Lei è un disinformatore

Il titolo di quest’articolo viene da questo commento apparso sulla mia bacheca Facebook (non quella di BUTAC, la mia personale) a seguito di una discussione sull’aborto a New York (completamente off topic, sotto a un post dove si discuteva di Michael Jackson).

Lei è un disinformatore. Quello che ho spiegato alla sua fiduciosa lettrice è inoppugnabile, spero che nessuno le dia piu’ credito, che lei sia un giornalista o meno: per la categoria mi auguro di no.

Prima di tutto voglio tranquillizzare la mia detrattrice: non sono un giornalista.

L’articolo sulla nuova legge sull’aborto a New York ha suscitato un vespaio di polemiche. Primato Nazionale, accomunandoci a Open e al bell’articolo di Charlotte Matteini, ci ha attaccato sostenendo che siamo noi i bufalari.

Credo sia il caso fare un piccolo approfondimento sulla materia.

Nel mio articolo di venerdì 25 gennaio spiegavo come la legge approvata a New York non sia così dissimile da quella in vigore in Italia. Ci sono solo due cose che vorrei approfondire con voi, sono i due punti su cui ho visto i dibattiti più accesi.

Partial abortion birth ban act

Il primo lo prendo pari pari dalla pagina dell’avvocato Barbara Sgorbiati, che ha fatto un fact-checking del fact-checking e riporta:

Qualcuno ha sostenuto che non è vero che il RHA consentirà di abortire fino al 9° mese; qualcun altro, proprio alla luce di queste disposizioni che ho appena riportato, ha fatto notare che neanche la legge italiana prevede un termine “massimo” e che quindi le due discipline non sarebbero tanto diverse.

Non è proprio così.

L’art. 7 della L. 194/1978, infatti, specifica che “quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto”, l’IVG può essere praticata solo nel caso di pericolo per la vita della donna, e che “il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto”. Generalmente, un feto comincia ad avere possibilità di vita autonoma verso le 23 settimane, perciò anche gli aborti “terapeutici” si praticano fino alle 22 settimane e qualche giorno; dopo quella soglia, in caso di grave pericolo per la vita della donna, si fa quello che, di fatto, è un parto prematuro, cercando di salvare anche il bambino (possiamo chiamarlo così, a questo punto, che dite?).

Quindi direi che no, la nuova legge newyorkese non è simile alla L. 194/1978: consente oltre i sei mesi, di fatto, quello che noi consentiamo fino ai 90 giorni o al massimo entro le 22 settimane e qualcosa.

Quanto riporta potremmo definirlo corretto, se non fosse che anche negli States non si può sopprimere un feto nato vivo.

Quindi? Secondo i critici del nostro articolo e di quello di Charlotte Matteini in USA si praticherebbe quello che viene definito “partial abortion birth”. Una tecnica che permette di uccidere il feto senza aver completamente partorito, in maniera da aggirare la legge in vigore. Ma è una bugia, quella pratica è vietata su tutto il territorio nazionale statunitense dal 2003, ne parlavamo anche noi di BUTAC nel 2016. La legge del 2003 è federale, e non è superata dal provvedimento approvato a New York.

Doctrine of Preemption

Negli Stati Uniti la superiorità delle leggi federali su quelle statali è sancita dall’articolo VI della Costituzione. In caso di conflitto tra una legislazione federale e una statale prevale la prima. Per capirci:

The law that applies to situations where state and federal laws disagree is called the supremacy clause, which is part of article VI of the Constitution. The supremacy clause contains what’s known as the doctrine of pre-emption, which says that the federal government wins in the case of conflicting legislation.

La legge che si applica alle situazioni in cui lo stato e le leggi federali non concordano è chiamata la clausola di supremazia, fa parte dell’articolo VI della Costituzione.
La clausola di supremazia contiene quella che è conosciuta come la dottrina della prelazione, che dice che il governo federale vince nel caso di una legislazione conflittuale

Quindi il Partial abortion birth ban act in quanto legge federale non si può ricorrere alla forma di aborto descritta nei tanti commenti che ho visto girare. Ad oggi non mi risultano altri sistemi abortivi che permettano di uccidere il feto dopo le 24 settimane senza che questi non comportino rischi per la madre.

Born Alive Infants Protection Act

Ma siamo sicuri che la legge di New York non permetta di evitare di prestare assistenza al feto appena nato? Sì, lo siamo, perché ancora una volta esiste una legge federale che anticipa la questione. Risale al 2001, non è stata abrogata e si applica in tutti i casi previsti dalla legge newyorchese. Si tratta del BORN-ALIVE INFANTS PROTECTION ACT OF 2001.

