Libero e l’idrossoclorochina…

...cui prodest?

In seguito all’articolo di ieri sull’ivermectina ci avete segnalato un articolo apparso su Libero Quotidiano. Articolo che titola:

Coronavirus, il mistero dell’idrossiclorochina: dati ottimi, ma la medicina è stata ignorata. Perché, ministro Speranza?

L’articolo porta la firma di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi, ed è stato pubblicato il 30 maggio 2021. Siccome continuiamo a vedere soggetti che sostengono che è stato provato che l’idrossiclorochina sia una valida cura per la COVID-19 crediamo sia il caso analizzare quanto affermano i due giornalisti di LQ. Riportiamo dall’articolo:

Secondo un numero importante di medici ed epidemiologi, questa mortalità così alta in Italia ha una spiegazione semplice, di cui però in Italia non si può quasi parlare: non abbiamo curato i malati, e le autorità (ministero della Salute e AIFA) hanno bloccato e scoraggiato le tre o quattro terapie che in altri Paesi e tanti gruppi di medici proponevano e praticavano. Un caso eclatante è il divieto di usare idrossiclorochina (+ azitromicina) in vigore da giugno e ribadito pochi giorni fa, a fronte dell’evidenza scientifica presentata dall’Istituto di Malattie Infettive di Marsiglia, che ha di recente pubblicato lo studio più ampio fatto finora, su 10.400 pazienti, di cui oltre 8mila trattati precocemente con idrossiclorochina +azitromicina.

I due giornalisti italiani usano uno studio pubblicato sul sito di un ospedale universitario che è da tempo sotto il mirino di svariate critiche, anche in epoca pre Covid. Facciamo un sunto di quanto potete verificare con i vostri occhi in pochi minuti cercando informazioni su di loro. La valutazione del livello di ricerche che si fanno all’interno della struttura è “non molto buona”. Spingono più su quante ricerche vengono fatte che sulla loro qualità, e viene rilevata una grave mancanza di competenze in aree chiave. Cercano di collezionare ricerche e studi come altri collezionano francobolli. Alla nascita della struttura tra i partner c’erano anche il CNRS e INSERM, il primo è il Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica francese, il secondo è l’Istituto Nazionale per la Ricerca Medica. Entrambi hanno abbandonato la partnership a causa delle pesanti criticità rilevate. Quindi, per dirla tutta, Becchi e Zibordi stanno dando immensa rilevanza a uno studio realizzato da un istituto francese che gode di cattiva reputazione in patria, e da cui i due centri statali per la ricerca scientifica hanno preso le distanze già nel 2017.

Becchi e Zibordi scelgono questa struttura perché è l’unica che ha pubblicato uno studio a favore dell’idrossiclorochina, perché sorprendentemente a dirigerla c’è il solito Didier Raoult, idolo delle folle che vedono nell’idrossiclorochina la migliore (nonché fino a ora unica) cura per la COVID-19. Curioso che nel resto del mondo, anche dove è stata testata su larga scala, come in Brasile, siano tutti tornati sui loro passi accettando la realtà dei fatti: l’idrossiclorochina non cura dalla Covid-19, e non serve nemmeno a prevenirla. In compenso serve a ritardare altri trattamenti che sappiamo con sufficiente certezza possono aiutare meglio a superare la malattia tenendo sotto controllo i sintomi.

Qui un po’ di materiale scientifico sul tema:

Vi riporto le conclusioni dello studio su Nature:

We found that treatment with hydroxychloroquine is associated with increased mortality in COVID-19 patients, and there is no benefit of chloroquine.

Noi onestamente fatichiamo a capire, Ci fosse un vero dibattito sul tema sarebbe comprensibile tenere in considerazione tutte le opzioni, ma sono mesi che la comunità scientifica internazionale è d’accordo sul fatto che l’idrossoclorochina non apporti alcun beneficio ai malati di COVID. Sia chiaro, se qualcuno fa altre indagini se ne può anche parlare, ma andrebbe contestualizzata la vicenda e spiegato che è un solo studio che contraddice tutti gli altri, numerosi, fatti sullo stesso tema, e magari sarebbe bello che qualcuno cercasse di spiegare come si acquisiscono conoscenze scientifiche tramite la ricerca. Perché dei giornalisti italiani debbano prendere l’unico studio su scala mondiale che sostiene il contrario del consenso scientifico, senza mettere in evidenza tutti gli altri, davvero è qualcosa a cui vorremmo che Becchi e Zibordi rispondessero. Mica a noi, che non siamo nessuno, ma all’Ordine dei Giornalisti che su tematiche come queste dovrebbe essere attivo e attento. Perché chi avvelena il pozzo, soprattutto quando si parla di salute, fa un danno immane alla collettività.

La domanda a cui questa gente dovrebbe rispondere è “a chi giova questa informazione?”. Chi ha tornaconto dalla disinformazione?

Non posso aggiungere altro.

maicolengel at butac punto it

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