La dieta fruttariana nell’uomo primitivo

FRUTTARIANI

Un lettore ci ha segnalato un articolo sulle origini fruttariane dell’uomo sul sito Conoscenzealconfine e quell’articolo mi ricordava qualcosa. Posso dimenticarmi cosa ho mangiato ieri, ma ricordo un articolo se l’ho letto, anche se da un’altra fonte. Abbiamo affrontato altre volte la dieta fruttariana- qui un esempio – e l’articolo in questione si intitola L’uomo si nutriva di sola frutta: lo dimostra uno studio paleontologico
frutta

Ecco, un’altra conferma! Ora vediamo di smetterla di raccontare barzellette sull’alimentazione umana!!!

Questa frase, aggiunta dall’autrice del pezzo, è il primo segno del livello di serietà di questo articolo.

Studi preliminari sui denti fossili hanno condotto il Dott. Alan Walker, antropologo dell’Università John Hopkins a suggerire una ipotesi sensazionale: gli antenati umani, in origine, non erano prevalentemente mangiatori di carne e neppure di semi, germogli, foglie o erbe. Né erano onnivori. I loro denti invece sembrano mostrare le tipiche caratteristiche di chi si nutriva di una dieta a base di frutta.
Almeno fino all’arrivo dell’Homo erectus, la specie immediatamente precedente all’Homo sapiens, non c’è evidenza della dieta onnivora, che oggi è tipica degli esseri umani.
Se confermati, i risultati rovescerebbero parecchi presupposti comunemente ritenuti validi circa la dieta degli ominidi delle origini, ovvero le creature della specie umana. Si è ritenuto generalmente, per esempio, che i grandi molari, piatti in superficie, delle specie robuste di Australopiteco [uomo preistorico]e quelli appartenenti all’essere propriamente umano, chiamato Homo habilis, avessero in sé le caratteristiche degli onnivori, mangiatori di carne mescolata a radici, frutta secca a guscio, uova, germogli e frutta.
“Non voglio sbilanciarmi troppo ancora” – ha detto il Dott. Alan Walker – “ma è senz’altro una sorpresa”

Leggendo la prima parte mi sembrava di aver già affrontato questa storia, ma ci arrivo dopo. La prima cosa da fare in questi casi è guardare se c’è indicata la fonte, e già qui potremmo chiudere tutto: la fonte è il blog di Valdo Vaccaro. Mai nome fu più appropriato: quel blog è un ammasso di disinformazione e bufale di quelle pericolose per la salute. Personalmente ho scritto solo una volta su di lui e mi è bastato. Il link in realtà è solo verso il blog, non alla pagina corretta, altra abitudine assurda, ma dopo qualche tentativo di recuperarlo mi sono ricordato dove avevo già letto quelle informazioni: il mio articoletto sui melariani.
Scorrendo le pagine del sito di Andrea Conti mi ero imbattuto in una traduzione del 2012 di un articolo del New York Times. Non so se la traduzione sia sua o meno, ma cita la fonte in inglese. (Ai tempi avevo erroneamente indicato un altro articolo come fonte prendendo in giro la sua traduzione, e mi sembra strano. Forse non era indicata ai tempi o forse semplicemente non me ne sono accorto, ma ho corretto.) Cominciamo a spostare indietro il bufalorologio© di 3 anni, ma state pronti a fargli fare un altro bel giro. Già con questo salto “Studi preliminari”, “Se confermati” e “Non voglio sbilanciarmi” suonano strani, ma consideriamo anche che l’articolo da quale attingono e che presentano come una novità – “Ecco, un’altra conferma!” – è del 1979, per la precisione del 15 maggio 1979. Solo quasi 37 anni fa.
ny
Il Dott. Alan Walker esiste, attualmente è professore di Antropologia e Biologia alla Penn State ed è una autorità nell’ambiente. Stiamo parlando però di studi preliminari di quasi quaranta anni fa, non proprio breaking news, ma a chi copia e incolla questi articoli non gliene importa nulla, figuriamoci se investono il loro tempo nel fare indagini o verifiche. Analizziamo un attimo però quanto viene detto:

