L’algoritmo che crea casi di Covid

Mi avete segnalato un post che arriva da un gruppo Telegram di un tal Leonardo Santi (oltretutto anche alcuni che seguono BUTAC sono suoi follower, incomprensibile). Ammetto non avevo mai sentito il nome Leonardo Santi, e ho capito perché: la maggior parte delle sue esternazioni le fa al riparo da sguardi indiscreti ai suoi oltre cinquemila follower su Telegram.

Il post è questo:

C’è un algoritmo che genera casi di covid in giro nel mondo. Non ci credete? Scrivete su Google un numero a caso formato da 3 cifre seguito dalle parole “New Cases”. Fate anche voi la verifica. Funziona anche in altre lingue. Ora aspettiamo l’articolo smentita di BUTAC che ormai non sa più che pesci prendere.

Ed eccoci qua. Allora vediamo di capire come funziona il motore di ricerca più famoso del mondo (e se non credete a noi potete chiedere a chiunque conosca un po’ lo strumento internet): Google indicizza risultati di siti che sono stati pubblicati precedentemente alla vostra ricerca, e durante una pandemia mondiale, ogni giorno, ogni Paese del mondo ha pubblicato bollettini con i nuovi numeri di casi. L’avanzamento della pandemia in molti Paesi del mondo è fatto su numeri a 3 o 4 cifre che cambiano quotidianamente. Ci sono milioni di siti al mondo e siamo dentro la pandemia da ormai quattro mesi abbondanti. Statisticamente è probabile che ci siano svariati articoli per ogni combinazione di numeri di 3 cifre collegati alla parola New Cases.

Quello che troviamo cercando quanto vi suggerisce l’amico Leonardo Santi non sono altro che i siti indicizzati con quei numeri. Fosse un “algoritmo di Google” oltre a creare nuovi risultati di ricerca dovrebbe anche essere in grado di realizzare articoli e pagine che quei numeri li citino, in tempo reale, mentre voi digitate nel motore di ricerca. Basta cliccare sui risultati per verificare che non sono “nuovi casi creati dall’algoritmo” ma semplici articoli o pagine, magari di mesi fa, pubblicati via via che la pandemia procedeva. Ci vuole davvero una mancanza totale di spirito critico per non capire queste cose.

Io onestamente non ho parole per descrivere il disagio che provo leggendo post come questo qui sopra. Dimostrano il livello di analfabetismo digitale del nostro Paese. Gente che non ha la più pallida idea di come funzioni la rete, cosa sia l’indicizzazione, come funzioni un motore di ricerca. Gente che avrebbe tanto bisogno di tornare a scuola, anche con la didattica a distanza, nel caso.

Non credo di poter aggiungere altro.
maicolengel at butac punto it
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