Il Parlamento europeo e il reddito di cittadinanza

La notizia di cui andiamo a parlare è vecchiotta, ma me l’avete segnalata come circolante anche in questi giorni, chissà come mai…

Ho pensato sia interessante studiare questo esempio per capire come funziona la manipolazione della percezione dei propri sostenitori. Tanto ormai le jeux sont fait, anche se devo ancora capire che tipo di coalizione vedremo a governarci.

Il sito del Gruppo EFDD, Parlamento Europeo Movimento 5 Stelle, pubblicava a ottobre 2017:

Voto storico al Parlamento europeo: sì al Reddito di cittadinanza per tutti

Avete letto con attenzione: reddito di cittadinanza, detto anche reddito di base. Il sito dell’Unione Europea è aperto a tutti, e moltissima della documentazione è disponibile in più lingue. Qui possiamo trovare in italiano la Risoluzione (non legislativa) a cui fa riferimento il sito del M5S.

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 ottobre 2017 sulle politiche volte a garantire il reddito minimo come strumento per combattere la povertà

Garantire il reddito minimo

Io capisco che sembri tutta una faccenda di semantica, ma lo capite che invece è una questione diversa? A parte il fatto che la risoluzione non essendo legislativa poteva anche parlare del sesso degli angeli che poco cambiava la situazione. Ma quel “garantire il reddito minimo” non significa dare a tutti un reddito di cittadinanza, bensì cercare di trovare, Stato per Stato, regione per regione, regimi di reddito minimo adeguati.

Il reddito di cittadinanza propriamente detto:

è una erogazione monetaria, a intervallo di tempo regolare, distribuita a tutte le persone dotate di cittadinanza e di residenza, cumulabile con altri redditi (da lavoro, da impresa, da rendita), indipendentemente dall’attività lavorativa effettuata o non effettuata (dunque viene erogata sia ai lavoratori sia ai disoccupati), dal sesso, dal credo religioso e dalla posizione sociale, ed erogato durante tutta la vita del soggetto

Mentre garantire un reddito minimo è una forma di ammortizzatore sociale, per combattere la povertà. Viene dato solitamente a chi è in età lavorativa ma non ha un lavoro, o se ce l’ha non fornisce un entrata adeguata a soddisfare i bisogni minimi.

Si tratta di cose diverse che hanno campi applicativi differenti. Buttare tutto nello stesso calderone è a mio avviso ingannevole, ed è una delle ragioni per cui non mi stupisco se qualche centinaio (ma anche migliaio) di soggetti avesse chiesto lumi ai CAF presenti sul territorio. Anche io, non sapessi fare ricerche adeguate, avrei avuto il dubbio leggendo i titoloni di ottobre.

Mi lascia un filo sorpreso che vengano ritirati fuori in questi giorni, viste le polemiche sulle “file” ai CAF. Sembra quasi che le si voglia creare per davvero quelle file e quegli assalti. Chissà.

A voi ogni ulteriore commento.
maicolengel at butac punto it
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