti-clandestini leggerà tutto l’articolo. Se avesse dubbi sui dati che vengono riportati spero si faccia aiutare da qualche esperto del settore.

maicolengel at butac punto it
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