L’accordo da 11 miliardi sul glifosato

Quando i giornalisti faticano a capire i fatti ripiegano sulla narrazione a caso, senza approfondire, come è successo con tantissime testate italiane nei giorni scorsi.

Vi riporto come esempio il titolo usato da La Stampa:

“Provocavano il cancro”, la Bayer patteggia 10,9 miliardi dollari per i diserbanti della Monsanto

Ma la stessa narrazione, senza alcun approfondimento, la possiamo trovare su tantissime testate, perché di giornalisti che in un modo o nell’altro seguono le tesi della lobby anti-glifosato ce ne sono tanti al mondo.

Vediamo di capirci meglio: a oggi, come sapete se leggete BUTAC da tempo, non esiste nessuno studio scientifico che dimostri in alcuna maniera che il glifosato causi il cancro. Se ne parla da anni, ci sono lobby in azione, ma di materiale veramente scientifico che dimostri le tesi che dal titolo della Stampa sembrano accertate nemmeno l’ombra. E allora perché una testata blasonata come La Stampa deve titolare così? Beh, diciamo che è in ottima compagnia, con la differenza che altri hanno comunque riportato tutti i fatti, La Stampa (e altre) si sono limitati a fare giornalismo a tesi.

L’articolo de La Stampa in pochissime righe riassume la vicenda così:

Il colosso raggiunge un accordo da oltre 10 miliardi di dollari per patteggiare decine di migliaia di azioni legali legate al Roundup. La cifra include anche 1,25 miliardi di accantonamenti per far fronte a eventuali nuove cause per il diserbate ereditato con l’acquisizione di Monsanto nel 2018 e accusato di provocare il cancro. Il patteggiamento riguarda circa 95.000 azioni legali, mentre altre 25.000 restano fuori per scelta.

Chiunque legga il titolo e queste righe ha una sola considerazione da fare: Bayer ha patteggiato perché il glifosato provoca il cancro. Ma le cose non sono semplici come sembrano. Intanto c’è sempre da avere ben presente una cosa: le corti di giustizia non stabiliscono il dato scientifico. Specie quando, come abbiamo già visto succedere, il verdetto è deciso da una giuria popolare. Il problema però, proprio negli States, è che molte cause vengono decise da una giuria composta da cittadini scelti casualmente. Cittadini che non sono scienziati, e devono giudicare il prodotto di una multinazionale contro i presunti danni provocati a singoli individui. Per il giurato è molto più facile empatizzare con la presunta vittima che con la grossa multinazionale. I rischi per Bayer, a furia di cause così, sono di rimetterci in spese legali molto di più degli 11 miliardi patteggiati.

Sia chiaro, La Stampa, dopo titolo e introduzione, riporta almeno una cosa nella maniera corretta:

Il glifosato è stato introdotto nel 1974 ma è salito alle cronache nel 1996 con Monsanto. L’ex colosso americano l’ha sempre difeso a spada tratta, ribadendo che anni di studio in laboratorio hanno dimostrato che il glifosato era sicuro. Spiegazioni che non hanno mai convinto e anche ora che Monsanto è scomparsa l’ombra e i dubbi sulla società non si sono attenuati.

Sono 56 anni che si usa il glifosato, fino a pochi anni fa se ne usava in tutto il mondo, solo oggi alcuni Paesi, grazie alla lobby antiglifosato, ne hanno ridotto o vietato l’uso. Ma in 56 anni d’uso non è mai stato provato che causasse un aumento dell’incidenza di tumori. Anzi, se vogliamo dirla tutta l’età media di buona parte del mondo occidentale è aumentata. Le nostre aspettative di vita sono migliori oggi che nel 1974.

Quello che però manca completamente dall’articolo de La Stampa, e di tante altre testate, è che quasi in contemporanea al patteggiamento un giudice federale ha bloccato il tentativo della California di inserire nelle etichette del Roundup l’avvertimento che si tratti di un prodotto che può causare il cancro.