Vi riassumo quanto vi viene riportato: un medico o un infermiere deve assistere in ogni modo il feto nato vivo anche in seguito a un interruzione di gravidanza mentre non deve intervenire se:

  • sia di un’età gestazionale inferiore alle 22 settimane
  • di peso inferiore ai 400 grammi
  • presenti un’anencefalia
  • vi sia una diagnosi confermata di trisomia 13 o 18.

In tutti gli altri casi la legge federale impone di assistere il nato vivo.

L’altra cosa che viene riportata da tanti è che l’aborto a New York potrà essere eseguito anche da non medici, anche qui ritengo vada fatta chiarezza. Corretto che la normativa newyorchese riporti questo. Ma ci sono leggi anche per la pratica medica, e un intervento chirurgico ricade in quelle operazioni che vanno fatte da un medico. Fino ai primi 90 giorni di solito si ricorre all’aborto farmacologico, e questo lo possono fare anche non laureati in medicina. Ma appena si esce dall’ambito dell’aborto farmacologico e si passa a interventi chirurgici, in quel caso la presenza di un medico è obbligatoria. L’ostetrica, l’infermiere possono occuparsi dell’aborto farmacologico, ma non operare sul paziente. Se c’è chirurgia occorre un medico abilitato a operare. Da loro come da noi.

Le mancanze della 194 e gli aborti tardivi

Nessuno su BUTAC nega che in Italia in ambito interruzione di gravidanza con l’obiezione di coscienza e le interpretazioni della legge 194 ci siano problemi. Ma questo non significa che la 194 indichi specifici  termini. Lo fanno le strutture ospedaliere, magari su consiglio medico e/o legale. Costringendo in casi limite chi avesse necessità non contemplate dalla legge ad andare all’estero. I casi di aborto tardivo sono comunque rari, il Sole 24 Ore riportava a ottobre 2016 i numeri per il Lazio:

Nel Lazio, nel 2015, ci sono state 9617 interruzioni di gravidanza (circa il 10% di tutte quelle praticate in Italia). Di queste 55 a 22 settimane, 19 a 23 settimane, e 3 successivamente.

L’articolo del Sole evidenzia come la 194 non specifichi nulla, lasciando troppo all’interpretazione:

Nella legge non si fa mai riferimento all’età gestazionale. Oggi, in molti centri italiani, la sopravvivenza nei nati a 22 e 23 settimane è mediamente del 23% e del 32% (dati 2013 dell’Italian Vermont Oxford Network). In questi nati estremamente pretermine è molto alta l’incidenza a distanza di disabilità. Il problema che si pone è il seguente: il nato da un aborto tardivo, spesso affetto da malformazioni gravi, ha quasi sempre un’attività cardiaca e generalmente muore poco dopo la nascita. Il neonatologo che viene chiamato in sala parto che cosa deve fare? Deve assisterlo come un nato da parto spontaneo? Deve applicare solo cure palliative? Se lo assiste viene riconosciuto come nato vivo e quindi viene aperta una cartella clinica. In caso di decesso andrà poi compilato il certificato di morte, che costringerà i genitori ad occuparsi del conseguente funerale.

Le ripercussioni psicologiche sono rilevanti, soprattutto per la donna.

Sicuramente la normativa in vigore va aggiornata. Ma non oso immaginare il vespaio che si leverà quando si interverrà per chiarire quei punti ancora lasciati aperti a un’interpretazione.

Nel frattempo sia Charlotte Matteini che Snopes erano ulteriormente intervenuti sull’argomento. Nei loro articoli sono spiegati anche i riferimenti ai due casi precedenti su cui si basano le leggi sull’aborto negli Stati Uniti. Non ho ritenuto trattarli ulteriormente. Ma per chi volesse approfondire ne suggerisco la lettura.

Concludendo

Io il mio approfondimento l’ho pubblicato, e spero risponda ai dubbi e alle domande che mi avete fatto in questi giorni. Sono curioso di vedere se l’autrice di Primato Nazionale, meglio nota col suo vecchio nome d’arte Miss Violetta Beauregarde, correggerà qualcosa del suo pezzo, ma anche la simpaticissima commentatrice con cui abbiamo aperto (anche lei ha scritto un articolo inviperito contro di noi). Pubblicheranno smentite e/ correzioni? Aggiorneranno i loro articoli? O se ne infischieranno come capita sempre più spesso?

Prima di arrivare a commentare leggete i link, riflettete, bevetevi una tisana, non c’è fretta, io non scappo.
maicolengel at butac punto it
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