I sacchetti dell’ortofrutta e le “direttive folli” dell’Unione Europea

orto frutta

Non è la prima volta che qui su BUTAC mi capita di trattare articoli scritti chiaramente da chi non si è minimamente informato o da chi comunque è antieuropeista a priori.
Il Resto del Carlino, oggi 20 ottobre 2017, titola:

Dal water al sosia del Parmigiano Le direttive folli dell’Unione europea

Il punto di partenza è la nuova direttiva che prevede che i sacchetti che vengono usati per portare a casa frutta e verdura siano ecocompatibili, cosa che evidentemente non erano fino ad oggi. Sempre sul Carlino, nella pagina prima a quella dedicata alle “folli direttive”, titolano:

I sacchetti per l’ortofrutta si pagano. Da gennaio un’altra euro tassa

Sia chiaro, sono tantissime le testate che hanno trattato male l’argomento, ma al bar avevano il Resto del carlino, ed è da quell’articolo che sono partito.

La direttiva europea che definisce le regole sui sacchetti della spesa però non viene riportata, perché evidentemente di informare importa poco. Giusto per chiarezza, queste sono le direttive:

Le misure adottate dagli Stati membri includono l’una o l’altra delle seguente opzioni o entrambe: |
a) | adozione di misure atte ad assicurare che il livello di utilizzo annuale non superi 90 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2019 e 40 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2025 o obiettivi equivalenti in peso. Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono essere escluse dagli obiettivi di utilizzo nazionali; |
b) | adozione di strumenti atti ad assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia. Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono essere escluse da tali misure.

Avete letto con attenzione? Non c’è un obbligo al costo dei sacchetti, c’è solo nel caso si scelga di continuare ad usare sacchetti che non siano ecocompatibili. Quindi la scelta di fare pagare i suddetti sacchetti ricade sui singoli governi, anzi potremmo dire che ricade sui commercianti che ancora utilizzano questi sacchetti e che in questi anni (da quando le regole sui sacchetti di plastica sono cambiate) non hanno scelto di usare altri materiali ecocompatibili. Dare la colpa all’Unione è abbastanza sciocco. Ma difatti l’articolo del Carlino, a parte il titolone sull’eurotassa, nel testo è abbastanza corretto (almeno per quanto riguarda i sacchetti di plastica). I problemi vengono quando passiamo all’altro articolo, quello sulle direttive folli dell’Unione.

Gli sciacquoni e le tazze del cesso

L’articolo a firma Troise è a mio avviso quanto di più fastidioso si possa leggere a firma di un iscritto all’Ordine dei giornalisti: informazione a metà, lanciata da chi se ne infischia completamente del futuro del nostro pianeta. Prima direttiva che secondo Troise è folle, quella sugli sciacquoni dei gabinetti. Secondo le parole di Troise:

L’Europa? Non te ne rendi conto, ma è dappertutto. Perfino dove meno te lo aspetti. Ed è davvero difficile spiegare perché a Bruxelles abbiano speso 90mila euro e due anni di studio per capire come devono essere sciacquoni e tazze se vogliono avere il bollino di qualità dell’Ue. Sembra incredibile, ma il rapporto sui water closet, redatto da un pool di cervelloni, esiste davvero ed a ha prodotto una “decisione europea” la 2013/641. Risultato: per avere un wc a regola d’arte abbiamo dovuto di nuovo mettere mano ai portafogli e adeguarci alle nuove norme.

No, caro Troise, non è difficile, lo è forse per chi ha sempre sprecato le risorse del pianeta. Ma per tutti gli altri quei 90mila che lei ritiene sprecati sono soldi spesi bene, visto che servono a certificare sciacquoni e tazze che sprechino al minimo l’acqua. E l’acqua come ben sanno quelli più attenti è una risorsa importantissima. Oltre al fatto che non abbiamo messo mano al portafogli, non siamo obbligati a cambiare scarichi e tazze, ma quando rifaremo il bagno di casa avremo un criterio in più che ci permetterà di scegliere arredi più rispettosi del futuro. In un paese che in alcune regioni ha ogni anno emergenze idriche sarebbe anche il caso evitare di disinformare sull’argomento, non trovate? Quei 90mila euro di studio possono far risparmiare al pianeta milioni di litri d’acqua, è da considerare una direttiva folle? O è folle chi l’attacca?

