Il padre arrestato in Canada

...e il pessimo giornalismo

Ci avete segnalato una storia apparsa nei giorni scorsi su alcuni giornali italiani. Una storia che ritengo vada trattata appunto per come viene raccontata da queste testate.

Titola Tempi:

Il padre messo al gabbio dalla legge Zan canadese

A parte il fatto che vorrei sapere chi ha scelto il titolo dell’articolo, cosa è, un ex trafficante di armi? Il “gabbio”? Ma siamo seri? Ma vabbé…

Veniamo alla storia che ci viene raccontata:

Robert Hoogland ha ammesso di aver violato gli ordini della Corte Suprema della British Columbia che gli impedivano di parlare pubblicamente del “suo caso” – quello di un padre che si oppone alla transizione di genere avviata dai medici senza il suo consenso sulla figlia minorenne -, patteggiando col procuratore generale una pena pari a 18 mesi di libertà vigilata.

Questo è quanto racconta Tempi.

Noi cerchiamo di riassumere la storia per punti, basandoci su un un elenco fatto da una nostra lettrice, che ringraziamo di cuore:

  1. c’è una ragazzina che da quando ha 11 anni è affetta da disforia di genere e vuole essere riconosciuta come maschio, e per questo chiede aiuto allo psicologo scolastico e agli insegnanti;
  2. la ragazzina soffre e tenta il suicidio;
  3. la ragazzina desidera cambiare sesso e la madre la appoggia;
  4. il padre è contrario;
  5. come succede nei Paesi civili, in caso di contrasto tra genitori (che, aggiungiamo, sono separati) si va dal giudice;
  6. una serie di esperti viene coinvolta: psicologi, endocrinologi, medici vari, uno psichiatra che attesta che la ragazzina ha la maturità per comprendere cosa succede e per decidere in merito, e che avendo già tentato il suicidio c’è un alto rischio che ci riprovi;
  7. il tribunale, sulla base della legge, dà l’ok all’inizio della transizione e accerta il diritto della ragazzina a diventare un ragazzino;
  8. il padre si oppone;
  9. il tribunale stabilisce che il ragazzino debba essere rispettato nella scelta e che la sua privacy vada tutelata;
  10. il padre continua a rivolgersi al ragazzino con appellativi femminili, come se tutto l’iter giudiziario, medico e psicologico fossero acqua fresca; il padre continua a pubblicizzare il fatto e a divulgare informazioni personali del figlio, in contrasto con quello che il giudice aveva espressamente stabilito; il padre racconta su social e media, esponendo il figlio a una gogna mediatica pericolosa per una persona (minorenne) in una fase delicata della propria vita; il padre lancia anche una proficua raccolta fondi;
  11. il tribunale, verificate le violazioni commesse dal padre contro la sentenza del giudice, lo incrimina e lo fa arrestare.

Sono andato a cercare più info possibili sulla vicenda perché viene cavalcata, oltre che dalle solite testate legate a doppio filo al cattobigottismo, anche da soggetti come il senatore Pillon, per cercare di affossare appunto il DDL Zan.

Tutto comincia nel 2015, quando la figlia di Hoogland ha problemi a scuola. Padre e madre appena separati decidono che possa essere sensato mandarla dal terapeuta della scuola che frequenta. La ragazza continua a vedere il terapeuta per due anni. In questi due anni appare evidente il problema della figlia, non si sente a proprio agio come ragazza, si sente un ragazzo, e vuole essere riconosciuta come maschio, non come femmina. L’ospedale che la segue e che certifica la sua disforia di genere conclude, dopo accurate visite, che possa cominciare il trattamento ormonale. Questo trattamento, come spiegavamo già anni fa, serve a:

prendere tempo per arrivare a una diagnosi accurata e a un’età in cui si può fare una scelta consapevole, migliorando nel frattempo il benessere psicologico degli adolescenti

In pratica si blocca la pubertà. Provate a capire: siete nata femmina, ma vi sentite maschio, arriva l’adolescenza, voi continuate a sentirvi maschio, ma vi cresce il seno, i ragazzi cominciano a guardarvi in altro modo. Sareste a vostro agio?

Ma andiamo avanti nel racconto. Hoogland viene informato dall’ospedale della diagnosi di disforia e del loro suggerimento di cominciare il trattamento ormale per bloccarne la pubertà, e risparmiarle pesanti interventi chirurgici quando raggiungerà la maggiore età nel caso decida di proseguire nel suo percorso di transizione, perché questa è l’altra cosa che non viene spiegata da nessuno. Hoogland informa l’ospedale che lui è contrario al trattamento. Nega il suo consenso. Ma in Canada c’è una legge del 1996 (che nulla ha a che fare con la disforia di genere) che dice che un minore può scegliere un trattamento sanitario – se questo è stato prescritto dai medici che lo seguono e giustificato con una diagnosi – anche senza il consenso dei genitori.

