I retroscena dell’infermiere

Tutto quello che non torna

In tantissimi ci state segnalando un video in cui un presunto infermiere svela, in un accorato discorso pubblico, quelli che ritiene i retroscena sulla COVID-19. Nelle chat di infermieri per ora nessuno ha identificato il signore e sono tutti lì a domandarsi se sia veramente un infermiere o meno. A me onestamente importa poco.

Non è possibile debunkare quanto sostiene il signore molto arrabbiato, bisognerebbe sapere in che struttura opera, quanti malati di Covid-19 hanno trattato ecc ecc.  Ma è necessario?

Perché vedete, solo chi non ha alcuno spirito critico ascolta quello che racconta il presunto infermiere e risponde come il cane di Pavlov, gli altri, quelli ancora dotati di senno, si fanno delle domande.

La sanità italiana è gestita a livello regionale, può essere che in una regione le cose vadano diversamente da un’altra? Sì. Può essere che in un ospedale le cose siano peggio che in un altro? Sì. Può essere che in un ospedale della stessa regione ci sia più malasanità e cattiva amministrazione che in un altro della stessa regione? Sì! L’infermiere che straparla invece vorrebbe dare a intendere che in tutta Italia le cose funzionino alla stessa maniera. O perlomeno il suo discorso parla alle pance, dando a intendere che sia così.

Come ho anticipato non posso sconfessare la sua personale esperienza. Ma qualcosa lo possiamo dire, lui ci racconta:

…io ho portato persone in pronto soccorso e cinque ore dopo sono morte cazzo che è successo a febbraio io ho avuto paura. Come tutti voi credo. Perché la paura è una cosa naturale. A febbraio io mi sono cagato sotto ve lo dico. A marzo c’era già qualcosa che non tornava perché non fare l’autopsia ca**o? L’ABC della medicina legale…

Nel corso di febbraio su tutto il territorio nazionale erano morte 27 persone e nessuna su Roma, che lui dice essere il territorio su cui opera, dove il primo decesso si è registrato il 5 marzo ed era tra l’altro una donna ricoverata da gennaio, quindi sì, effettivamente qualcosa non torna.

Approfondiamo

Sulla questione autopsie a me spiace, ma il signore è completamente disinformato. Non è affatto vero che non si facessero, erano sconsigliate nelle strutture non attrezzate per farle nel rispetto delle misure di sicurezza, ma ovunque fosse possibile e se ne sentisse la necessità sono state fatte, esattamente come oggi si fanno nei casi dove c’è il dubbio di una possibile correlazione tra vaccinazione e decesso.

Il signore per poter raccontare che a febbraio ha portato in pronto soccorso persone che cinque ore dopo sono morte doveva essere in una delle pochissime strutture dove ci sono stati ricoveri a febbraio. Codogno, Casalpusterlengo, Castiglione d’Adda, Maleo, Fombio, Bertonico, Castelgerundo, Somaglia e San Fiorano. Al 21 febbraio i contagiati in Italia erano 19, di cui 14 in Lombardia. Lui ripete più volte che lavora a Roma e afferma di non conoscere la situazione al nord. Siamo sicuri che il signore sappia di cosa sta parlando?

Esperienza personale per esperienza personale

Siccome il presunto infermiere ci dice che:

…io lavoro qui a roma, io il territorio mio è questo è quello che conosco non so cosa sia successo a Bergamo e non lo voglio sapere perché quello che so lo so tramite la televisione e non mi fido su quello che ho visto con i miei ca**o di occhi.

Quindi sta raccontando una sua esperienza personale. Bene, allora parliamo della mia esperienza personale. Tra il 2020 e il 2021 ho avuto prima una polmonite da legionella e poi la COVID-19.

Ad agosto, tornato dalle vacanze non stavo benissimo, avevo febbre e vari malesseri. Chiamato il medico di base, mi ha suggerito di chiamare la guardia medica che è venuta a casa e mi ha fatto un tampone e visitato con cura. La guardia medica dopo la visita, pur senza i risultati del tampone, ha ritenuto fosse il caso andassi a farmi visitare al pronto soccorso se la febbre non fosse scesa durante la notte. In ospedale, non avendo ancora il risultato del tampone della guardia medica, mi hanno rifatto il test, mi hanno tenuto in osservazione in attesa del risultato e poi mi hanno trattato da paziente con polmonite da legionella. Il nostro presunto infermiere invece sostiene che chiunque è andato in pronto soccorso sia stato trattato da paziente COVID; ma è falso, perlomeno nella struttura (l’ospedale Sant’Orsola di Bologna) dove sono stato ricoverato io.

A febbraio 2021 invece ho avuto la COVID – un anno fantastico il mio – per fortuna senza sintomi gravi. Portata probabilmente da uno dei miei figli, ce la siamo presa tutti e quattro in casa. Qui la procedura non ha visto il coinvolgimento della guardia medica, sapevamo di un focolaio a scuola, quindi vista la febbre e alcuni sintomi il medico di base ci ha subito prenotato un tampone, con esito positivo. Ci è stata indicata una serie di sintomi a cui stare attenti e il suggerimento di usare almeno due volte al giorno il pulsossimetro. Non ci è stato detto di prendere la tachipirina e stare in “vigile attesa”, ci è stato prescritto di prenderla, monitorare la febbre e gli altri sintomi e poi sulla base delle valutazioni col medico decidere quale fosse la terapia più indicata. Nessuna esclusa: FANS, cortisonici e antibiotici sono tutti stati menzionati dal nostro medico di base, e confermati dall’amico medico di BUTAC Pietro Arina. Non ce ne è stato bisogno, dopo quattro giorni nessuno di noi aveva più la febbre, solo un po’ di tosse fastidiosa. Siamo rimasti chiusi in casa comunque fino all’esito dei tamponi negativi, con telefonate con il medico di base e l’ASL ogni due giorni circa.

Nessuno di noi si è sentito abbandonato. Questa era la situazione a Bologna tra agosto/settembre 2020 e febbraio 2021. Molto diversa dai racconti fatti dal presunto infermiere.

Non credo sia necessario aggiungere altro.

maicolengel at butac punto it

Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon o su PayPal! Può bastare anche il costo di un caffè!
Un altro modo per sostenerci è acquistare uno dei libri consigliati sulla nostra pagina Amazon, la trovi qui.