Libero e le immagini: parliamone

Questa non è una sbufalata, la notizia è (purtroppo) vera. Voglio però concentrarmi su qualcosa che ha attirato la mia attenzione, in negativo, come al solito. Mai una gioia.

Stavo scrollando Facebook normalmente, quando qualcuno ha condiviso questa notizia:

[Screenshot dell’anteprima di una notizia di liberoquotidiano.it, la cui didascalia recita “Stuprata per 24 ore di fila. Asti, orrore di due tunisini: come hanno legato la donna, poi la bestialità. La descrizione dell’immagine è sotto, continuando con l’articolo]
Notate niente di strano?
Un indizio: la foto.

La foto è stata utilizzata un anno fa da un negozio romano in una campagna pubblicitaria che ha suscitato l’indignazione di chiunque per l’evidente richiamo alla violenza fisica, con la modella sdraiata per terra in mezzo alla strada, con jeans abbassati e gli slip in bella vista. La posa richiama quella di un cadavere, con le braccia leggermente aperte e le gambe piegate. Una cosa totalmente non necessaria e mortificante contro la quale sono intervenuti un po’ tutti.
Il negozio si scusa (più o meno), e la vicenda finisce nel dimenticatoio.

Passa un anno e Libero, che non brilla di certo per la lotta contro la violenza di genere, considerando la maniera pornografica con cui ha trattato gli stupri di Rimini, pubblicando un articolo vergognoso (che facilmente potrete rintracciare da soli, io mi vergogno a linkarlo) contenenti dettagli cruenti della violenza, utilizza una foto sessualmente esplicita in una notizia del genere, che dovrebbe essere data nella maniera più delicata possibile.

Questo è lo screenshot dell’articolo:

[Screenshot dell’articolo in questione, che riporta il sottotitolo “Risorse all’opera”.]

L’avete notato pure voi?
L’occhiello “Risorse all’opera”. Giustamente, non bastava una foto sessualmente esplicita, ci mettiamo pure una strumentalizzazione a chiari fini anti-immigrazione. Bisogna anche ricorrere alla pornografia dell’indignazione, al tentativo di far arrabbiare il lettore contro un qualcosa, fa niente che sia uno specchietto per le allodole, perché violenze di questo tipo sono un problema strutturale e non un’emergenza sorta improvvisamente dal nulla, o peggio, causata dall’immigrazione.
Che poi questi paladini della violenza contro le donne, che pubblicano indignati questo tipo di articoli, li vedi a commentare con auguri di stupro a Laura Boldrini o a chi per lei in un modo totalmente vomitevole.
Ma l’importante è odiare l’avversario politico (che nulla c’entra con la vicenda) e indignarsi contro lo spauracchio del giorno, che siano la radioattività, i ladri o gli immigrati, i vaccini, le lobby o chissà cos’altro.

E non è la prima volta che notizie del genere, che ripeto, dovrebbero essere trattate con il massimo rispetto, senza dettagli che potrebbero portare all’identificazione delle vittime e con un linguaggio consono, vengono riportate in questa maniera. Ne abbiamo parlato qualche mese fa, per quanto riguardava gli stupri di Firenze.

Volete davvero che la violenza sulle donne finisca? Smettetela di leggere articoli che mettono foto di donne che sembrano uscite da un film porno. Smettetela di leggere articoli (e giornali!) che pubblicano nei minimi dettagli i racconti, rendendo identificabili le vittime e che alimentano morbosità nei confronti della violenza. Smettetela di augurare alla gente di essere stuprata. Smettetela di strumentalizzare la violenza quando vi fa comodo per poi metterla in un cassettino e tirarla fuori solo quando vi fa comodo di nuovo. Smettetela di denigrare le vittime sui giornali per poi chiedervi perché nessuno denuncia dopo che le avete chiamate bugiarde, drogate e alcoliste.

Fare gli indignati sui social non serve a nulla.

Ah, per chi si appresta a scrivere commenti da mille parole contro il femminismo: questa non è una questione “femminista”. Questo è qualcosa di più basilare, come saper fare il proprio lavoro ed essere persone decenti. Aderire o meno a un’ideologia è più complesso di entrambe le cose: evitate di tirare fuori strawman a caso.

Se volete approfondire, c’è questo bel pezzo di Valigia Blu, che parla di linguaggio utilizzato nella cronaca nera quando si parla di violenza sulle donne.

Elivet Logan Rogers
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