Il campione dei denti studiato finora è piccolo – poco più di due dozzine dei principali quattro tipi rappresentativi degli ominidi – ed ulteriori analisi potrebbero confutare le ipotesi iniziali. Ma, sebbene il campione sia piccolo, nessuna eccezione è stata trovata.
Ogni dente esaminato appartenente agli ominidi del periodo da 12 milioni di anni fa fino all’Homo erectus (un milione di anni fa quando migrò dall’Africa), è sembrato appartenere a mangiatori di frutta. Il dente di ogni Homo erectus era quello di un onnivoro. L’Homo erectus è stata la prima forma umana nota per essere emigrata al di fuori dell’Africa. (il grassetto è mio)

Cosa ci sia di così incredibile in tutto questo faccio fatica a capirlo. Le analisi sono state fatte sui denti di ominidi precedenti all’Homo Erectus, che è l’antenato diretto dell’Homo Sapiens. L’Erectus è una specie di spartiacque: secondo quelle che sono le teorie evoluzionistiche dell’essere umano, che ha origini in Africa, è stato il primo a colonizzare il mondo.
Evoluzione_umanaDi che Homo fossero i denti e di quanti anni prima dell’Erectus non lo sappiamo – dall’immagine nell’articolo posso presumere di diversi tipi di Australopiteco – ma immaginare che gli Australopitechi si cibassero in maniera più simile alle scimmie non è una cosa così scottante e, soprattutto, non ci dà alcuna indicazione di come dovremmo mangiare noi. Il ragionamento che viene fatto nella seconda parte dell’articolo segnalato NON è della fonte originale del ’79, e ci dice:

Vero è però che il genere umano ad un certo punto della storia, acquisì abitudini onnivore. Ma un milione di anni di carne (che non era un alimento quotidiano) contro milioni di anni di frutta non ha cambiato la struttura anatomica e fisiologica del corpo. Egiziani e persiani vivevano esclusivamente di frutta e vegetali. Gli spartani erano mangiatori di frutta. Gli antichi greci basavano la loro alimentazione su frutta e verdura.

Credo che queste persone non abbiano capito come funziona l’evoluzione. Saltiamo a piè pari le stupidaggini su Persiani, Egiziani e Greci, ma sì, in questo milione di anni di evoluzione qualcosa è cambiato, e non può essere solo una questione di gusto. Il Sapiens non è un Neanderthal, che non è un Erectus, che non è un Habilis, che non è un Australopiteco, fossero stati la stessa cosa non ci sarebbe stato bisogno di differenziarli. Citando il nostro Uriel:

Se neghiamo il discorso (evoluzione) allora torniamo tutti ad un nutrimento autotrofo perché fino a prova contraria deriviamo tutti da procarioti con questo nutrimento…

L’evoluzione è influenzata dalle necessità e dalla capacità di adattamento oltre che dalle mutazioni e se gli antenati dell’Homo Erectus erano frugivori rimane il fatto che l’Homo Erectus non lo era. Inoltre la dieta “fruttariana” dell’Australopiteco non sarebbe quella che oggi propongono e il Dott. Walker lo dice chiaramente (testo presente anche nel pezzo del ’79):

Se è vero che gli ominidi dei primordi erano principalmente tutti mangiatori di frutta, questo fatto suggerirebbe uno stile di vita simile a quello degli scimpanzé che vivono nelle foreste, come la maggior parte degli antropologi aveva intuito.
Tuttavia il Dott. Walker osserva che una dieta a base di frutta non deve identificarsi con quello che gli Americani intendono in senso stretto – arance, prugne, mele, banane ed altri prodotti estremamente dolci e molli. Centinaia di piante producono frutti più duri e più sostanziosi. Il baccello dell’albero dell’acacia è solo un esempio e oggi è abbastanza comune in Africa. Si sviluppa nelle regioni leggermente boscose vicino ai pascoli considerati solitamente come la casa degli ominidi delle origini.