La valvole contacalorie

Ma procediamo oltre. Poche righe dopo Troise attacca le valvole termostatiche, quello sì che è stato un costo, lo si è dovuto sostenere anche nel palazzo in cui risiedo, ma sono quattro giorni che abbiamo acceso il riscaldamento e la differenza già la noto; nelle due camere che non uso mai e che prima avevano il riscaldamento alto come le altre ora riesco a non sprecare nulla, la valvola è in posizione antigelo (che sia mai che arrivi il vero freddo prima o poi) ma per il resto quelle stanze non sprecano più calore, quando ne avrò bisogno alzerò le due valvole e anche li ci si scalderà. In cucina d’altronde lo tengo bassissimo, perché alla fine tra forni e fornelli ci si scalda già a sufficienza, come anche in camera da letto dove da sotto il piumone mi piace sentire la stanza fresca. Insomma, è vero che la direttiva sulle valvole ha comportato costi, ma prima di scagliarcisi contro sarebbe il caso vedere l’anno prossimo se abbiamo consumato più o meno risorse e se nel giro di 5/6 anni, a conti fatti, anche questo non sia un risparmio per le tasche del consumatore. Il risparmio energetico rientra anch’esso in una di quelle cose basilari per il nostro futuro, ritenere folle la direttiva che introduce l’uso delle valvole contacalorie significa non aver minimamente studiato il problema. Non vi sto dicendo che sono sicuro che le valvole siano automaticamente un risparmio, non lo so, ci spero, ma prima di poterlo dire dovremo valutare per due o tre anni il nuovo sistema, per poter fare calcoli nella maniera corretta.

Le regole sulle emissioni di Co2

Troise prosegue:

Vogliamo parlare delle regole sulle emissioni di Co2 che ci obbligano un anno si e l’altro pure a cambiare auto se vogliamo circolare liberamente in città pur pagando bolli e assicurazioni per l’intero anno solare? Altra grana di non poco conto in nome della santa crociata per la difesa dell’ambiente.

Non è una “santa crociata” ma una battaglia importantissima, non per me o Troise che saremo sotto sei metri di terra prima di vedere danni o miglioramenti del pianeta, ma per i nostri figli e i nostri nipoti. Io comprendo benissimo che esistono legioni d’imbecilli che da sempre hanno scelto di nascondere la polvere sotto al tappeto, tanto sono problemi che avrebbero toccato le generazioni successive, ma dopo decenni di sprechi e polvere nascosta è giunta l’ora di fare i conti con quanto stiamo trattando male la Terra. A oggi non abbiamo alternative, se questo pianeta va in vacca va in vacca l’umanità. Ma io e Troise saremo già morti, che ce frega…

Le vongole da 2,5 centimetri

La smania regolatrice degli euro burocrati costa cara, carissima. Ne sanno qualcosa i pescatori dell’Adriatico che rischiano una multa fino a 4mila euro se si azzardano a pescare vongole di diametro inferiore a 2,5 cm. Una stangata dal momento che negli ultimi anni è diventato sempre più difficile pescare mitili di dimensioni superiori.

Di questo vi avevo già parlato, e l’appunto sulle vongole dimostra che Troise proprio non l’ha studiata la materia, visto che il limite di cui parla fu imposto dal governo italiano nel 1968, quasi 50 anni fa, ben prima che l’Unione iniziasse a legiferare in merito. Come vi spiegavo nel 2015:

La normativa italiana in merito alla raccolta delle vongole risale al 1968riformulata nel 2006. È vero che prevede sanzioni se si pescano vongole sotto la misura indicata, come lo stesso vale per tutti gli altri organismi marini pescabili.
Non è una novità e non dipende dai cattivoni dell’Unione Europea, come invece vorrebbero farci credere. La norma, esattamente come tante altre di questo genere, è fatta apposta per difendere i suddetti organismi che, se pescati senza controllo, rischiano di far la fine del corallo di Sciacca, oggi totalmente estinto. I fondali marini e i loro organismi vanno tutelati, ricordatevelo sempre!

Evidentemente a Troise le vongole non piacciono e spera si estinguano presto.

L’articolo prosegue nominando altri casi che a detta di Troise attaccano solo il prodotto italiano per favorire quello straniero, perché evidentemente noi siamo la Cenerentola dell’Unione, sempre costretti a subire. Ma non è così, anche su cioccolato, parmigiano, olio d’oliva le cose non stanno esattamente come vengono raccontate. Siamo di fronte allo stesso genere di difesa che vediamo fare dai coltivatori di grano italiano contro i pastai italiani che scelgono di comprare grano importato. Poco importano i fatti, poco importano i consumatori, l’unica cosa che interessa è attaccare il “nemico”, che in questo caso è l’Unione.

Sia chiaro, in chiusura Troise si lamenta delle tante contraffazioni made in Cina che subisce il prodotto italiano e spiega che è importante combatterle, e su questo sono perfettamente d’accordo, ma non è attaccando l’Unione che si risolverà qualcosa, specie se nel farlo ci prestiamo alla disinformazione di parte.

Su BUTAC ho già parlato più volte di Unione Europea e direttive:

Informarsi in maniera corretta è possibile, provateci anche voi!
maicolengel at butac punto it
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