L’integratore a base di Prunus: un interrogativo

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In seguito a numerose segnalazioni sono arrivato sul sito dell’Ansa, dove ho potuto leggere l’articolo: “Pianta dei nonni del Molise si rivela arma contro i tumori”.

Nel suddetto si parla degli studi effettuati dal gruppo di Stefania Meschini, ricercatrice presso il reparto di “Metodi Ultrastrutturali per Terapie Innovative Antitumorali” del Dipartimento di Tecnologie e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), sulle proprietà antitumorali del Prunus spinosa trigno. Questo arbusto è presente su tutto la dorsale appenninica, ma nella variante che cresce nei pressi di Bagnoli del Tigno, presenta un più alto livello di fenoli acidi.

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Negli ultimi due anni si sono effettuati studi in vitro che hanno dimostrato come, associando l’estratto dei frutti della pianta con un complesso di amminoacidi, vitamine e minerali si ottiene una distruzione di cellule tumorali oltre ad un effetto anti proliferativo. Nello specifico sembra che l’effetto sia diretto contro cellule tumorali della cervice uterina, del polmone e del colon. La presentazione di questi risultati è avvenuta durante il IV Congresso internazionale di Medicina biointegrata. Il passo successivo, come si può leggere negli articoli che riportano la vicenda, risulta quella di mettere in commercio un integratore da utilizzare in supporto alla chemioterapia e soprattutto continuare le ricerche per passare a un modello in vivo, prima animale e poi infine umano. Nel frattempo l’integratore sarà messo in vendita a partire da giugno a un prezzo etico che si aggirerà sui 20 euro e i risultati dello studio in vitro saranno pubblicati a breve.

Abbiamo quindi una notizia interessante, che il Ninth aveva già trattato a suo modo – seppur limitatamente. Sorge però un interrogativo: mi chiedo quale possa essere l’efficacia dell’integratore se non sono ancora stati effettuati studi in vivo. Senza di essi non esiste il razionale per l’utilizzo dell’integratore. soprattutto si potrebbe assistere alla mera vendita della pianta da parte di truffatori così come è già successo nel caso dell’Artemisia Annua.

La puntualizzazione sul prezzo dell’integratore e la propaganda che ne viene portata avanti – anche in altri articoli – viene fatta passare come una richiesta di aiuto da parte del gruppo di ricerca per raccogliere fondi per continuare la ricerca. Certamente in Italia la ricerca non vive un periodo florido e i fondi sono sempre molto scarsi. Probabilmente il gruppo di ricerca utilizzerà i dati ottenuti in varie richieste di permessi per poter ottenere fondi e continuare la ricerca, ma nel frattempo guadagnerà anche su un prodotto che non ha nessuna prova di efficacia?

Ricercando su vari motori di ricerca quali Pubmed al momento non risultano disponibili pubblicazioni in merito, ma salta fuori un giro particolarmente interessante.

L’azienda che si è avvicinata alla dottoressa proponendole di studiare la pianta si chiama Biogroup. Questa azienda risulta essere uno degli sponsor del congresso di Medicina biointegrata in cui il prodotto, perché di questo si tratta, è stato presentato. Viene quindi da pensare a una grande mossa pubblicitaria montata su una scoperta i cui dati non sono ancora stati resi pubblici, ma di cui è già pronto il prodotto commerciale. Risulta quindi più semplice immaginare il perché questa notizia sia stata ripresa da molti siti e sia stata riproposta addirittura dall’Ansa. Ovviamente se questi dati di efficacia saranno pubblicati il discorso cambierà e verrà meno il dubbio.

Ma perchè tutti questi dubbi? Purtroppo il passaggio dalla sperimentazione in vitro a quella in vivo porta spesso a grandi delusioni, con l’abbandono di molecole ritenute fino a poco tempo prima miracolose. Inoltre, come quotidianamente accade, si corre il rischio di trovarci davanti al terreno fertile per alimentare le classiche bufale a cui gli utenti di BUTAC sono ormai abituati.

Nel breve termine si possono osservare miriadi di articoli in cui la notizia viene modificata e strumentalizzata, facendola passare per la scoperta di una nuova cura contro il cancro. Ribadisco che non si tratta ancora di un farmaco, non esistono (o non sono ancora state pubblicate, in tal caso al momento della loro pubblicazione cambierà il discorso) prove di efficacia in vivo e men che mai nel modello umano. Nel lungo termine, se non si arrivasse ai risultati sperati e si abbandonasse questo ambito di ricerca,nascono i classici articoli in cui si denuncia come una potenziale cura contro i tumori sia stata boicottata da BigPharma perchè poco remunerativa.

Speriamo che i dati vengano pubblicati e che gli studi continuino a dare risultati soddisfacenti, così da poter arrivare ad avere un nuovo strumento nella lotta ai tumori, ma nel frattempo non cediamo alla facile pubblicità.

Dott. PA

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