Lo storytelling sulla Siria

ARTICOLO AGGIORNATO:

Il nostro Ander Elessedil cercando più a fondo ha trovato molto più materiale rispetto a quello a cui mi ero limitato io. E la cosa prende una piega decisamente differente.


 
Ander ha trovato un tweet datato 12 aprile 2018 di Elliot Higgins:

I’m still seeing these pictures shared claiming to show faking war crimes, but it’s actually from a Syrian fictional film about a Western journalist who helps fake war crimes

che tradotto:

Sto ancora vedendo condivise queste immagini che sostengono mostrare la falsificazione di crimini di guerra, ma in realtà vengono da un film di finzione siriano su un giornalista occidentale che aiuta la fabbricazione di falsi crimini di guerra

Qui trovate la pagina Facebook relativa al film e qui sotto il poster dello stesso, che come vedete ha il marchio del Ministero della cultura siriana. E qui l’annuncio della presentazione del film stesso.

Curioso che le stesse immagini vengano condivise come spiegavo qui sotto,  non trovate? Le considerazioni che riportavo in origine restano valide, condividere immagini che partono dalla rete è errato. Crearci sopra un caso come hanno fatto Sputnik News e gli altri a seguire è pseudogiornalismo (e manipolazione dei fatti). Quanto segue è il mio articolo originale le cui considerazioni finali restano valide, anche alla luce di quanto detto qui sopra. Articolo modificato dopo che Ander ha aggiunto un’evidenza che mi era sfuggita su Sputnik News.


Come sempre BUTAC non prende posizioni su questioni politiche, quindi quanto segue non è altro che l’analisi di una serie di fotografie che da alcuni giorni stanno venendo diffuse in rete.

Quanto segue non è una sbufalata, non può esserlo visto che la fonte di quello che trattiamo è univoca. Si tratta di considerazioni, che ritengo importanti, su una materia molto delicata.


Mi segnalate questo collage di immagini:

Che mostra chiaramente quello che sembra un set cinematografico: soggetti truccati per sembrare feriti, assistenti di regia, comparse con le vesti stracciate come reduci da un bombardamento.

Il post italiano che accompagna il tutto recita:

Lo studio è pronto, le comparse ben truccate per impietosire come si deve il pubblico occidentale… e le telecamere pronte a filmare i “bambini gasati da Assad a Duma”. Ciak, si gira!

Chi pubblica l’immagine sul proprio profilo sta condividendo l’idea che quanto vediamo arrivare dalla Siria contro Assad sia solo un’immensa messa in scena. Io non sono sul posto, non ho fonti riservate che possano darmi ulteriori informazioni, quindi non posso dirvi come stiano esattamente le cose. Esattamente come chi condivide queste foto in quel post.

Quante volte vi abbiamo spiegato che i social non sono una fonte attendibile?

Si tratterebbe di foto e video che un’attivista siriana sostiene siano state trovate in un rifugio di White Helmets che sarebbe stato riconquistato.

Che prove abbiamo a sostegno di questa tesi?

Nessuna.

Chi diffonde queste immagini vuole convincerci che i ribelli, dopo aver speso soldi e mezzi per creare false prove che accusino Assad, si siano dimenticati di eliminare le tracce delle loro bugie. Qualche dubbio dovrebbe venire, dove hanno circolato queste immagini? Avete visto i soggetti nelle foto apparire su testate che sostenessero fossero vittime di Assad? Io le ho cercate senza successo. Vedete, per poter dimostrare che siano prove di una narrativa fittizia servirebbero testate che le avessero davvero usate. E invece di questo non c’è prova alcuna.

Onestamente trovo la cosa un filo assurda, ma ovviamente si tratta della mia opinione.

Narrativa da parte di una sola fazione

Quello che però è importante avere ben chiaro è che non c’è alcuna prova, a oggi, che le immagini che Sputnik e gli altri ci hanno mostrato siano davvero state usate dai ribelli per raccontare bugie sul regime di Assad. Crederci significa fidarsi della narrativa scelta da una delle due parti in lotta.

Onestamente, come ripeto da tempo, abbiamo già notato in tutti i conflitti di questo genere che fidarsi di qualcosa riportato solo da una delle fazioni in gioco sia sposare una tesi senza prove. Ed è quello che fanno tutte le testate che scelgono di usare queste immagini come prova provata.

Scelta vostra

Sia chiaro, scelta vostra di fidarvi di Tizio o Caio, io onestamente continuo a preferire i fatti alle persone, e in questo caso non vedo nessuna prova che mi dimostri i fatti.

A suo tempo trattammo i video degli Elmetti Bianchi, su cui alla fine si era fatto un gran trambusto, anche in quel caso senza uno straccio di prove. Ma chi ha scelto di sposare quello storytelling insiste nel sostenere che anche in quel caso le prove fossero certe. Lo capite che sono soggetti che hanno evidentemente poco interesse per la verità e tanto interesse nella difesa della narrativa filo-Assad? Chi sostiene di fare giornalismo e segue questi sistemi non sta informando, vi sta spacciando una tesi dandovi a intendere che sia la verità, quando invece si tratta di opinioni e narrative totalmente personali.

Non credo sia necessario aggiungere altro.
Sulla questione siriana abbiamo scritto più volte:

maicolengel at butac punto it
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