Seguite le linee guida per il trattamento e la diagnosi, ospedale e ragazzino decidono di proseguire nell’iter per cominciare il trattamento. Il padre non accetta tutto questo e decide di rilasciare interviste e quant’altro può fare per raccontare la sua storia. Il figlio (che, ricordiamolo, in passato ha già tentato il suicidio) si sente minacciato da questo e delle reazioni mediatiche che il padre scatena, e gli chiede di smettere di violare il suo diritto alla privacy raccontando i fatti suoi in giro. Il padre non accetta e si ritorna di fronte a un tribunale, che impone al padre il silenzio stampa sulla vicenda. Per non aver seguito la sentenza il padre è stato condannato al carcere.

Tutta questa storia è difficile da capire se non si è studiato il tema a sufficienza: la disforia di genere è qualcosa di delicatissimo e complesso. Ed è una condizione che se non trattata come richiede può portare a depressione grave, a quella che viene definita oggi una “incongruenza di genere”. Si sviluppa proprio negli anni dell’adolescenza, e non è un disturbo psichiatrico come alcuni vorrebbero farvi credere, non è una malattia, non è qualcosa da cui si può “guarire”. L’unico modo di superare la disforia è riuscire ad affermare la propria identità, diversa da quella di nascita. Si tratta di materia delicata che viene studiata in medicina da anni.

Da papà capisco perfettamente le perplessità di chi non ha presente di cosa stiamo parlando, e so che si tratta di un argomento delicatissimo. Ma ciò non toglie che le vicende di questo tipo debbano essere raccontate nella maniera corretta. Cosa che non fanno i tanti che sostengono che quanto avvenuto in Canada abbia a che fare con una legge simile al DDL Zan. Sono bugie, bugie raccontate apposta per spingere l’opinione pubblica a boicottare il DDL, come in precedenza avevano boicottato il DDL Scalfarotto-Leone.  Proprio qui su BUTAC già nel 2014 trattavamo una storia simile. E più volte ho dovuto spiegare cosa fossero i trattamenti per gli individui che soffrono di disforia di genere prima di essere arrivati alla maggiore età.

Fin dall’apertura del nostro sito parliamo di disforia di genere, e credo sarebbe utile a tutti rileggersi alcuni vecchi articoli.

Dall’ultimo nostro articolo sul tema a oggi c’è una novità: oggi esiste uno studio pubblicato sul British Medical Journal of Medical Ethics l’anno scorso che fa riferimento proprio a una problematica come quella evidenziata da questo caso, ragazzini che manifestano una disforia di genere e che non hanno il supporto dei genitori.

Vi riporto, tradotte, le conclusioni dello studio:

Nonostante l’assenza di chiare linee guida cliniche per i minori transgender che richiedono cure mediche in assenza del consenso dei genitori, esistono precedenti etici e dati clinici sufficienti per concludere che il trattamento non dovrebbe essere rifiutato quando un minore è a rischio di sofferenze indebite. Poiché ci sono prove che suggeriscono che la disforia e le comorbidità associate sarebbero alleviate dal trattamento, questa logica è in linea con i criteri di Diekema per il consenso dei genitori e il principio del danno di Mill. Sebbene l’orientamento non sia una legge, la capacità di un minore transgender dovrebbe essere fortemente sostenuta in una questione coerente con il trattamento generale degli adolescenti da parte di un fornitore in qualsiasi altro contesto medico-decisionale come i servizi per le malattie sessualmente trasmissibili e la contraccezione.

Vivo in Italia, so che la lobby vicina a Pillon e a testate come Tempi è potentissima, ma spero sempre che le nuove generazioni siano capaci di eliminare dalla scena politica i bigotti e cambino finalmente le cose una volta per tutte. Nel mentre cerco, per la seconda volta in pochi giorni, di farvi capire perché Pillon e Tempi abbiano sbagliato collegando il caso di Hoogland al DDL Zan. Il padre non è stato condannato per aver espresso la propria opinione di genitore contrario alle scelte la propria prole. No, il padre è stato condannato in quanto ha disatteso la sentenza di un tribunale che nel 2019 gli chiedeva di smettere di cercare di convincere la figlia (già definita figlio dalla corte) a interrompere i trattamenti per la disforia di genere. E smettere di condividere informazioni che riguardassero la sua identità.

 

I motivi della sua incarcerazione – basata peraltro sulla scelta di autodenunciarsi volontariamente – sono legati all’aver disatteso la sentenza del tribunale, continuando a riferirsi al figlio con il suo nome di nascita e pronomi femminili, chiedendogli di interrompere i trattamenti per la disforia di genere, violando il suo diritto alla privacy e a una vita con l’identità che sente più appropriata. Sfruttare la notizia per attaccare il DDL Zan è da sciocchi. Chi lo fa sta cercando di avvelenare il pozzo, evitando di spiegare che la vicenda non ha nulla a che vedere con quanto presente nel Disegno di Legge che in tanti vorremmo venisse approvato.

Chi lo fa trema all’idea di poter esser sanzionato perché persona gretta e bigotta che vuole impedire al suo prossimo di vivere sereno, di non sentirsi sbagliato chiunque lui o lei sia.

Purtroppo in Italia di soggetti del genere è pieno.

I figli non sono nostra proprietà privata, sono esseri umani che hanno diritto a essere rispettati.

Non credo di poter aggiungere altro, ma vorrei tanto che un abbraccio virtuale raggiungesse quel ragazzino che oggi ne ha tanto, ma proprio tanto bisogno.

maicolengel at butac punto it

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