angurie
notate le angurie qualche secolo fa

La frutta che mangiamo noi NON è la frutta che mangiavano gli ominidi in questione. Innanzitutto questi non avevano il supermercato dove andare a comprare la frutta esotica e la frutta ai tempi non era come la conosciamo oggi. Provate a cercare come erano le banane e le angurie anche solo poco tempo fa. Una dieta fruttariana sviluppata oggi quindi non avrebbe nulla a che fare con quella “originale” che dovrebbe anche limitarsi ai soli prodotti originari dell’Africa. Ma quanto erano affidabili i test fatti negli anni ’70? In realtà non molto, facciamo un salto al 2005:

Traditional examinations of these ancient teeth — counting pits and lines on a black and white electron micrograph image — suggested that A. africanus ate tough foods and P. robustus dined on hard, brittlefare. However, the researchers used a new technique developed by Ungar and his colleagues that combines engineering software, scale-sensitive fractal analysis and a scanning confocal microscope to create a reproducible texture analysis for teeth — and the analysis tells amore complete story.
The researchers credit the new method of examining microscopic wear on teeth with allowing them to gain new insights into dietary evolution. “The old technique was subject to observer error, so we couldn’t get a handle on whether the variation we observed was real or the result of observer error in data acquisition,” Ungar said. “The new technique is free of subjective observer error, so the variation we see is real.This allows us to actually look at within-species variation. We can finally get beyond ‘these differed’ and start to understand how much they differed and overlapped, and what this means in terms of their adaptations and evolution.” (grassetto mio)

I sistemi utilizzati in precedenza erano fortemente influenzati dagli errori dell’osservatore, mentre i sistemi più moderni rimangono più oggettivi oltre che più precisi. Gli studiosi hanno accesso a nuovi dettagli e possono raccogliere molte più informazioni. Ungar, quello che ha sviluppato la nuova tecnica, ha pubblicato questo studio nel 2010.

So in the end, what can be said of the microwear of Au. anamensis and Au. afarensis? We may reasonably infer that specimens examined for this study did not have a diet dominated by hard and brittle foods, at least shortly before death. Picq (1990) proposed that Au. afarensis often consumed soft foods that were not fracture resistant, but had craniomandibular adaptations for seasonal consumption of hard, brittle foods. Grine et al. (2006a,b) further suggested that traditional microwear results for both Au. anamensis and Au. afarensis are best explained by food preferences for less mechanically challenging foods, though as Ungar (2004) noted, their occlusal morphology would have allowed the consumption of hard, brittle items in times of dietary stress when favored foods were unavailable. The microwear texture analysis data presented here cannot be used to falsify the notion of rare hard-object feeding, but it also provides no evidence for it. Whether or not the craniodental specializations seen in Au. anamensis and Au. afarensis are adaptations for the occasional consumption of hard, brittle foods, however, their microwear texture patterns are consistent with the regular consumption of softer and or tougher items. (grassetto mio)

Questi ominidi presentano degli adattamenti della struttura cranio-mandibolare che permetteva loro di consumare cibi più duri come la carne, ma dai segni sui loro denti non c’è modo né di confermare né di smentire questo fatto: i dati a disposizione non permettono di stabilire se mangiassero solo cibi più morbidi – che richiedono quindi meno masticazione come per esempio la frutta – ma non si può escludere che mangiassero carne. Quasi certamente non era il loro cibo preferito, ma erano in grado di mangiarla senza problemi, soprattutto quando non avevano accesso ai loro cibi preferiti. Se non si rimane scioccamente ancorati ad analisi degli anni settanta si scopre inoltre che ci sono altri studi che dimostrano come il consumo di carne sia di gran lunga precedente all’Homo Erectus:
carne

Evidence for stone-tool-assisted consumption of animal tissues before 3.39 million years ago at Dikika, Ethiopia
On the basis of low-power microscopic and environmental scanning electron microscope observations, these bones show unambiguous stone-tool cut marks for flesh removal and percussion marks for marrow access.(grassetto mio)

Già attorno ai 3 milioni di anni fa i nostri antenati utilizzavano degli strumenti in pietra per rimuovere la carne dalle ossa e per rompere le stesse per il consumo del midollo. A differenza dello studio dei denti che ha dei limiti oggettivi – dai segni di usura e dal loro confronto possiamo farci una idea di come mangiassero, ma non ci sono certezze – in questo caso abbiamo delle prove non ambigue che gli Australopitechi uccidessero animali, rimuovessero la carne dalle ossa e ne consumassero il midollo.
Cercando materiale ancora più nuovo ho trovato una pubblicazione del 2012, per la quale anche Alan Walker ha fornito consulenza, dove si analizzano un po’ tutti i dati sulle dentature degli ominidi e si dice che

studioAre these lines of evidence consistent with increased meat eating or tool use in food preparation? The short answer is yes.

