Libere interpretazioni

LIBERE INTERPRETAZIONI CORANO

Nel corso del weekend le notizie vere o false sui terroristi DAESH hanno circolato davvero alla grande, come ho cercato di spiegarvi ieri sera il Terrorismo non è una bufala, noi abbiamo scelto il silenzio. Ma tra le tante cose che hanno circolato, questa necessita di un piccolo approfondimento.

Whoever kills a person it is as though he has killed all mankind. And whoever saves a life, it is as though he had saved all mankind. (Qur’an, 5:32)

Chiunque uccida una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità. Chiunque salva una vita è come se avesse salvato tutta l’umanità.

Questa frase l’hanno fatta girare in tanti, anche qualche giornale c’è caduto, cercando di stemperare gli animi e non diffondere solo odio e indignazione. Peccato che la frase nell’originale e nelle varie interpretazioni che ne sono state date, in realtà, non ha esattamente il significato che le è stato dato, e la cosa è nota da tempo. Basta cercare  per accorgersi che la frase nelle traduzioni ufficiali viene interpretata diversamente e in italiano andrebbe tradotta vista più o meno così:

Qualsiasi musulmano che uccida un musulmano innocente uccide l’umanità intera.

Il problema è che chi non crede nel Corano è colpevole, colpevole di essere infedele.

Lo so, non sarà un articolo popolare con cui aprire la settimana, mi aspetto gli attacchi di chi mi giudicherà cinico ed insensibile, ma come spiegavo ieri sera qui su Butac quello che conta sono i fatti.

EDIT delle ore 15:19 del 16/11/2015
Come mi viene fatto notare nei commenti sui social la parola musulmano non c’è nella versione inglese che riporto, e non era mia intenzione farvi supporre altrimenti (guarda caso è li in bella vista), è vero -come mi viene fatto notare- il soggetto della frase sarebbero i Figli d’Israele, che non sono SOLO i musulmani, ma il Corano si rivolge a loro, in inglese poi si parla di person (o soul in altre versioni), ma sempre collegato al loro essere non portatori di corruzione, innocenti. Il problema è che chi non crede nel Corano è colpevole, colpevole di essere infedele.

maicolengel at butac.it

Il gioco delle citazioni, soprattutto di testi religiosi, è un gioco rischioso. Esiste un detto che recita

Anche il Diavolo può citare dalle Scritture

Il riferimento è al passo del Vangelo dove Gesù viene tentato dal diavolo: Satana cerca di portarsi Gesù dalla sua parte citando delle parti dell’Antico testamento. Il significato è molto chiaro e semplice: citare un testo sacro non è una cosa complicata – basta impararlo a memoria – ed è facile dargli una interpretazione a proprio favore. Se poi li si cita male, o si cambiano le parole a piacimento, il trucco riesce ancora meglio.

Non abbiamo mai discusso di religione nel senso stretto perché non ha a che fare col senso di questo sito e non vogliamo far partire una discussione in questa direzione neanche questa volta. Questo “trucco” lo vediamo però applicare ogni giorno alle dichiarazioni di scienziati, politici, medici e così via dove si taglia, si modifica e si reinterpreta come si vuole qualsiasi dichiarazione.

Leggere un testo sacro e capire un testo sacro sono due cose che non sempre vanno di pari passo. Non ci stiamo mettendo su un piedistallo, ma se consideriamo quanto la gente si reputi in grado di discutere di argomenti scientifici – quindi basati su prove – come se si stesse parlando di una partita di pallone e interpretare come più gli pare la termodinamica, la fisica e la chimica, pensate a che livello si possa arrivare con dei testi che parlano soprattutto di cose metafisiche. Ovviamente non è limitato all’Islam o al cristianesimo, vale per tutti. Anche una bella citazione del Budda può essere distorta e “usata” per fini diversi di quelli originali.

Una religione, e chi la pratica, non la si può giudicare da una frase, ma dai comportamenti e dai risultati prodotti. Il grande problema è che, come quasi sempre, sono le persone a fare la differenza. E gli interessi personali, che siano economici o meno, hanno sempre il sopravvento, svuotando la religione del suo vero senso di “elevazione” della persona.

neilperri at butac.it

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