La scienza non è fatta di opinioni – Valerio Mocata

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Salve a tutti!

Quella che state per leggere è, a tutti gli effetti, un’ospitata. Mi trovo fuori dai miei lidi abituali, quelli del Ballo del Cervello, per offrirvi qualche riflessione riguardo al post che, in molti, avrete già letto: quel “Vaffanculo, stronzi” che tanto ha girato e continua a girare tra vari profili e pagine Facebook, citato in vari blog, su Tumblr e non so altro dove, che a fare una ricerca davvero esaustiva ci si mettono le ore.

I numeri dell’articolo sono stati incredibili, almeno per i miei standard: più di 40.000 condivisioni solo su Facebook, quasi mille commenti e oltre 300.000 lettori: come se l’intera città di Bari, neonati compresi, avesse letto le mie parole.

Parole che, nella loro durezza (e nel loro registro di volgarità, comunque non maggiore di quella usata quotidianamente dalla maggior parte di noi) volevano essere un grido d’allarme, l’ennesimo e di certo non l’ultimo, per l’oscurantismo in cui ci stiamo addentrando, ormai con entrambi i piedi.

Un oscurantismo che ha toccato anche Butac, che si è vista cancellare la condivisione del mio articolo dalla moderazione di Facebook: evidentemente un paio di parolacce sono estremamente sconvenienti, mentre lasciare tranquillamente pagine che inneggiano a qualsiasi reato possa passare per la mente è in linea con la politica sui contenuti. Rimane un grande mistero, mentre non lo è il fatto che chi non ha capacità di dialogo si ritrovi la segnalazione come ultima arma.

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Sono stati giorni intensi per me, a cercare di capire cosa avesse scatenato il mio articolo: la lettura dei commenti, sia diretti in coda allo scritto che sulle varie condivisioni, mi hanno convinto di alcune cose.

Innanzitutto, non mi pento di ciò che ho scritto, non rinnego una sola parola e, dovessi riscrivere domani sull’argomento, riutilizzerei gli stessi caratteri.

Diversi commenti mi accusavano di strumentalizzare la vicenda della bambina morta per attirare click e like. Ma evidentemente si confonde il commentare (magari non in maniera morbida) un evento con l’utilizzarlo a proprio vantaggio: la tragedia, tale è, ha inequivocabilmente dei fattori scatenanti, e su questi è necessario pensare, riflettere e discutere affinché non si ripetano.

I genitori: ecco, qui mi torna in mente la questione dell’analfabetismo funzionale. Davvero si è riusciti a leggere insulti nei loro confronti? Non mi arrischierò mai ad offendere chi ha appena perso un figlio, quale che sia la ragione. Ma offenderò, e pesantemente, chi, indirettamente ma non troppo in realtà, ha provocato la scomparsa. Senza alcuna remora e sì, sarò in prima fila a puntare il dito visto che la logica perversa del “che male può fare?” ne ha già fatto troppo, di male. No, non i genitori, ma chi li ha mal consigliati, indirizzati ed illusi.

Rispetta la mia opinione: sui vaccini, sull’omeopatia, sulle cure alternative, su qualsiasi cosa. Mi è stato anche scritto questo, di rispettare la loro opinione. Ora, io la rispetterei anche, se gli argomenti fossero altri: si parlasse di chi vincerà lo scudetto, di che colore andrà di moda la prossima estate o di quale gusto di gelato sia più gustoso.

Ma sulla scienza, no. La scienza non è un processo fatto di opinioni, di gusti personali, di preferenze, ma di dati, fatti e continui esperimenti.

Mi è stato scritto:

il tuo atteggiamento è fideistico nei confronti della scienza, ma tu non hai dubbi?

Eccome se li ho. Ma i miei dubbi sono differenti da quelli di chi mi pone una domanda come questa, e che mi dimostra di non aver compreso a fondo (ma nemmeno in superficie) come funzioni il processo scientifico.

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La scienza si fonda sul dubbio: esiste, e deve esistere, il dubbio di sbagliare, perché è l’unico stimolo per rivedere le proprie convinzioni. Tuttavia questo non deve raggiungere l’opposto, cioè il dubitare di tutto: date delle certezze di base, fondate sui più alti numeri di conferme empiriche, si sviluppano teorie e modelli, e quelli che rispondono al maggior numero di interrogativi “vincono” rispetto alle altre, che vengono rigettate perché non soddisfacenti. Un domani altre teorie ed altri modelli più esplicativi e complessi sostituiranno gli attuali: in ultima analisi è un “darwinismo” come modello di evoluzione scientifica, in cui il dubbio è sempre presente come stimolo a migliorare ed ampliare per giungere a migliori formulazioni.

Chi vede la scienza come un monolite rigido, probabilmente non vuole comprenderla.

Questi erano alcuni pensieri, raggruppati per rispondere ai vari commenti che ho ricevuto. So che l’articolo ha avuto un effetto da “OK, panic!” e, se da una parte speravo in questo, adesso mi ritrovo a capire cosa vuol dire esser letto da veramente molta gente: non sempre rose e fiori.

Facciamo così, metterò qualche vaffanculo in meno, ma nessun passo indietro sulle mie idee.

Alla prossima e grazie dell’ospitalità, Butac!

Valerio Mocata