Linkiesta e il vino

Il 16 settembre 2022 su Linkiesta è uscito un articolo a firma Anna Prandoni e Andrea Moser dal titolo:



Verre des doléances Il vino fa male? Vi spieghiamo perché no

L’articolo, come si può immaginare dal titolo, è una difesa del vino, come specificato dagli autori “il vino fatto bene”. Premetto, non sono astemio, giusto ieri sera ero a cena con amici e abbiamo aperto una bottiglia di vino di una cantina che conosco e che apprezzo molto. Quindi quanto segue non è lo sfogo di un astemio che vuole contrastare i produttori di vino. Nel condividere il suo articolo Anna Prandoni pubblica questo tweet dove dice testualmente:

No, il vino non fa male, se non bevete troppo e male. Abbiamo messo in fila i motivi per continuare a preservare uno dei più importanti asset del made in Italy



In tutto l’articolo si parla solo dei supposti benefici. Il vino per Prandoni e Moser se assunto in quantità moderate non fa male: i benefici superano i rischi.

Curioso che non citino quest’articolo del 14 luglio 2021, che riporta i dati peer reviewed di uno studio (non smentito da altri dati, dopo oltre un anno) e pubblicato su The Lancet Oncology, articolo che racconta di come sia dimostrato il collegamento tra il consumo d’alcol e i tumori.



Riporta Linkiesta:

… se smettessimo di scegliere vini scadenti bevuti in quantità smodate e ci concentrassimo su vini buoni, fatti bene e li bevessimo con la necessaria moderazione?

Nel 2020 si stima che nel mondo ci siano stati 740mila casi di tumore collegati al consumo di alcol. Causati non solo dall’abuso di alcol (ovvero da chi consuma più di due bevande alcoliche al giorno) ma anche dall’uso moderato, come spiegava sempre The Lancet Oncology:

…il consumo di alcol da leggero a moderato (fino a due bevande alcoliche al giorno) rappresenta 1 caso su 7 dei tumori attribuibili all’alcol ovvero oltre 100.000 nuovi casi di cancro in tutto il mondo.

Oltretutto esiste un sito, gestito da IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, dedicato proprio alle forme tumorali associate al consumo d’alcol, ricco di contenuti. Perché glissare e limitarsi alle malattie cardiovascolari?

BreastCancer.org spiega che:

Rispetto alle donne che non bevono affatto, le donne che bevono tre alcolici a settimana hanno un rischio maggiore del 15% di cancro al seno. Gli esperti stimano che il rischio di cancro al seno aumenta di un altro 10% per ogni bevanda in più che le donne bevono regolarmente ogni giorno.

E ancora:

Sebbene siano stati condotti solo pochi studi sul consumo di alcolici e sul rischio di recidiva uno studio del 2009 ha rilevato che bere anche poche bevande alcoliche a settimana (da tre a quattro drink) aumentava il rischio di recidiva del cancro al seno nelle donne che erano state diagnosticata una malattia allo stadio iniziale.

La domanda che verrebbe da porsi è: “Perché sono per ora stati condotti pochi studi?”. La risposta la troviamo in maniera abbastanza evidente nel testo de Linkiesta: il vino è un prodotto economicamente rilevante, che genera un importante indotto, e ci sono pochi interessi nel fare corretta informazione scientifica che possa danneggiare quelle entrate. Esattamente come per anni si è contrastata la ricerca medica mirata a spiegare che le sigarette facessero male per evitare danni a un settore che dava (e, in misura minore, ancora dà) ricchezza e lavoro.

IARC oltre ad aver dedicato pagine alla correlazione tra consumo di alcol e cancro ha anche inserito le bevande alcoliche nel gruppo 1, ovvero lo stesso del tabacco, del fumo passivo, il gruppo delle sostanze sicuramente cancerogene per l’uomo. Giusto per fare i pignoli, il glifosato, l’erbicida che tante associazioni e lobby stanno cercando di vietare, è nel gruppo 2A dove si trovano le sostanze probabilmente cancerogene.

