L’odissea della sanità pubblica ai tempi del COVID-19

Da qualche giorno ci state segnalando un post che circola, con firme diverse, su profili diversi, come se la cosa fosse successa a svariate persone. Senza nessun riferimento temporale, senza nessun riferimento geografico. Ma si trova sempre qualcuno che continua a condividerlo come se fosse la verità assoluta.

Il post è questo:

“L’ODISSEA DELLA SANITÀ PUBBLICA AI TEMPI DEL COVID-19.”
“Mio figlio, 12 anni, sta male. Febbre.
Prima bassa, poi oltre 39.
La procedura vuole che il pediatra faccia segnalazione
per sospetto COVID19.
Intanto il terzo giorno sta peggio. Fitte alla pancia.
Chiamiamo il 118 alle 22.30.
La prima domanda è se ha la tosse.
La risposta è no.
“Allora può stare a casa.”
“Ma lui sta male.”
“Interveniamo solo se ha difficoltà respiratorie”.
“Ma la febbre aumenta e il dolore anche.
Sarà un’infezione”.
“Interveniamo solo se ha difficoltà respiratorie”.
“Ma quindi se uno muore?”
“ Se ha un infarto veniamo”.
“Ma lui continua a stare male”
“E va bene, se insiste le mando l’ambulanza”.
Arrivano. Abbigliamento COVID.
Ricovero in reparto COVID (causa febbre).
TAMPONE NEGATIVO.
Diagnosi: appendicite, con inizio peritonite. “
(Giovanni Salamone).
Aspettare tutto questo tempo per un’appendicite significa
aver messo la vita di questo bambino di 12 anni a serio rischio.
Tutto, per dei protocolli fatti malissimo.
Ormai il Covid19 è usato come pretesto per trascurare
tutte le altre patologie.
Il SSN è totalmente bloccato, non si può fare più niente,
esami, accertamenti, visite, interventi chirurgici,
o solo con tempi biblici.
Per fortuna esistono le strutture private: chi può permetterselo
va e paga (dopo aver comunque pagato il SSN con le tasse.)
Chi non può, si arrangi e si appelli ai santi in paradiso.
Nel frattempo, ogni giorno, ogni 2 positivi al Sars-CoV-2
ne muoiono 100 di infarto e altro.
Trattare il COVID19 come se tutte le altre possibili
patologie fossero sparite, è inenarrabilmente idiota.
È un crimine.
Si lascia un bambino a casa per giorni con forti dolori addominali,
ma non lo si fa entrare a scuola e lo si manda
a casa come un appestato se starnutisce al sole.
I protocolli dicono questo.
Serve aggiungere altro?
Elisabetta Scarpelli”

Come sa qualcuno dei lettori di BUTAC a fine agosto non sono stato proprio benissimo, anzi, sono stato decisamente male, febbre a 40, dolore ovunque, specie alla schiena, fatica a muovermi, grande affanno. Ma sentivo i sapori, non avevo tosse o raffreddore. Chi ha letto l’ottimo articolo di Thunderstruck sa cosa mi era successo. Ma sono stato il classico caso di paziente con febbre alta sospetto COVID, sono stato ricoverato e non ho avuto nessuna difficoltà a farmi seguire dai medici del Servizio Sanitario Nazionale, che ringrazio (ero ricoverato all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna).

Tutto quanto riportato nel post sopra è un’immane sciocchezza. Non è affatto vero che i protocolli COVID prevedono quanto raccontato. È vero che in caso di febbre alta chi assiste il malato, fino al secondo tampone negativo, cerca di usare ogni precauzione possibile per non farsi a sua volta contagiare, ma questo non significa che lascino un paziente che sta male a casa. Un genitore normale prima chiama la guardia medica, che nel mio caso mi ha fatto un tampone a casa (la mattina dopo averli chiamati, di sera) e una visita di rito. La guardia medica mi ha subito suggerito di andare al pronto soccorso per farmi fare una visita più accurata e alcuni esami. Dal pronto soccorso mi hanno ricoverato senza colpo ferire visto che la febbre era davvero alta. Mi hanno messo tra i sospetti COVID-19, come fanno con chiunque presenti sintomi simili, mi hanno fatto due tamponi in due giorni oltre a tanti altri esami. Hanno escluso la possibilità del contagio da Sars-Cov-2 e trovato che la mia polmonite era causata da legionella. Mi hanno trattato per quella e dopo dieci giorni ero a casa, con un referto che prevedeva il riposo assoluto.

Quel racconto di telefonata col 118 è pura fantasia, il parto malato di uno stronzo, perché non lo si può definire in altro modo. Non è affatto vero che se chiamo il 118 mi dicono che senza difficoltà respiratorie non fanno nulla. Il 118 è il numero di riferimento del soccorso sanitario a persone vittime di malori o incidenti di qualsiasi natura. Un bambino con la febbre alta da tre giorni non è “vittima di un malore o di un incidente”. Se il pediatra non ha consigliato di andare al pronto soccorso è il pediatra da denunciare, non il SSN. E il 118 non può aver risposto come raccontato: ci sarebbero le registrazioni (come di ogni chiamata ai servizi di emergenza) e la storia invece che girare su Facebook sarebbe su tutti i giornali.

Un bambino di dodici anni con genitori in grado di intendere e di volere non rientra nella casistica, non ha bisogno di un’ambulanza, può salire su una macchina o su un taxi e andare senza grossi problemi al pronto soccorso più vicino, dove verranno fatti i dovuti esami.

Alle 22:30, se non si è in stato di particolare emergenza, si chiama la guardia medica, come spiegato anche sul sito La Legge per Tutti:

Il medico di base e il pediatra di libera scelta non sono servizi di emergenza: significa che non sono tenuti a garantire la reperibilità e, infatti, nei giorni di apertura dell’ambulatorio, l’assistenza è prevista fino alle ore 20.00 nei giorni feriali e fino alle ore 14.00 nei giorni pre-festivi.

Cosa fare quindi se si ha bisogno di un medico al di fuori di queste fasce orarie? Molto semplice: ci si potrà rivolgere alla guardia medica o – per dirla diversamente – al medico di continuità assistenziale.

Guardia medica che, nel mio caso, dopo avermi visitato ha appunto suggerito il pronto soccorso, e che probabilmente anche nel caso avesse ricevuto una telefonata come quella della favoletta narrata sopra avrebbe subito suggerito di portare il bambino nel pronto soccorso più vicino, senza alcun bisogno d’impegnare un mezzo come un’ambulanza. Non capire queste cose è grave. Significa che davvero non sapete – né vi interessa sapere – a cosa serve un’ambulanza e perché siete voi stessi a dovervi recare al pronto soccorso in casi di questo genere. Ma tanto, ripeto, la storiella narrata è frutto della fantasia malata di qualche stronzo.

Condividere questa roba senza fonti, senza riferimenti, è davvero sciocco, o da QAnoglione…

maicolengel at butac punto it
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