Queste le parole usate dal giudice:

The great weight of evidence indicates that glyphosate is not known to cause cancer,

Che tradotto:

Un grande numero di prove indica che il glifosato non è noto per provocare il cancro

Quindi abbiamo un’azienda, molto ricca, che si è vista costretta a pagare risarcimenti miliardari sulla base delle sentenze emesse da giurie popolari contro le evidenze scientifiche esistenti. Azienda che per cercare di chiudere la questione ha accettato di concludere quasi tutte le cause aperte con un patteggiamento (minuscolo rispetto al rischio reale) che prevede un piccolo risarcimento a ognuno dei querelanti, e una parte di soldi per istituire un team scientifico che si occupi esclusivamente di cercare di chiarire una volta per tutte quali siano i rischi accertati del glifosato. Al momento le uniche “prove certe” dell’essere dannoso sono una classificazione dello IARC che nel 2015 ha inserito il glifosato nel gruppo 2A della sua classificazione delle cose che aumentano il rischio di contrarre un tumore. Il gruppo 2A è composto di 88 agenti che sono probabilmente cancerogeni per l’uomo. Perché una testata come Il Salvagente debba usare una frase così:

…l’accusa per il famoso pesticida, tra i più utilizzati al mondo, è quella di essere un cancerogeno certo. C’è da dire che questa affermazione se è vera per la Iarc, non lo è altrettanto per l’Europa che, sulla base di studi controversi, ha rinnovato l’autorizzazione all’uso del glifosato.

…onestamente fatico a comprenderlo. Se hai a cuore davvero la salute dei tuoi lettori le cose devi raccontarle tutte. Il gruppo 2A è quello che include la carne rossa per intenderci, ma anche il lavoro a turni, le bevande molto calde, il caffè, la combustione casalinga di legno e biomasse simili, il friggere ad alte temperature. Tutte cose per cui non vedo lobby fare causa, o chiedere il divieto. Anzi, gli stessi gruppi web che contrastano il glifosato spesso pubblicizzano i camini casalinghi, i cui fumi, come abbiamo appena visto, rientrano nello stesso gruppo di pericolosità del glifosato…

Curioso, non trovate?

Come è curioso pensare che la demonizzazione del glifosato sia cominciata quando è scaduto il brevetto detenuto da Monsanto, e produrre il diserbante è stato possibile per chiunque senza dover necessariamente portare denaro nelle casse di una multinazionale. Quindi gli unici che guadagnerebbero davvero dall’eliminazione del glifosato sono i concorrenti di Monsanto/Bayer che producono altri diserbanti, spesso altre multinazionali, che vedrebbero eliminare dal mercato un prodotto economico, efficace e sicuro (almeno fino a prova contraria, quella prova che in quasi sessant’anni non è mai stata trovata).

Gli studi condotti negli anni non hanno mai dimostrato in maniera conclusiva la sua pericolosità nei modi e dosaggi consigliati (e dopotutto a nessuno verrebbe in mente di bere un diserbante qualsiasi senza conseguenze per la salute, nemmeno se non fosse glifosato, come a nessuno viene in mente di bere la candeggina perché è certo e provato che bevendo candeggina si corrono grossi rischi per la salute; ma non vengono condotte battaglie per eliminare la candeggina dai supermercati, anche se è certo e provato che bevendola si corrono gravi rischi). In compenso abbiamo quasi sessant’anni d’uso massiccio del prodotto in tutto il mondo, senza che si siano osservate problematiche evidenti.

Perché tutti questi dettagli non vengono riportati da tanti giornalisti?

Per tutti quelli che volessero approfondire l’argomento su BUTAC di glifosato abbiamo parlato spesso, qui trovate gli articoli che ritengo più importanti:

Non credo sia necessario aggiungere altro.
maicolengel at butac punto it
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