Lettera di un padre alla figlia morta al Bataclan

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Questa lettera l’ho vista girare in lungo e in largo, indirizzata ad una presunta vittima del Bataclan, firmata papà Andreas.
Si tratta di un commovente messaggio ad una ragazza morta al Bataclan, con un solo difetto, sia Lèa, che papà Andreas sono frutto della fantasia di un autrice, Silvia Bottero, come viene evidenziato da Casertace, sito d’informazioni online, che la pubblica specificando fin dalla prima riga:

Riceviamo e pubblichiamo la bellissima e toccante simulazione letteraria di Silvia Bottero

Onestamente cosa sia una “simulazione letteraria” non lo so, e non so neppure se trovo corretto far circolare un falso, quando di motivazioni per deprimerci i fatti di Parigi ce ne hanno dati abbastanza.

E invece la lettera ci va giù pesante con i sentimenti:

“Te l’avevo detto Leá. Ti avevo detto che, fosse stato per me, a quel concerto non ci saresti andata. Un concerto degli Eagles of Death Metal con quel ragazzo che ti porti dietro da due anni. Quel Thomas. Dovevi darmi retta Leá. Invece di arrabbiarti dovevi darmi retta, dirmi che ero stato un buon padre e che non ti avevo mai fatto mancare niente. Dovevi tornare a casa e raccontarmi come fosse stato. Dovevi dirmi che Thomas ti aveva chiesto di sposarlo sulle note di quella canzone, se così possiamo chiamarla, che mettevi sempre quando litigavamo. Quella che hai messo anche stasera. Prima di uscire. Prima di dirmi che mi odiavi. Prima di urlare che la mamma sarebbe stata contenta di vederti con Thomas a quel concerto. Prima di dirmi che poi te ne saresti andata. E non ti ho preso sul serio. Lo dicevi sempre e puntualmente c’eravamo tu ed io sul divano. Tu con la tua testa sulla mia spalla e io con le mia mani ad accarezzarti quei capelli che non pettinavi mai. “Papà sono ricci.” E non era vero che “ogni riccio, un capriccio”. Per ogni tuo riccio si scatenavano dieci tempeste. Però eri buona. Eri tanto buona Leá. Eri tua madre, senza la sua paura di vivere. Dovevi stare a casa Leá. Dovevi credermi quando ti dicevo: “sono tuo padre, decido io.” Tu la chiamavi dittatura, io speravo fosse protezione. Ma non è servito. Tanto non è servito. Ho sentito il boato Leá. E ho sperato che, tempo dieci minuti, suonaste tu e Thomas. Ho sperato che arrivaste piangendo, dicendomi: “sono arrivati. Sono qui e hanno aperto il fuoco tra mille grida e mille occhi.”

Io non conoscevo la “simulazione letteraria” e continuo a non capirne il senso. Ma mi lascia davvero sconcertato che la lettera nel giro di pochissimi giorni abbia fatto il giro della rete, facendo svanire quella premessa che spiega essere un FALSO.
Ogni volta che accediamo ad un social network dovremmo fare qualche controllo, tutti i neuroni sono funzionanti? E ricordaci che condividere tanto per fare è sinonimo di stupidità, è come andare al bar e prendere per buona qualsiasi informazione passi tra un caffé ed un cappuccino, senza accendere quel senso critico e razionale che ci ha permesso di evolverci.
La lettera esiste solo in italiano, e non risulta alcuna Lèa tra le vittime al Bataclan, come mi ha fatto notare chi me l’ha segnalata. Ma oltre alle pagine social, le testate che l’han spacciata per buona si sprecano, tutte ovviamente testate che meriterebbero d’entrare di diritto nella Black List.
Resta il fatto che oltre 45mila like e 20mila condivisioni per un falso mi deprimano non poco.
maicolengel at butac.it