Gli studi e le ricerche effettuate dopo il 1979 ci dicono che già gli Homo più antichi mangiavano carne e l’evoluzione della dieta è stata influenzata molto dalla disponibilità del cibo –  avere strumenti per cacciare e lo sviluppare tecniche di caccia ha permesso di incrementare il consumo di carne. La scienza funziona in questo modo: nuovi dati portano a nuove conclusioni.
Dobbiamo rimanere ancorati alle parziali conclusioni del 1979 o muoverci in avanti a quelle del 2010 e oltre con strumenti migliori e molti più dati? Secondo voi cosa sceglieranno le persone che devono giustificare ad ogni costo la dieta fruttariana? In poche parole i nostri antenati più vicini erano sicuramente onnivori, e quelli un poco più lontani lo erano lo stesso, ma mangiavano meno carne perché avevano meno risorse, o non c’erano le condizioni ideali, per procurarsela. Erano anche più piccoli, quindi con massa muscolare inferiore alla nostra, e di conseguenza avevano bisogno di minori quantità di proteine e calorie.
Siete liberi di mangiare come volete. Volete seguire una dieta vegana, vegetariana, fruttariana o addirittura melariana? Fatelo, ma che ve frega cosa mangiavano gli Australopitechi? Cosa cambia? Noi siamo dei Sapiens, che discendono dagli Erectus che sappiamo essere onnivori. Che bisogno c’è di mentire a voi stessi per giustificare la vostra scelta? Non è abbastanza per voi che sia una scelta etica? Dovete cercare qualche altra motivazione che vi spinga a rinunciare alla carne? Non è che forse state sbagliando qualcosa?
Nessuno vuole farvi rinunciare alla vostra dieta vegetariana, anche perché a nessuno importa di quello che mangiate. L’importante è che sia una scelta consapevole e informata. E con informata intendo dire che vi siate informati veramente, non da chi vi spaccia sconvolgenti scoperte di 40 anni fa come se fossero di ieri o non ancora soppiantate da altre ben più recenti.
La disonestà intellettuale di chi confeziona questo tipo di controinformazione si rivela anche nel mischiare parti autentiche di articoli giornalistici con parti di altri autori senza specificarlo, facendo credere che sia tutto un’unica storia. Come al solito poi si omette di citare le date, così da rendere il tutto riciclabile. Nel finale dell’articolo segnalato, come ho già detto, c’è una parte non presente sul NY Times, dove vengono fatte delle osservazioni su altri motivi per il quale dovremmo considerare l’uomo fruttariano. Non so se siano di Vaccaro o di Beatrice. Passo la tastiera al dott. PA che si è offerto di darmi una mano.
Buon appetito.
neilperri @ butac.it

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Sì, l’articolo non è sulla paleodieta, ma cercavo una immagine simpatica

Il buon Neil mi ha chiesto di completare questo ottimo articolo andando ad analizzare la parte di maggiore competenza medica. Come spesso accade a chi non ha dati, per supportare la propria tesi ci si azzarda a spararla grossa. Per questo l’articolo originale conclude con questo passaggio:

A parte gli occhi che guardano avanti e non ai lati, le mani prensili e delicate, non aggressive, il pollice della mano opponibile e concepito per raccogliere e trattenere nocciole e pomi; a parte la dentatura adatta a masticare vegetali, semi e frutta; a parte la conformazione intestinale oblunga (12 volte la lunghezza del tronco), e tantissime altre indicazioni a conferma del suo vegetarianismo, tre caratteristiche ancor più fondamentali e significative sono:
A) il sangue e la saliva umana, che sono alcaline e non acide (come nei carnivori-onnivori).
B) la totale assenza nell’uomo dell’enzima uricasi, che serve a disintegrare e disattivare il micidiale acido urico delle carni, mentre detto enzima è abbondante negli animali carnivori-onnivori.
C) la scarsa presenza di acido cloridrico nello stomaco umano, con conseguente difficoltà a disgregare le proteine animali, mentre tale presenza acida nei carnivori-onnivori è 10 volte più intensa.

