L’evoluzione delle fake news

Una chiacchierata con il Prof. Telmo Pievani

Termina oggi l’evento di Fondazione Veronesi Science for Peace and Health, su BUTAC concludiamo con un’intervista all’evoluzionista Telmo Pievani con il quale abbiamo fatto una piacevole chiacchierata sul tema delle fake news e dell’infodemia. Prima di leggere l’intervista però v’invito a collegarvi qui, dove il prof.Pievani sta per cominciare il suo intervento in streaming dal titolo Gene editing ed etica, una relazione necessaria.

Il prof. Pievani oltre a essere filosofo, evoluzionista e professore di filosofia delle scienze biologiche all’università di Padova è anche membro del Comitato etico di Fondazione Veronesi e interverrà il 13 novembre alla conferenza “Science for peace and health” organizzata dalla stessa Fondazione. Non ho registrato quanto il Prof. Pievani mi ha raccontato, ho preso veloci appunti su un block notes, come si faceva una volta, partendo dalle 3 domande che gli ho rivolto. 


1) Indubbiamente il fenomeno Fake News ha assunto un ruolo di primo piano negli ultimi anni, ma sappiamo che in realtà esistono da sempre. Cosa è cambiato per renderle così predominanti oggi? 

C’è stato un percorso di cambiamento negli ultimi 20 anni: si è passati dalle notizie false e i complotti più classici, più facili da identificare e catalogare, a dinamiche decisamente diverse. Fino a 20 anni fa era più facile vedere condivise notizie legate al paranormale, agli UFO, qualche volta a storie sul satanismo. Era più facile che venisse condiviso un avvistamento di astronave o un possibile impatto dell’asteroide, poi a un certo punto c’è stato un crollo di questo genere di notizie. Nel corso degli anni, soprattutto con l’avvento del web, le cose sono via via cambiate (uno spartiacque probabilmente è stato l’11 settembre 2001 nd maicolengel). Oggi le fake news sono diventate più permeanti, non riguardano più solo determinati settori, ma le troviamo in tutti gli ambiti.  Dalla scienza alla medicina, dalla politica, al giornalismo. Ovunque ci muoviamo c’è il rischio di incontrare fake news, in particolare nella rete, nicchia ecologica perfetta per loro. Questo purtroppo ha aperto la breccia ai malintenzionati, che sfruttano quest’emorragia di disinformazione per fare i loro comodi, ovvero trovare potenziali vittime a cui vendere (o regalare) la loro merce avariata. Purtroppo questo è per tanti pericoloso, in quanto non si tratta più appunto di visionari che prevedono l’arrivo degli alieni. Ma abbiamo ciarlatani e venditori di olio di serpente che promettono cure miracolose per malattie pericolose, abbiamo giornalisti che pur di portare acqua al mulino della propria fazione politica sono disposti a dipingere una realtà inesistente. Le fake news sono tutt’altro che innocue.

2) Thomas Jefferson nel 1807 scrisse una lettera (https://press-pubs.uchicago.edu/founders/documents/amendI_speechs29.html) a un giovane che gli chiedeva suggerimenti su come gestire al meglio un giornale. Nella lettera Jefferson riportava: ” l’uomo che non guarda mai in un giornale è meglio informato di chi li legge; in quanto chi sa nulla è più vicino alla verità di lui la cui mente è piena di falsità ed errori”. È cambiato qualcosa da allora? Che suggerimenti andrebbero dati oggi a qualcuno che voglia fare informazione?

In teoria, oggi, chi legge un giornale, a differenza dell’epoca di Jefferson, dovrebbe essere più informato di chi non lo legge. Ma in realtà oggi chi legge i giornali è più disorientato di un tempo. Le cose sono cambiate molto, dopo un periodo durante il quale leggere i giornali e ascoltare i media era un obbligo se si voleva davvero essere informati, con l’avvento di Internet e il crollo dei modi di fare informazione che questo ha causato oggi purtroppo bisogna stare attenti a cosa si legge e come lo si legge. Abbiamo un serio problema di selezione delle fonti. Quando molti non distinguono un pezzo giornalistico da una pubblicità o da un’informazione tendenziosa inviata da un algoritmo, il problema si aggrava. Se un tempo esisteva la comunicazione istituzionale, di cui ci si fidava a priori (anche quando non è detto fosse corretta, ma non ci si poneva il dubbio), oggi si è persa quella sicurezza disorientando molto l’utente finale. Chi fa informazione dovrebbe tornare a definire cosa è attendibile e cosa non lo è. Bisognerebbe tornare ad avere perlomeno una qualche forma d’informazione istituzionale, non legata a chi governa, ma all’attendibilità delle fonti usate. Va riportato lo Stato dell’Arte delle cose sui media informativi, va condiviso un terreno comune di dati oggettivi (ovviamente in divenire), non il parere di questo o quest’altro scienziato, o l’ennesimo litigio tra virologi ed epidemiologi.  Finché questo non avverrà purtroppo la caduta nel pozzo delle fake news non si potrà fermare. Attenzione però, quando si parla d’informazione istituzionale non bisogna fare l’errore di pensare che faccia riferimento a un’istituzione governativa che sarebbe comunque legata al potere che la controlla. Ma un’istituzione terza, autorevole e indipendente che riporti le fonti di quanto afferma. 

3) Umberto Eco disse: “La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”. Quale  potrebbe essere un approccio corretto per limitare la diffusione di queste false verità? 

 

L’approccio corretto oggi non può più limitarsi al rispondere colpo su colpo alle fake news che vengono diffuse. Bisognerebbe cominciare a fare qualcosa di formativo, che sia complementare al debunking. Vanno spiegate le tecniche e i trucchi sfruttati dai creatori di fake news. Va spiegato come quelle notizie siano in grado di colonizzare facilmente il nostro cervello, che ama i complotti, le dietrologie, le narrazioni consolatorie, le spiegazioni ad hoc. Non basta più smentirle, ma occorre diffondere degli antidoti che possano aiutarci a riconoscerle senza bisogno di un fact checker che ce le mostri per quello che sono. Sono stati fatti degli studi in questo senso che hanno mostrato come un gruppo di persone a cui sono stati spiegati modi e trucchi di diffusione di notizie false siano stati poi in grado di dubitare di altre notizie false che gli sono state presentate. Mentre chi non aveva ricevuto quel tipo di approfondimento metodologico è risultato più suggestionabile da notizie false confezionate apposta.

 


L’intervista si conlcude qui, non posso che essere felice d’aver avuto modo di chiacchierare con due persone come il Prof.Pievani e il Prof. Zecchina, grazie all’intercessione di Fondazione Veronesi.

maicolengel @butac punto it

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