Le proteste degli immigrati all’hotel Byron

armanieboss

La notizia:

Quando ricevono i vestiti “standard” dalla Caritas o dal sistema di accoglienza ci rimangono male perché non sono firmati. Loro vorrebbero abiti Armani o Boss, e magari anche le scarpe Pirelli.

“Vogliamo vestiti firmati”

A rivelarlo è stato il presidente della Cooperativa Sar.ha che ospita alcuni migranti all’hotel Byron di Malcontenta (Venezia). Nei giorni scorsi era scoppiata la polemica per la decisione della coop di mettere i lucchetti alle finestre dei migranti per non farli scappare durante la notte. Gli immigrati erano scesi in strada in protesta, anche contro il cibo che non considerano buono. Evidentemente dietro c’era anche dell’altro. I migranti esigono vestiti di marca, firmati, di alta moda. Mica jeans normali: vogliono Armani o Boss.

PER I PIÙ PIGRI:

  • Nessuno immigrato ha chiesto vestiti di Armani e Boss, al massimo delle scarpe!
  • Hanno chiesto scarpe visto che al 26 ottobre avevano ancora solo ciabatte.
  • Si sono lamentati per colpa di lucchetti messi alle finestre che di fatto li bloccano all’interno della struttura, rendendo impossibile uscire in caso di bisogno/emergenza.
  • La struttura non era ancora riscaldata fino a pochi giorni fa

PER I LETTORI DI BUTAC:

La citazione del direttore della Cooperativa Sar.ha viene da un articolo pubblicato sul Gazzettino, le sue parole riportate sul Gazzettino sono:

Senza scarpe, ma con lo smartphone. All’indomani della protesta in strada così apparivano ieri i profughi ospitati all’hotel Byron di Malcontenta. Erano lì, chi bivaccava sui divani e chi gironzolava nei dintorni. «Non abbiamo le scarpe e siamo costretti a stare con le ciabatte anche ora che fa freddo – dice, con poche parole stentate di italiano, Aadan, 24 anni originario della Somalia – anche i vestiti sono leggeri» «Purtroppo vengono in Italia avendo come modello i sistemi di accoglienza del Nord Europa – spiega Lorenzo Chinellato, presidente della cooperativa Sar.ha – quando sono arrivati li abbiamo vestiti, abiti standard. A loro piacciono i vestiti di marca, Armani Boss, ci hanno chiesto le scarpe Pirellli. Questi sono i loro modelli. Quando sono giunti da noi non avevano abiti, ma avevano tutti lo smartphone»..

Non posso dirvi se gli immigrati abbiano davvero fatto richieste così precise come le scarpe Pirelli, ma è lampante che non abbiano detto che vogliono Armani e Boss, ma che si siano lamentati di essere ancora in ciabatte, visto che le scarpe non sono arrivate. Che piacciano i vestiti di marca può essere, si chiamano vestiti di marca, vanno di moda, sono fatti per piacere, no? Ma a me interessa vedere anche il resto della storia.

Intanto vediamo l’Hotel Byron che viene ripreso da Giornali di vario genere. Si trova a Malcontenta, ma quasi nessuna testata spiega che ha due sedi, sulla stessa via Malcanton.

Si tratta dell’ex hotel ristorante Bepi

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Questa è la sede centrale dell’hotel, su Street View con ancora l’insegna vecchia da “Bepi el ciosoto” ma basta guardare con attenzione per vedere il nome Byron.byron-lettere

Ma gli immigrati non stanno qui nella sede di questo due stelle vicino a Venezia. No gli immigrati stanno nella depandance dello stesso, a qualche centinaio di metri dalla sede:byron-immigrati

Meno tirato a lucido, meno d’effetto.

La struttura come spiegato da Gazzettino e Giornale è data in gestione ad una Cooperativa, che qualche giorno fa aveva deciso di mettere i lucchetti alle finestre per evitare che gli stessi potessero uscire durante la notte. Fermatevi un istante, lucchetti alle finestre, così da non farli uscire.

lucchettibyron

Il Gazzettino in poche righe raccontava così la storia:

MALCONTENTA – Poco cibo, freddo e ora anche i lucchettialle finestre, per evitare fughe notturne. Sono stati messi ieri e per i profughi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Così una quarantina, tutti migranti di area sahariana, sono scesi in strada ed hanno bloccato la circolazione. La mobilitazione in realtà è durata qualche decina di minuti, anche perchè sul posto sono arrivati polizia e carabinieri. I profughi, per la maggior parte originari da Senegal, Nigeria, Somalia, Mali e Ghana, tutti giunti in Italia con i barconi e dirottati dalla Prefettura nel nostro territorio, sono ospitati a Malcontenta.

Quindi il cibo che viene fornito dalla cooperativa era definito poco, i ragazzi sono ancora senza scarpe ma con ciabatte e la struttura non era ancora riscaldata e Sar.ha  che gestisce la struttura aveva deciso anche di mettere i lucchetti alle finestre.

E se uno sta male? O se scoppia un incendio?

Le altre cose che andrebbero tenute presente sono che chi si sta occupando di questa struttura riceve soldi dallo stato, soldi con cui dovrebbe fornire vestiti, biancheria, pasti e quant’altro. Dovrebbero bastare a fornire tutto ciò, perché invece si parla di “vestiti della Caritas”? Non è che siamo di fronte all’ennesimo caso dove qualche italiano fa la cresta sulla spesa? E invece che usare i denari per le finalità a cui sarebbero destinati, decide di mettersene in tasca più del dovuto?

Non credo serva aggiungere altro. Gli immigrati non hanno chiesto vestiti di Armani o Boss, è il direttore della cooperativa che intervistato ha detto che a loro piacciono quelli, e non metto in dubbio la cosa, ma tra “mi piace” e “voglio” c’è un mare, come insegno a mio figlio da quando ha cominciato a chiedere giocattoli con insistenza. E magari evidenziare che i ragazzi sono senza scarpe, al freddo e che erano stati chiusi dentro con lucchetti agli infissi sarebbe importante se si vuole fare giornalismo. Ma mi sa che gli articolisti del Giornale siano impegnati a fare politica, il giornalismo a loro interessa davvero poco.

maicolengel at butac punto it

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