La protesta del latte

In Sardegna sono giorni che si protesta sul latte. Stanno circolando video di vario genere dove si vedono operatori del settore buttare via litri e litri di latte. Purtroppo la comunicazione sui social fa sì che ci sia molta confusione su questa protesta. Non tutti hanno chiaro perché si protesta, anzi, molti straparlano.

Ad esempio, Diego Fusaro:

Il tweet riporta una foto che mostra appunto due autocisterne, di cosa non è chiaro, seguite da auto della polizia. Dove è stata scattata? Quando? Non ci viene portata alcuna prova di quanto riportato. Dobbiamo fidarci di una foto sfocata. E infatti basta cercare tra i commenti al post di Fusaro su Facebook per trovarne uno che subito riporta:

Quelle autocisterne sono vuote, è partito tutto da una fake news che non hai approfondito. Molto male…

Una fake news? Sono curioso… L’autore del commento poco dopo risponde a chi lo attacca:

Quelle due autocisterne sono di due miei compaesani sardi e Bolotanesi. Erano scortati perché dei cretini diffondono notizie false. Non ti sei nemmeno accorto che nei due video che hai postato non sono le stesse autocisterne da quanto sei deficiente. Infatti le due scortate trasportano in continente latte vaccino per il caseificio della Arbonea, non importano un bel ca°°o di niente ma esportano.
Ecco il video delle due autocisterne, sono piene o vuote allora? Cazzeri chi no ses atteru!

E difatti collegato al commento c’è questo video:

Che ci mostra dei pastori sardi aggredire verbalmente i due camionisti che con tutta calma mostrano che le cisterne sono vuote. Quindi quella diffusa da Fusaro è una bufala. Anche perché la protesta dei pastori sardi non è sul latte vaccino, ma principalmente sul latte ovino e caprino (sia chiaro, da quanto riportano le cronache, tra i camion fermati dai manifestanti alcuni erano anche di latte vaccino e anche quelli sono stati svuotati per protesta, ma non è sul latte vaccino che si sta manifestando). Lettera43 ha riassunto i fatti:

Litri di latte ovino e caprino versati in strada o nei campi. È questo il simbolo della protesta dei pastori sardi che da giorni sversano il liquido alimentare invece di consegnarlo alle grandi industrie della trasformazioni. Perché le grosse aziende casearee e della distribuzione pagano il prodotto alimentare agli allevatori appena 55 centesimi al litro se di pecora oppure 44 se di capra. Troppo pochi secondo chi, da inizio febbraio 2019, sta chiedendo a gran voce un euro più iva per ogni litro di latte prodotto e pastorizzato.

Ma è su Il Post che troviamo una spiegazione del perché di questa oscillazione del prezzo del latte ovino e caprino (la sottolineatura è mia) :

Il calo del prezzo sembra essere legato in particolare all’andamento del mercato del Pecorino Romano DOP, per la cui produzione viene impiegata più della metà di tutto il latte prodotto in Sardegna. Quando il prezzo del Pecorino Romano sale, come era successo due anni fa, sale anche il prezzo del latte; quando il prezzo del Pecorino Romano scende, scende anche il prezzo del latte. La produzione di Pecorino Romano, proprio per evitare grosse oscillazioni dei prezzi, è regolata da quote che vengono stabilite ogni anno, ma che secondo gli allevatori non vengono rispettate da molti caseifici anche per via delle multe molto basse. L’eccessiva produzione di Pecorino degli ultimi anni, spinta dagli alti prezzi che aveva raggiunto il prodotto, ha fatto accumulare a moltissimi caseifici grandi scorte di formaggio invenduto e questo, in pochi mesi, ha fatto drasticamente abbassare i prezzi del prodotto al consumo, con conseguenze arrivate fino ai produttori di latte.

Quindi è probabile si tratti di una conseguenza diretta della scarsa regolamentazione del mercato. Sanzioni troppo basse per chi sgarra facilitano chi se ne infischia delle quote stabilite (mi ricorda qualcosa). Se per qualche anno si è avuta un’eccessiva produzione di pecorino qualcuno ha venduto una maggiore quantità di latte, e può essere che altri produttori abbiano pensato a una crescita della domanda e intensificato gli allevamenti. Quando arriva il crollo della domanda a causa dell’esubero nei magazzini i nodi vengono al pettine.

Un sistema economico che basa la propria sopravvivenza sulle vendite di uno specifico prodotto deve stare molto attento a questi eventi. Sono comprensibili il malumore e le proteste, ma se quelle riportate dal Post sono le ragioni della crisi, purtroppo l’unica via è una maggiore regolamentazione. L’altra via percorribile (sul lungo periodo) è il marketing: rendere più appetibile il prodotto per una più ampia fascia di mercato. Ma non credo che sia materia per i signori che vedo protestare animatamente nei tanti video che circolano sul web.

I pastori sardi quindi protestano perché chiedono di essere pagati di più al litro. La curiosità mi ha portato a cercare il prezzo al dettaglio del latte di capra in altri Paesi. TESCO in UK vende latte di capra a 1.65 sterline al litro, circa 1 euro e 88 centesimi di oggi (11 febbraio 2019). Se usassero il latte sardo ai prezzi richiesti dovrebbero aumentare il cartellino; Tesco infatti ci metterebbe confezionamento e logistica, oltre ai locali di vendita, tutte spese che vanno ad aggiungersi al costo al fornitore di 1€. Tra confezionamento e distribuzione impossibile rientrare nei 1,88€ a litro.

Prima che qualcuno dica che in UK usano latte rumeno qui potete trovare il sito dell’azienda produttrice, dislocato nello Yorkshire. In UK tanti prodotti costano molto di più che da noi proprio perché sono costretti a importarle dall’estero. Il latte di capra lo fanno loro e costa meno che da noi. Mercato di nicchia, sia chiaro, ma esistente: se riescono a tenere prezzi bassi esisterà un metodo. Ma la curiosità mi spinge a cercare oltre.

In USA ad esempio si fatica a trovarlo da Walmart, solo alcuni ne hanno di marche locali, e costa decisamente di più. In Canada invece già nel 2017 si parlava dell’adeguamento prezzi, che nel 2017 erano di circa 0,95 centesimi di dollaro canadese al litro. Nel caso canadese si fa riferimento al prezzo dal pastore/produttore verso il mercato, 0.95 dollari canadesi sono circa 0,63 centesimi di euro.

Un appunto finale: in tutto questo l’Unione Europea o i precedenti governi (ma anche l’attuale, se è per questo) non hanno nulla a che fare. Non è colpa della cattiva Europa se le cose stanno così, o di questo o quel partito. Le crisi di mercato fanno parte del “gioco” in un sistema economico libero, come lo è il nostro. Sta ai produttori cercare di tutelarsi il più possibile, fare investimenti diversificati e analisi di mercato che possano aiutarlo a prevedere cosa gli riserva il futuro. 

Spero di avervi dato spunti di riflessione.
maicolengel at butac punto it
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