La parte di introduzione all’elenco ci fa comprendere come chi sta scrivendo pensi che per essere carnivori si debba per forza essere dei canidi o dei felini, ma questa concezione non ha nessuna motivazione plausibile. La specie di Homo sapiens sapiens si è adattata a una dieta onnivora, o meglio: quella parte di ominidi che ha compiuto questo passo ha avuto come vantaggio evolutivo quello di avere accesso a fonti di cibo diversificate, che hanno portato alla sua diffusione in aree molto differenti del pianeta Terra. Ovviamente i caratteri fenotipici maggiori sono molto differenti da quelli di altre famiglie di animali, ma questo fattore non può essere utilizzato come dirimente per sostenere la tesi secondo cui l’Homo sapiens sapiens non fosse onnivoro.
Così come inorridisco davanti alla descrizione che viene fatta della mano. Evidentemente chi ha scritto il pezzo non ha mai visto un fabbro o qualsiasi umano impegnato in attività lavorative intense!
Ma tralasciamo questa marea di sciocchezze per arrivare all’elenco:

  • A) Il sangue umano ha un pH che può variare tra il 7,35 e il 7,45 è quindi è lievemente alcalino. Ma se guardiamo al pH del gatto (che è carnivoro) il pH del sangue si aggira tra 7,24 e 7,40 (fonte). Siamo ancora nel range dell’alcalinità e l’affermazione di per sè perde ogni significato. La saliva umana invece non è alcalina, ma bensì neutra. Il suo pH varia tra il 6,5 e il 7,5 e dipende da molti fattori differenti. Capirete che di nuovo ci viene presentata un’affermazione priva di fondamento. Ma andiamo oltre.
  • B) E’ vero, nell’uomo l’urato ossidasi (chiamato uricasi) è un enzima che non viene più espresso, nonostante sia presente nel nostro genoma. La sua funzione è quella di metabolizzare l’acido urico (prodotto del metabolismo delle purine). Questo nell’uomo non avviene in quanto l’enzima non è presente, ma l’acido viene allontanato dal nostro organismo mediante la funzione emuntoria renale. Si tratta quindi di un altro meccanismo fisiologico che permette di eliminare un acido non volatile. L’enzima uricasi non è più espresso per via di una antica mutazione nei primati, ma il problema non si pone, in quanto è presente il sopracitato meccanismo che evita l’accumulo dell’acido nel nostro organismo. Certamente l’accumulo di acido urico (iperuricemia) che conduce alla gotta fa pensare ai nobili che mangiavano molta carne, ma questo è un esempio di abuso alimentare. In nessun modo l’assenza dell’enzima può supportare la tesi proposta nell’articolo.
  • C) Lo stomaco umano produce il succo gastrico che contiene grandi quantità di acido cloridrico e arriva ad avere un valore di acidità (pH) che oscilla tra 1 e 2. Oltre quella soglia penso che non esistano strutture organiche in grado di resistere. Inoltre perché le proteine animali dovrebbero essere più difficili da disgregare rispetto a quelle vegetali? Le proteine sono proteine. E quelle animali in genere sono anche di più facile accesso perché le membrane cellulari animali sono più facili da rompere rispetto a quelle delle cellule vegetali.

La fisiologia, l’anatomia e tutte queste affascinanti scienze sono estremamente complicate quando vengono studiate nella singola specie, e per effettuare delle comparazioni tra specie è necessaria una conoscenza che l’autore del pezzo evidentemente non padroneggia.
PA
Ricordatevi di amare col cuore, ma per tutto il resto di usare la testa.
neilperri @ butac.it
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