La misteriosa malattia che sta colpendo l’India

Il mistero continua anche dopo essere stato risolto

Il 5 dicembre a Elulu, in India, vengono ricoverati dei cittadini che presentano vari sintomi: vertigini, nausea, attacchi epilettici. Nei giorni seguenti, dall’8 dicembre, le persone ricoverate per gli stessi problemi arrivano a 450, e poi superano i 600, anche se più avanti sono stati dimessi quasi tutti in breve tempo. Tuttavia nei giorni di piena emergenza, i media locali iniziano a diffondere l’ipotesi di una nuova infezione. Uno dei giornali occidentali più famosi e affidabili, The Guardian, riporta la notizia in un articolo sotto il titolo «Misteriosa malattia causa 450 ricoveri nella regione indiana di Andhra Pradesh». I giornali italiani, illuminati da questa notizia, scrivono lo stesso: il “mistero” è la parola chiave di ogni titolo.

La Repubblica:

La misteriosa malattia che sta colpendo l’India: un morto e centinaia di ricoveri

Fanpage:

India, paura per una nuova “malattia misteriosa”: un morto e centinaia di persone in ospedale

Today:

L’infezione misteriosa che ha colpito centinaia di persone nel weekend

I media si comportarono allo stesso modo nei mesi di gennaio e febbraio di questo orrendo 2020, quando ancora si sapeva pochissimo del virus che si stava diffondendo a Wuhan: senza aver imparato niente, trattano in maniera sensazionalistica questa informazione nonostante le persone, ancora oggi, piangano i loro morti e si trovino in difficoltà a causa delle restrizioni per combattere Covid-19. È, purtroppo, il solito allarmismo che cominciamo a temere che non morirà mai, così come non moriranno mai i titoli acchiappaclick.

La frase in grassetto che compare sui motori di ricerca e sui post delle pagine social, per tutti i giornali che l’hanno riportata, serve solo a condurre il lettore al contenuto dell’articolo, così come ogni buon titolo acchiappaclick vuole. E tutti i giornali, una volta cliccato tale link, confermano quella che è la realtà: la “misteriosa malattia” non è altro che un’intossicazione dovuta a un eccesso di pesticidi e mercurio ingeriti con le verdure e il riso. Spiegazione che era stata ipotizzata, da parte di enti ed esperti, già dai primi episodi di contagio a inizio mese. La conferma ufficiale l’hanno poi data gli enti locali, in data 12 dicembre, sottolineando che i test e le indagini non sarebbero terminati.

Scrivere un titolo in questo modo, in questo periodo storico, è giocare con un trigger innescato in tutti i lettori. Fare allarmismo su una malattia, che non è una malattia, e che non causerebbe in nessun modo danno alla salute pubblica, è giocare con la curiosità e l’intelligenza di chi ci segue. Eppure nessun titolista ha scelto una formula più semplice, ad esempio: Nuova malattia in India, gli esperti: «forse intossicazione alimentare o delle acque, test in corso.

Se proprio il giornalista vuole tanto sottolineare le parole “nuova malattia” o “malattia misteriosa”, perché non chiarire subito che si tratta di un malore causato da mercurio, piombo e nichel? No, il giornalista deve sfruttare questa situazione da pandemia globale per trattare informazioni di tipo medico-scientifico nel peggiore dei modi. 

Un appunto sul giornalismo scientifico

Il dibattito scientifico-mediatico non è una vera novità, così come non ci sorprendiamo del metodo clickbait applicato oggi. Da sempre i giornali sbagliano o stano poca cura nel riportare le parole della comunità scientifica, dei medici o dei ricercatori: studi diffusi erroneamente o mal compresi, opinioni di personaggi scientifici che di buono hanno solo un titolo preso decine di anni fa pubblicate senza alcun controllo, o ancora peggio nessun tentativo di interpretare il linguaggio scientifico per poi ostinarsi a riproporlo in pubblicazioni da 500 caratteri, lasciando spazio a qualsiasi tipo di interpretazione.

Nei giorni successivi molte testate hanno aggiunto le informazioni sulle cause dell’infezione in India nel testo del loro articolo, ma non tutte sentono la necessità di specificare che la “malattia misteriosa” non è più misteriosa anche nel titolo, che nella maggior parte dei casi è rimasto invariato.

Trattare il tema dei titoli clickbait è la scoperta dell’acqua calda, ma è interessante notare come, nel giro di appena tre giorni, le istituzioni scientifiche e politiche indiane avessero già confermato che non si trattava né di coronavirus, né di altri agenti patogeni infettivi e che avessero già un’idea abbastanza chiara di cosa stava succedendo. Ma questo a siti, blog e giornali interessa ben poco e la condivisione della notizia riporta lo stesso titolo in più link diversi. 

Ciò che va compreso è che tra comunità scientifica e giornalisti c’è un rapporto difficile. I giornalisti dovrebbero, per loro mestiere e per loro competenza, riportare l’informazione nella maniera più efficace possibile. Dall’altra parte c’è un idioma che tutti fanno finta di masticare senza averlo davvero approfondito: il linguaggio della scienza. Lo scenario ideale sarebbe avere dei giornalisti specializzati nel trattare argomenti scientifici ma come ben sappiamo la situazione dei media in Italia permette a malapena di pagare gli stagisti, figuriamoci assumere e retribuire come meriterebbe un redattore specializzato.

Come tutte le discipline, la scienza può finire nei discorsi e nell’interesse di chiunque (stiamo vedendo giusto in questi giorni quanto gli italiani sono appassionati di immunologia), ma non avere le conoscenze per divulgare correttamente informazioni specialistiche può causare gravi danni. Una semplice pagina di appassionati può diventare la fonte principale d’informazione per alcuni. Una curiosità trasmessa erroneamente può facilmente causare disinformazione e timori inutili. 

Dave Bihrman

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