L’articolo de Linkiesta purtroppo riporta passaggi come questo, che tutto sembrano ma non divulgazione scientifica:

…quanto della cultura di Italia e Francia, per citare solo i due più significativi produttori di vino, passa da calici e bottiglie? Quanta letteratura, quanto cinema, quanta musica passano attraverso questa bevanda? E quanta cultura artigianale c’è nella sapiente produzione di questo nettare così prezioso?

La conclusione del loro articolo riporta:

Vogliamo spingervi all’alcolismo? Certo che no. Vogliamo solo sottolineare quanto il vino non sia solo un nemico della salute pubblica, ma come sempre uno strumento nelle mani dell’uomo. Basta saper scegliere, basta conoscere, basta berne in quantità corrette: tutto il resto è propaganda.

A noi spiace, ma la propaganda è proprio quella che hanno fatto Prandoni e Moser, omettendo completamente il cancro dal loro articolo e limitandosi a citare supposti benefici che la scienza ha più volte ribadito sono inferiori ai danni. Dando a intendere al lettore che basti un consumo moderato per avere più benefici che rischi da quel “nettare così prezioso”.

Come vi abbiamo spiegato non è affatto così: non esiste una soglia di consumo di bevande alcoliche che non presenti la sua dose di rischio.

Il cervello

Non vogliamo limitarci a parlare solo di tumori, esistono studi, anche recenti, che hanno dimostrato come il consumo di alcol, anche moderato, porti all’atrofia dell’ippocampo, con danni alle funzioni cerebrali con l’avanzare dell’età. E anche in questo caso non c’è dose sicura, anche il consumo moderato è stato osservato (con uno studio di coorte durato trent’anni) che mostra rischi. L’ultimo studio sul tema del consumo moderato di alcol e danni al cervello è stato pubblicato su Plos a luglio 2022, e le conclusioni riportano:

Per quanto ne sappiamo, questo studio rappresenta la più ampia indagine fino ad oggi sul consumo moderato di alcol e sull’omeostasi del ferro. Il consumo di alcol superiore a 7 unità settimanali è associato a un aumento del ferro cerebrale. L’accumulo di ferro rappresenta un potenziale meccanismo per il declino cognitivo correlato all’alcol.

Questa non è propaganda, ma divulgazione scientifica. Gianni Testino, epatologo, nel suo libro del 2013 Alcol e Bugie scriveva che:

Chi opera nel settore sanitario non deve prestare il fianco alla strumentalizzazione da parte dei produttori di alcune nozioni scientifiche che, se tradotte nel linguaggio del marketing, rischiano di creare un incremento della morbilità e della mortalità. L’unico messaggio corretto e responsabile è quello che l’etanolo contenuto nel vino, nella birra o nei superalcolici è una sostanza tossica, cancerogena, teratogena, che può dare dipendenza e, inoltre, che non esiste dal punto di vista scientifico il concetto di ‘bere moderato’, in quanto non esiste una quantità sicura.

Credo sarebbe ora di ristampare il libro aggiungendo a chi lavora nel settore sanitario, tra le categorie che dovrebbero stare attente, anche i divulgatori e i giornalisti.

Concludendo

L’alcol fa male, non esiste una quantità sicura di alcol da bere che non sia pericolosa, è importantissimo che questo concetto entri nella testa di tutti. Fa male sempre. Parlare di bere con moderazione o di bere bene o, ancor peggio, parlare di produttori attenti e vigne sane è solo fumo negli occhi soffiato dagli esperti di marketing che cercano di difendere un prodotto che genera grandi entrate.

Sia chiaro, e ci tengo a sottolinearlo in chiusura, non sto dicendo che andrebbe vietato il bere, come non ritengo che andrebbe vietata la vendita di tabacco, ma vanno regolamentati per bene, perché ognuno è libero di correre i rischi che vuole, ma dopo esser stato avvertito sui possibili danni alla sua salute in maniera precisa e attenta.

maicolengel at butac punto it

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